Critiche e suggerimenti degli esperti sulle misure per energia e clima nel Recovery Plan
L'aumento della produzione di energia rinnovabile proposto nel PNRR è assolutamente insufficiente, denuncia il gruppo Energia per l’Italia. Parallelamente, in una lettera a Draghi, quattro esperti del settore suggeriscono di evitare nuovi investimenti sul gas naturale.
Le critiche di Energia per l’Italia al PNRR
In un documento gli esperti di Energia per l’Italia, un gruppo di docenti e ricercatori di università e centri di ricerca energetici italiani, hanno esaminato alcuni aspetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ponendo particolare attenzione ai provvedimenti centrali per la transizione energetica e alle azioni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. E il commento sulle diverse misure prospettate nella bozza di PNRR non è dei migliori: “Il Piano non affronta adeguatamente gli obiettivi europei in materia di clima ed energia. Infatti, considerando le proposte di investimenti in nuove azioni in campo climatico (inclusa l’energia), non raggiunge la quota prescritta del 37% del totale dei fondi”.
Nel Piano - si legge ancora nel documento - manca una exit strategy dai combustibili fossili al 2050, cioè manca uno schema con cui agire concretamente per il passaggio all’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, e l’aumento di energia rinnovabile proposto nel PNRR (4,5-5 GW) è assolutamente insufficiente. La proposta avanzata dagli esperti è di alzare il tiro ed aumentare la nuova potenza installata di un fattore 5x al 2026 (20-25 GW) e 10x al 2030 (40-50 GW).
Gli esperti insistono poi su un punto indicato anche da diversi stakeholder del settore energia: “E necessario semplificare ed accelerare molto le procedure di autorizzazione di impianti eolici in mare e in terra e di impianti fotovoltaici a terra, su aree dismesse o da bonificare”, si legge nel documento. Parallelamente, occorre sostenere l’autoproduzione di fotovoltaico sui tetti con bonus di almeno il 65% in fattura.
Definite “inutili o dannose”, invece, le proposte nel PNRR relative al “riportare in Italia la produzione di moduli fotovoltaici, saldamente in mano alla Cina, o peggio di sostenere il carico di base della rete elettrica con il gas, quando invece la tendenza nel resto dell’occidente è di sfruttare al massimo i pompaggi idrici (oggi largamente inutilizzati) e puntare con decisione all’accumulo in grandi batterie, potenziando la filiera elettrochimica (meccatronica di precisione) in cui l’Italia vanta punte di eccellenza”.
Per quanto riguarda l’idrogeno, gli esperti suggeriscono di riservarlo “in via esclusiva a settori specifici come il volo, la navigazione e la siderurgia, dato che ogni altra applicazione delineata nel PNRR rasenta la follia energetica (usare 100 W per produrne 10)”.
Critici anche sul tema cruciale dell’adattamento ai cambiamenti climatici: “è trattato in modo insufficiente nel Piano, mancando fondi adeguati per le aree urbane, una governance multilivello del tema resilienza che sia partecipata e integrata nell’esistente (es. settore risorse idriche), nonché uno schema di monitoraggio e valutazione delle misure attuate”.
Quanto all’economia circolare, “sono scarsi i fondi previsti per gli impianti necessari a rendere autosufficiente ogni regione e provincia italiana per il recupero e riciclo di materie prime seconde”, e anche qui “le procedure di autorizzazione risultano troppo complesse e lente”.
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Infine, il gruppo Energia per l’Italia “disapprova fermamente l’approccio CCS (Cattura del Carbonio e Stoccaggio) sostenuto nel PNRR, elencando ben 12 ragioni di critica, tra le quali spiccano la non dimostrata applicabilità del metodo alla scala necessaria e la sua efficacia reale, con il rischio di gravi ripercussioni sul territorio. Per gli stessi motivi il gruppo disapprova sia l’idea di sfruttare il CCS per produrre dal metano il cosiddetto idrogeno blu, sia l’idea ministeriale di considerare imminente l’arrivo di energia illimitata da fusione nucleare, che contrasta con la storia ormai cinquantennale del settore. I fondi attualmente erogati alle fonti fossili vanno invece dirottati su tecnologie perfettamente consolidate come le rinnovabili (sole vento e acqua) che in pochi mesi dal progetto se autorizzate possono produrre l’energia elettrica pulita indispensabile per raggiungere gli obiettivi europei e globali al 2030 e la neutralità climatica al 2050.
Al documento hanno contribuito Nicola Armaroli, dirigente di Ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Vincenzo Balzani, coordinatore del gruppo, professore emerito dell’Università di Bologna e accademico dei Lincei, Alessandra Bonoli, Professore Associato in Ingegneria delle Materie Prime presso l’Università degli Studi di Bologna, Sergio Castellari, Primo Tecnologo all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), Marco Cervino, ricercatore all’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (ISAC-CNR), Vittorio Marletto, agrometeorologo in Arpa Emilia-Romagna, e Leonardo Setti, ricercatore del Dipartimento di Chimica Industriale dell’Università di Bologna.
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La lettera di quattro esperti di energia a Draghi
I “veterani” dell’energia Gianni Mattioli, Massimo Scalia, Vincenzo Naso e Gianni Silvestrini hanno invece scritto al premier Mario Draghi chiedendo di “fare nuovi e diversi passi in avanti, convinti che la ‘rivoluzione energetica’ possa essere il cardine per ogni politica economica, industriale e sociale che voglia realizzare gli obiettivi di Next Generation EU”. Per farlo, hanno indicato al premier alcuni punti da tenere in considerazione.
Il primo riguarda i cambiamenti climatici, la cui accelerazione dev’essere presa in considerazione nelle decisioni del Governo fissando gli obiettivi al 2030 e gli strumenti per realizzarli. Lo scenario di lungo termine nei documenti di Governo configura un massiccio spostamento verso l’energia elettrica nei vari settori di usi finali. Questo spostamento va quantificato con accuratezza al 2030, pena il non realizzare lo scenario al 2050.
Parallelamente, “l’intensa elettrificazione dei consumi energetici, già al 2030 ancor più al 2050, richiede una nuova visione, perché non è più l’esito della tradizionale politica di grandi impianti di generazione; un coinvolgimento e rafforzamento dell’esperienza delle neonate comunità energetiche e un articolato programma di istruzione, formale e non formale, per tutti i cittadini, dalle scuole ai luoghi di lavoro, dalle Istituzioni agli Enti”.
Focus anche sul gas naturale: “ha assolto al suo compito nella lunga fase di transizione che abbiamo vissuto", osservano, ma "oggi la ‘necessità’ del suo utilizzo diventa un alibi per coloro che vogliono mantenere il Paese nell’economia e nella cultura ‘fossile’. Ogni nuovo investimento nel gas naturale è una sottrazione di risorse a una politica di espansione delle fonti rinnovabili, è una concessione a interessi che guardano al passato a scapito di un futuro più sostenibile”.
Gli sforzi andrebbero quindi concentrati sul rilancio delle rinnovabili e dell’efficienza. Per arrivare a un sistema energetico bilanciato, con una quota consistente di fonti rinnovabili, un sistema di accumulo efficiente e la possibilità di generare idrogeno green per l’industria pesante occorre moltiplicare gli impianti. Quindi, creare norme condivise, procedure agili, consenso e capacità di produzione industriale in modo da agganciare la spinta occupazionale a quella ambientale.
Da questo punto di vista sono interessanti le possibilità che si aprono con la creazione delle comunità energetiche per generare elettricità green a chilometro zero.
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