Start up: a Luiss Enlabs un incontro per capire come finanziarle
In Italia, l'investimento in venture capital è pari a 50 milioni l'anno. Pochissimo in confronto ai vicini Francia e Germania, in cui tale forma di investimento oscilla tra i 500 e i 700 milioni annuali, ma comunque un buon riultato se si pensa che il settore, da noi, è ancora giovane. Inoltre, dal 2010 al 2012 tali investimenti hanno subito uno spostamento dalla fase di start up a quella di seed, immedatamente precedente e legata all'idea che si vuole trasformare in azienda. Sono alcuni dei dati emersi dall'evento organizzato 'Come si finanzia una startup?', presso l'acceleratore Luiss Enlabs, a Roma.
A snocciolarli, Jonathan Donadonibus, ricercatore presso il Private Equity Monitor dell'università Cattaneo. Che fa notare come l'arretratezza italiana in termini di investimenti in imprese innovative riguardi non solo i fondi a disposizione, ma anche altri aspetti della questione. Mancano ad esempio gli spin-off universitari, molto diffusi negli Stati Uniti e in Israele, dove sono alla base degli investimenti in startup; e mancano i corporate spin-off, quelli foraggiati dalle aziende. ''Il mercato del venture capital in Italia è ancora piccolo, ristretto e poco differenziato al suo intero'', fa notare riferendosi soprattutto ai settori maggiormente 'investiti': a fare la parte del leone, in Italia, è l'ICT, seguito da servizi finanziari e terziario avanzato. ''Ci vorrebbe complementarità tra l'ICT e altri settori economici''.
Gli dà ragione Emil Abirascid, fondatore di Startupbusiness, che aprendo l'incontro ha sottolineato: ''quello delle start-up è per definizione uno scenario in evoluzione'', non solo rispetto alle soluzioni e agli strumenti utilizzati, ma anche all'approccio nuovo che le start-up hanno verso il mercato.
Inoltre, benchè il venture capital sia un fenomeno nuovo per il paese, nell'arco di breve tempo ha comunque seguito un preciso orientamento: le risorse cioè si stanno concentrando sempre di più sulla fase di seed, quella in cui un'idea vuole trasformarsi in impresa. Un segnale di per sé non negativo, ma che finisce per creare un gap economico nelle fasi successive della vita di una neoimpresa. Una soluzione, suggerisce Donadonibus, sta nell'ampliare le risorse disponibili così da intervenire lungo ogni fase evolutiva della startup.
Piccoli passi in avanti, secondo il fondatore di Enlabs e padrone di casa dell'evento Luigi Capello, sono stati fatti anche da noi, in primo luogo grazie al decreto sviluppo, che ha aperto anche un percorso alternativo a quello di equity: dalla defiscalizzazione degli investimenti privati in aziende in erba al work for equity, che prevede che i fornitori della start-up possano essere pagati con una partecipazione al capitale sociale, introducendo un meccanismo che aiuti a ridurre le esigenze di cassa ricorrendo alle convertible note, una forma di debito che consente di non fissare il prezzo dell’equity al momento della sua emissione e che si presta ad essere utilizzata ad esempio nelle fasi di pre-seed e seed.