Intervista a Cipolletta (AIFI): un Fondo di Fondi nel PNRR per l'innovazione tecnologica
Nonostante l'incertezza del contesto economico e geopolitico, le imprese hanno bisogno di investire per affrontare le transizioni gemelle, verde e digitale, e questo continuerà a trainare la domanda di capitali anche nei prossimi mesi. Ecco perchè, secondo il presidente di AIFI, Innocenzo Cipolletta, occorre coinvolgere di più gli investitori privati.
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Strumento ideale per far operare in sinergia capitali pubblici e privati è il Fondo di Fondi, meccanismo che Cipolletta propone di applicare anzitutto al sostegno agli investimenti delle imprese italiane per l'innovazione tecnologica, anche sfruttando le risorse del PNRR. Una proposta illustrata dal presidente di AIFI (Associazione italiana del Private equity, Venture capital e Private debt) in occasione dell'edizione 2023 del Rome Investment Forum, organizzato dalla FeBAF (Federazione Banche Assicurazioni Finanza) il 30 marzo, a Roma.
Gli abbiamo chiesto di raccontarci il senso di questa proposta e le sue previsioni sulle prospettive di crescita per i prossimi mesi.
Con il DEF 2023 il Governo ha rivisto al rialzo le previsioni di crescita dell'Italia nel 2023 e ridimensionato quelle per il 2024. La forza trainante del PNRR inferiore alle attese, l'aumento dei tassi di interesse, l'incertezza geopolitica, i fallimenti di Silicon Valley Bank e Signature Bank potrebbero determinare una minore propensione agli investimenti. Quali sono le sue previsioni per i prossimi mesi?
L’economia italiana ha mostrato una grande capacità di resistenza e recupero dopo le due crisi (Covid e guerra in Ucraina purtroppo ancora in corso). La crescita prevista per quest’anno si approssima all’1%, come anche il DEF ha indicato. Secondo le stime del Governo, la crescita continuerà anche negli anni successivi a ritmi prossimi all’1,5% annuo. Altri previsori sono più cauti, ma io credo che il nostro paese possa riuscire a crescere come previsto dal Governo se si implementerà correttamente il PNRR e ci sono ancora tutte le possibilità per riuscirci. Certo, le condizioni del credito sono peggiorate e questa circostanza determinerà un rallentamento della domanda interna. Ma le imprese hanno ancora forti necessità di investimento per innovazione e per la transizione energetica e digitale, e questo trascinerà la domanda di beni capitali.
Italia e UE sono chiamate a mettere in campo una massiccia dose di investimenti per affrontare la doppia transizione verde e digitale, in un contesto segnato, da una parte, dalle politiche dei nostri competitor globali, a cominciare dall'Inflaction Reduction Act degli USA, dall'altra dalle innovazioni dirompenti nel campo dell'intelligenza artificiale, con il rilascio dell'ultima versione di ChatGPT. In che modo a suo avviso questi fattori riorienteranno le strategie degli investitori, in particolare nel mercato del venture capital?
L’utilizzo dell’intelligenza artificiale può aprire nuove possibilità di sviluppo di tecnologie in vari settori e, di conseguenza, nuove opportunità di investimento per il venture capital, per le fasi vicino alla sperimentazione ma anche nei round successivi. Potrebbero anche aprirsi opportunità per il private equity nel momento in cui alcune applicazioni possono essere implementate in imprese in fase di sviluppo e cambiamento. Credo veramente che le necessità di adeguamento alle transizioni finiranno per rappresentare un forte volano di crescita.
I dati AIFI sul private equity e venture capital relativi al 2022 testimoniano una crescita della raccolta, delle operazioni e dell'ammontare investito. Più difficile, per i non addetti ai lavori, è capire quale sia poi il ritorno degli investimenti nelle startup italiane per la competitività del tessuto imprenditoriale nazionale e quanto alimenti invece, attraverso acquisizioni da parte di realtà internazionali, lo sviluppo di altri paesi e economie. Quali sono le tendenze a questo proposito e cosa serve per lo sviluppo degli investitori domestici e per migliorare il contesto imprenditoriale per chi sceglie di avviare una startup in Italia?
Quello della crescita e sviluppo delle startup è la vera sfida italiana. Nel nostro paese ci sono operatori finanziari di venture capital che sostengono le startup nella fase iniziale, ma abbiamo ben pochi soggetti che poi siano in grado di affrontare la fase delicata e importante di sviluppo della startup in vera e propria azienda. Oggi in Italia non abbiamo una presenza significativa di fondi di growth capital che consentano alle società venture capital-backed di raccogliere i round di dimensione più consistente. In alcuni casi, i founder preferiscono spostare la propria società in paesi esteri, non solo per un tema di raccolta di capitali, ma anche di mercato e di ecosistema tecnologico più strutturato ed evoluto. Si auspica, quindi, che nel nostro paese alcuni fondi di VC domestici possano crescere di dimensione e guidare anche scale Up. Solo recentemente CDP ha avviato delle operazioni di scale up, ma sarebbe necessaria un’azione più consistente che coinvolgesse anche il mondo del private equity nel finanziamento delle imprese innovative.
In questi giorni si parla molto dei ritardi dei PNRR e delle possibili modifiche al Piano per evitare che l'Italia perda l'occasione di NextGenerationEU. Al RIF 2023, lei ha proposto di utilizzare il meccanismo del Fondo di fondi per finanziare gli investimenti tecnologici delle PMI. Come dovrebbe funzionare questo strumento?
Come in tutti gli altri paesi europei, anche in Italia si sta rivedendo i PNRR alla luce sia delle nuove situazioni congiunturali, sia delle verifiche necessarie. Quindi, avviare alcune modifiche è normale. Poiché è difficile che lo Stato da solo riesca a sostenere tutti questi investimenti, il mio suggerimento è di creare un Fondo dei Fondi dell’ordine di qualche miliardo di euro che investa in fondi di private capital dedicati al finanziamento della crescita delle imprese con quote di minoranza. In questa maniera, si potrebbe attirare capitale privato e avviare, in tempi relativamente rapidi, un programma di crescita e innovazione nelle imprese, in linea con gli obiettivi del PNRR.
La Commissione Europea sostiene ormai da diversi anni la necessità di coinvolgere maggiormente i capitali privati per massimizzare l'impatto dei fondi europei. In questa direzione vanno InvestEU e le semplificazioni per gli strumenti finanziari cofinanziati dai fondi SIE del ciclo 2021-27, anche sulla scorta dell'esperienza per l'Italia positiva del Piano Juncker. La diffusione di questi strumenti è però ancora limitata. Cosa manca dalla prospettiva degli intermediari finanziari?
Credo che lo Stato debba e possa fare da anchor investor per catalizzare risparmio privato da investire nella ricapitalizzazione delle imprese al fine di farle crescere e creare nuova occupazione. Lo strumento del Fondo dei Fondi è sicuramente quello più adatto a questo scopo e spero che il Governo lo prenda seriamente in considerazione.
Per approfondire: Fondi europei 2014-2020: quasi 50 miliardi mobilitati dagli strumenti finanziari