Wolffia, la startup innovativa che dà nuova vita ai materiali compositi
Quanto materiale composito di alta qualità, già testato, certificato e pronto all’uso, viene smaltito ogni giorno? Più di quanto si pensi. Da qui parte il lavoro di Wollfia, startup innovativa che aiuta le aziende, in particolare quelle del settore aerospazio, a smaltire tali materiali in modo alternativo e reinserirli sul mercato.
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La storia di Wolffia inizia due anni fa ed è una storia che parla di cervelli non in fuga, amicizia e voglia di aiutare l’ambiente.
E’ la storia di una startup napoletana che prende in prestito il suo nome dal fiore più piccolo del mondo, e che intende salvare i materiali compositi da uno smaltimento non ecosostenibile, proponendone il riuso. A raccontarcela è Ilaria Improta, ingegnere dei materiali, dottoranda in ‘Ingegneria dei prodotti e processi Industriali’ e CEO di Wolffia.
L’economia circolare è al centro delle attività di Wolffia, la cui missione è diminuire l’impatto ambientale dei rifiuti delle lavorazioni di materiali compositi. Puoi spiegarci di quali materiali stiamo parlando e quale servizio offre la startup?
Wolffia è una startup innovativa che aiuta le aziende manifatturiere, in gran parte appartenenti al campo aerospaziale, che lavorano materiali compositi a risolvere il problema dello smaltimento degli sfridi di produzione in modo alternativo, reinserendoli sul mercato ad un costo vantaggioso, per altre aziende, università e centri di ricerca.
I materiali compositi, come suggerisce la parola, sono dei materiali composti da due parti, una parte che conferisce le prestazioni meccaniche, che nel caso dei materiali compositi che trattiamo sono in formato di fibre (che possono essere in carbonio - come quelle delle biciclette, in vetro, etc.) e una parte composta da una matrice per tenerle unite (nel nostro caso spesso trattiamo materiali con resine termoindurenti). L’unione di queste due parti genera un manufatto con elevate caratteristiche meccaniche, ma difficile da riciclare, se non usando grandi quantità di energia per separare le due parti. Il che colloca questi materiali, al loro conferimento in discarica, sotto la dicitura di ‘rifiuti speciali’.
La startup è nata proprio con l’obiettivo di salvare questi materiali dal loro smaltimento non ecosostenibile, proponendo il loro riuso, proponendo una soluzione win-win sia per le aziende che devono disfarsi di questo materiale che diventerà in tal modo un sottoprodotto, sia per chi lo acquista, che riceverà materiali di qualità ad un costo vantaggioso, creando economia circolare in un settore dove è praticamente inesistente.
Si consideri che la quantità di materiale composito classificato come rifiuto in uno stabilimento di può arrivare anche a 100 tonnellate. Questo materiale è reimpiegabile per molte applicazioni e perciò può essere completamente riutilizzato!
Chi sono le persone dietro Wolffia e com’è nata l’idea di fondare la startup?
La storia di Wolffia nasce due anni fa, quando eravamo ancora due neo-dottori e una dottoranda dell’Università degli studi di Napoli Federico II. Dalla nostra amicizia è nata la voglia di volersi mettere in gioco insieme e creare qualcosa di nuovo e soprattutto qualcosa che avesse uno scopo impattante positivamente sul nostro Pianeta. Infatti, fino a quel momento, il nostro lavoro era rivolto a ricerche scientifiche che, sebbene di alto valore tecnologico, non prestavano per nulla attenzione sulle tematiche green.
Il caso ha voluto, che un giorno, durante una visita nello stabilimento di un produttore aeronautico, Barbara ed Ilaria, due ingegneri e co-founder, hanno trovato molti sfridi in attesa di essere smaltiti e vista l’alta qualità dei componenti esse chiesero se ci fosse la possibilità di prenderne qualcuno per effettuare dei test all’Università.
La risposta del proprietario: “potete prenderne quanti ne volete, per noi è un rifiuto” ha fatto nascere, nella mente delle ricercatrici, la domanda: “quanto materiale composito di alta qualità, già testato, certificato e pronto all’uso, viene smaltito ogni giorno?”. Così nasce l’idea di creare un Network di Economia Circolare.
