Fondi europei: la Politica di Coesione dovrà affrontare la crisi demografica

Consiglio informale Coesione - Photo credit Dipartimento per le politiche di coesione e il SudLa presidenza ungherese punta a fare approvare al Consiglio Affari generali del 28 novembre le conclusioni dei 27 sul contributo della Politica di coesione alla sfida demografica. In arrivo quindi nuove indicazioni sulle priorità degli Stati membri per il quadro strategico dei fondi strutturali europei nel bilancio UE 2028-2034, dopo la conferma dei principi chiave della Coesione che i paesi UE hanno già ribadito a giugno.

Fondi europei post 2027: il Consiglio conferma i pilastri della Politica di Coesione

Le conclusioni adottate dal Consiglio Affari generali il 18 giugno, in occasione della discussione tra i 27 sulla Nona relazione della Commissione europea sulla Politica di Coesione e sull'Agenda strategica dell'UE 2024-2029, hanno infatti confermato l'assetto generale della Coesione come politica place-based, in gestione condivisa, da adattare alle esigenze delle regioni rafforzando la partecipazione degli stakeholder e gli strumenti territoriali e realizzando gli investimenti e le riforme al livello più appropriato, coerentemente con il principio di sussidiarietà.

Un posizionamento non scontato alla luce del dibattito in corso su come raccogliere l'eredità del Recovery and Resilience Facility (RRF) nel prossimo Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) 2028-2034, che sembrerebbe escludere l'intenzione di centralizzare la gestione dei fondi strutturali sul modello PNRR, togliendo titolarità alle regioni europee.

L'ultimo confronto tra i 27 sul futuro della Coesione si è tenuto il 6 settembre, in occasione dell'informale ministeriale organizzata a Budapest dalla presidenza ungherese, cui ha partecipato per l'Italia il capo dipartimento per le Politiche di Coesione e per il Sud Michele Palma. Si è discusso soprattutto del contributo della Politica di Coesione alle sfida della crisi demografica dell'UE, in Italia certificata dagli ultimi dati Istat, che registrano un calo delle nascite dell'1,4% su base annua tra il primo semestre 2024 e lo stesso periodo del 2023 e una popolazione residente, al 30 giugno di quest'anno, inferiore di 10mila unità rispetto all'anno passato.

A Budapest il ministro della Pubblica amministrazione e dello sviluppo regionale ungherese, Tibor Navracsics, ha annunciato l'intenzione di portare a casa l'adozione di un pacchetto di conclusioni del Consiglio su questo tema il 28 novembre, al Consiglio Affari generali dedicato alla Coesione. Per la presidenza ungherese, la Coesione deve essere confermata nel Quadro finanziario pluriennale 2028-2034 come la principale politica di investimento per occupazione, competitività e inclusione sociale e consentire ai cittadini dell'UE di esercitare il loro diritto a rimanere nelle regioni di origine, come sottolineato dal Rapporto Letta sul Mercato unico. Allo stesso tempo, serve un intervento mirato della Coesione sulle sfide demografiche che, se non affrontate, potrebbero accrescere ulteriormente le disparità tra le regioni dell'UE nel lungo termine.

Dal dibattito tra i 27 è emerso che la Politica di coesione è lo strumento appropriato a perseguire questo fine, perché si basa sul principio di sussidiarietà e tiene conto delle esigenze locali e regionali. Allo stesso tempo, dall'informale Coesione di Budapest è emersa la richiesta di affrontare il rapporto tra Coesione e sfide demografiche con un approccio più completo e olistico, definendo gruppi target e aree che possono essere supportate nel contesto della demografia (ad esempio, con riferimento all'assistenza sanitaria) in modo più ampio rispetto a quanto avviene attualmente.

Il problema intreccia infatti più temi collegati tra loro: oltre alla necessità di costruire, e sostenere finanziariamente, politiche pubbliche di ampio respiro che possano contribuire a incentivare la natalità, l'invecchiamento della popolazione dovrebbe sollecitare investimenti per aumentare il livello di aspettativa di vita in buona salute, considerando quanto fortemente il costo sanitario cambi in relazione all'età delle persone. In parallelo, servono investimenti per accrescere e valorizzare il patrimonio di competenze e di talenti su cui l'Europa potrà contare per affrontare il gap di competitività con i maggiori player globali, temi al centro del rapporto Draghi presentato ieri. Il rapporto denuncia infatti la carenza di competenze di cui l'economia europea soffre in diversi settori e occupazioni, con circa un quarto delle aziende europee che segnala difficoltà nel trovare dipendenti con le giuste competenze e il 77% delle aziende dell'UE che non rileva le skills necessarie neanche nei dipendenti appena assunti. Un trend diffuso nelle economie avanzate, ma che diventa un problema particolarmente acuto nell'UE – rileva il rapporto – dal momento che il calo demografico implica una netta riduzione della forza lavoro europea, a fronte dell'aumento della popolazione previsto nei prossimi decenni negli Stati Uniti.

In questo contesto, il rapporto Draghi sottolinea, da una parte, la necessità di una strategia europea per affrontare le lacune di competenze, incentrata su tutte le fasi dell'istruzione, e di cambiare rotta rispetto all'attuale sottoutilizzo dei talenti esistenti, testimoniato dai profondi divari di genere in alcune occupazioni. E qui la Coesione può giocare sicuramente un ruolo. Dall'altra, il report pone il problema di un'Europa che entro il 2040 perderà quasi 2 milioni di lavoratori ogni anno e vedrà crollare il rapporto tra lavoratori e pensionati da circa 3:1 a 2:1. E afferma senza mezzi termini che, senza affrontare questi problemi, il divario di produttività rispetto a USA e Cina non potrà che allargarsi, la crescita si fermerà e l'Unione non sarà più in grado di finanziare il proprio modello sociale.

Per i 27, il periodo che va da ora alla pubblicazione delle proposte legislative della Commissione per la Politica di Coesione post-2027, attese entro luglio 2025, è di fondamentale importanza. E' questa la finestra in cui gli Stati membri, e le parti interessate nei rispettivi paesi, hanno la possibilità di incanalare le loro proposte perché la futura Politica di Coesione risponda alle differenti sfide, inclusa demografica.

Per approfondire: Fondi europei post 2027: quale Politica di Coesione dopo l'esperienza PNRR?