Nel decreto Lavoro altri 20 milioni per il Contratto di espansione
La legge di conversione del dl Lavoro stanzia nuove risorse per le imprese interessate ad attivare accordi di prepensionamento nell'ambito di contratti di espansione. Per le aziende con oltre mille dipendenti diventa possibile anche rimodulare le tempistiche per l'uscita dei lavoratori prossimi alla pensione.
I chiarimenti INPS sul contratto di espansione
L’articolo 25 del decreto Lavoro n. 48-2023 modifica infatti la disciplina dei contratti di espansione, introducendo la possibilità di una rimodulazione delle cessazioni dei rapporti di lavoro previste da un accordo di espansione per i lavoratori più vicini al conseguimento dei requisiti per il trattamento pensionistico, oltre a stanziare ulteriori 20 milioni di euro per il finanziamento dello strumento.
Cosa cambia per i contratti di espansione con il decreto Lavoro
Il contratto di espansione prevede il ricorso al trattamento straordinario di integrazione salariale, in relazione ad una riduzione dell'orario di lavoro, abbinato ad un programma di assunzioni e, in via eventuale, un’indennità di accompagnamento alla quiescenza per i lavoratori più vicini al conseguimento dei requisiti per il trattamento pensionistico.
In base alle norme in vigore, gli accordi di espansione possono essere stipulati entro il 2023 da una singola impresa o da un gruppo di imprese con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o con le loro rappresentanze sindacali aziendali oppure con la rappresentanza sindacale unitaria.
Nel caso di contratti di espansione stipulati entro il 31 dicembre 2022 da parte di gruppi di imprese con un organico di lavoratori dipendenti superiore a mille unità, il decreto Lavoro prevede la possibilità di stipulare, entro il 31 dicembre 2023, degli accordi integrativi per rimodulare le cessazioni dei rapporti di lavoro previste per i lavoratori prossimi alla pensione. Nello specifico, la nuova tempistica delle cessazioni deve essere compresa entro l’arco temporale dei 12 mesi successivi all’ultimo termine originariamente previsto, fermi restando il limite complessivo pluriennale di oneri finanziari pubblici derivanti dal singolo originario accordo di espansione e il numero massimo di lavoratori ammessi alla misura.
A questa novità il Senato ha aggiunto, in sede di conversione del dl 48-2023, l'incremento di 20 milioni di euro dei fondi per la copertura degli oneri relativi all’anno 2026, che passano quindi da 48,4 a 68,4 milioni di euro. Fondi necessari a rendere possibile il completamento di percorsi di prepensionamento che le imprese attiverebbero nel 2023 e che, con la dotazione originaria, non avrebbero trovato capienza. Le imprese escluse per mancanza di fondi possono quindi presentare una nuova domanda per la stipula dell’accordo di prepensionamento.
Il contratto di espansione in sintesi
Il contratto di espansione è stato introdotto dal decreto Crescita - abrogando l’istituto del contratto di solidarietà espansiva previsto dal dlgs n. 148-2015 - come uno strumento a sostegno dei processi di reindustrializzazione e riorganizzazione delle grandi imprese con un organico superiore a 1.000 unità, attraverso un mix di interventi:
- il prepensionamento dei lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dal conseguimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata,
- l'accesso alla cassa integrazione straordinaria per quelli che non possono usufruire dello scivolo di cinque anni, la formazione per i dipendenti le cui competenze devono essere aggiornate
- e nuove assunzioni di risorse umane qualificate e specializzate in linea con le nuove esigenze dell'azienda.
Il contratto di espansione presuppone quindi l'adozione di un Piano di riconversione dell’azienda che espliciti:
- numero e profili professionali dei lavoratori da assumere per realizzare il processo di reindustrializzazione o riorganizzazione aziendale,
- cronoprogramma delle nuove assunzioni e durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro, compreso il contratto di apprendistato professionalizzante,
- riduzione complessiva media dell'orario di lavoro e numero dei lavoratori in organico interessati dalla CIGS, prevista per un periodo massimo di 18 mesi,
- numero dei lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dal conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia e che possono accedere allo scivolo di 5 anni, percependo dall'azienda, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro e fino al raggiungimento del primo diritto a pensione, un'indennità mensile (che può comprendere anche la NASpI, se spettante), commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Per i lavoratori che non possono accedere all'agevolazione all'esodo sono previsti piani di formazione e riqualificazione per l'acquisizione di competenze tecniche diverse da quelle in cui sono adibiti, anche mediante la sola applicazione pratica.
L'accesso alla misura è subordinato a una procedura di consultazione finalizzata a stipulare in sede governativa il contratto di espansione con il Ministero del Lavoro e con i sindacati, previa verifica del progetto di formazione e di riqualificazione, del numero delle nuove assunzioni e della copertura finanziaria.
La legge di Bilancio 2021 ha allargato la platea dei beneficiari, inizialmente ristretta alle imprese con oltre mille dipendenti, alle aziende con almeno 500 dipendenti, riducendo la soglia a 250 addetti per l'accesso allo scivolo pensionistico, mentre il decreto Sostegni bis (dl 73-2021) ha esteso la misura alle PMI con 100 addetti, prevedendo un incremento della spesa di 101,7 milioni per l'anno 2021, 225,5 milioni per l'anno 2022, 50,5 milioni per il 2023 e 30,4 milioni per il 2024.
La legge di bilancio 2022 ha previsto che il contratto di espansione possa essere stipulato anche per gli anni 2022-2023 e lo ha esteso, per il medesimo periodo, alle aziende con almeno 50 dipendenti, calcolati complessivamente nelle ipotesi di aggregazione di imprese stabile con un'unica finalità produttiva o di servizi.
Per gli accordi stipulati dal 1° gennaio 2022, è stato previsto un limite di spesa per le indennità riconosciute dai datori di lavoro ai dipendenti che si trovino a non più di 60 mesi dalla prima decorrenza utile della pensione di vecchiaia e che abbiano maturato il requisito minimo contributivo o della pensione anticipata. Tale indennità mensile, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, è riconosciuta per tutto il periodo e fino al raggiungimento della prima decorrenza utile del trattamento pensionistico, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro.
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