Da qui è partito il nostro studio, cercando di capire come realizzare l’intuizione che avevamo avuto, integrando all’idea le nostre conoscenze ingegneristiche.
E così che un anno, dopo il lockdown dovuto alla pandemia, Ilaria Improta, ingegnere dei materiali e dottoranda in ‘Ingegneria dei prodotti e processi Industriali’, Barbara Palmieri, ingegnere meccanico e assegnista al CNR, e Francesco Napolitano, ingegnere meccanico assegnista di ricerca all’università degli studi di Napoli Federico II, fondano Wolffia, prendendo in prestito il nome del fiore più piccolo del mondo, con la sua incredibile adattabilità ai cambiamenti climatici.
Di cosa ha bisogno una startup in Italia? E, più in particolare, di cosa ha bisogno una startup o una piccola azienda che si occupa di economia circolare?
Nel momento in cui nasce un’idea, la cosa di cui si ha più bisogno, sono sicuramente delle persone che ti indirizzino e che ti guidino nella sua realizzazione, introducendoti in mondo completamente nuovo, o almeno questa è stata la nostra esperienza. E’ importante avere molte persone con le quali confrontarsi, che ti dicano quali sono i pregi e i difetti della propria idea, che ti aiuti a scrivere un business plan ed, non per ultimo, allargare il più possibile il proprio network. Noi in questo siamo stati fortunati, poichè nella fase di avviamento siamo stati supportati da ‘Campania New Steel’ un incubatore certificato dell’università degli studi di Napoli Federico II, che ci ha accompagnato nella nostra crescita.
Ad oggi, ancora ti direi che le startup in Italia hanno bisogno non solo di aiuti economici o di aiuto per ottenere i sovvenzionamenti, ma anche di figure che ti aiutino a creare un buon piano di sviluppo, in modo da non sentirsi "abbandonati’’ nel momento in cui si ottenga un finanziamento.
Malgrado la pandemia, l’economia circolare continua a rappresentare un’eccellenza italiana in Europa e un settore in continua crescita. In vista anche della pubblicazione, nei prossimi mesi, dell’attesa strategia nazionale per l’economia circolare, di cosa avrebbe bisogno il settore per crescere ancora di più?
Un’azienda che vuole implementare concetti di economia circolare, ha bisogno di normative chiare, che aiutino ad intraprendere le buone pratiche di riciclo e soprattutto, dove possibile, riuso. Quello di cui ci siamo resi conto in questi due anni (da quando è nata l’idea ad oggi) è che c’è ancora titubanza da parte delle aziende, parlo soprattutto delle grandi aziende dell’aerospazio, ad implementare concetti di economia circolare, poiché è facile cadere in errore con le normative vigenti. Inoltre, ci sono pochissime figure professionali che sanno rispondere a domande specifiche sia tecniche che legali in questo ambito. Ci si dovrebbe impegnare a creare queste figure e forse anche creare degli sportelli informativi nazionali dove poter fare le proprie domande ricevendo risposte chiare sul discorso ‘rifiuti’.
Tra le misure incluse nella strategia nazionale per l’economia circolare dovrebbero esserci - tra le altre - anche incentivi fiscali per supportare l’utilizzo di materiali derivanti dal riciclo e una revisione del sistema di tassazione per rendere il riciclo più conveniente. Ritenete siano misure che vanno nella giusta direzione? Pensate siano necessari anche altri interventi (e semmai di che tipo)?
Sicuramente la possibilità di avvalersi di incentivi fiscali per supportare l’utilizzo di tali materiali è una giusta via da seguire, poiché spesso ci siamo incontrati con una forma di scetticismo nei confronti dei prodotti secondari, i quali potrebbero avere, nella visione del potenziale acquirente, una minore appetibilità poiché nell’immaginario comune spesso si abbina la parola sottoprodotto a qualcosa di qualità minore rispetto al prodotto vergine, cosa spesso non vera, come ad esempio nel nostro caso, in cui le prestazioni del materiale sono sempre controllate e documentate.
Anche rendere il riciclo più conveniente revisionando il sistema di tassazione, ma quello che serve è proprio un cambio di mentalità delle aziende, capire che se osservare regole di economia circolare vuol dire creare lavoro e soprattutto prendersi cura del futuro.