Mezzogiorno - Rapporto SVIMEZ, sette anni di Pil negativo
Le anticipazioni del "Rapporto SVIMEZ sull'economia del Mezzogiorno 2015" parlano di un paese diviso con il Sud alla deriva
Nel quadro delineato da SVIMEZ, Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno, emerge che nel 2014, per il settimo anno consecutivo, il Pil dell'Italia meridionale è ancora negativo e che il divario di Pil pro capite tra Centro-Nord e Sud si attesta ai livelli di quindici anni fa.
Sono state presentate ieri, a Roma, le anticipazioni sui principali andamenti economi del "Rapporto SVIMEZ 2015 sull'economia del Mezzogiorno".
Il Pil: nel Sud è il 7° anno col segno negativo
In base alle valutazioni dell'Associazione per il 2014 il Pil ha registrato nel Mezzogiorno un -1,3%, frenando la discesa rispetto all’anno precedente (2,7%), ma riportando un risultato peggiore di oltre un punto percentuale rispetto a quello del Centro-Nord (-0,2%).
Il 2014 è il settimo anno consecutivo che il Pil del Mezzogiorno registra un segno negativo, attribuibile soprattutto a una più sfavorevole dinamica della domanda interna, sia per consumi che investimenti. La forbice del Pil pro capite tra Centro-Nord e Sud ha raggiunto nel 2014 il valore più rilevante degli ultimi 15 anni, con un dato del 53,7% pari solo ai livelli del 2000.
La crisi: si attenua al Nord. Sud peggio della Grecia
Nel 2014, la crisi si attenua nella maggioranza delle Regioni del Centro-Nord. Tutt'altro in quelle del Sud. A livello complessivo, quindici regioni su venti registrano un segno negativo, con eccezione delle Marche (+0,1%), dell’Emilia Romagna (+0,3%), del Trentino Alto Adige (+0,3%), del Veneto (+0,4%) e del Friuli Venezia Giulia (+0,8%).
Nel periodo 2001-2014, il Sud Italia mostra una situazione molto peggiore della Grecia. In tale periodo, il miglior tasso di crescita cumulato è stato registrato in Germania (+15,7%), in Spagna - (+21,4%) e in Francia (+16,3%). Negativa la Grecia, con -1,7%, “ma mai quanto il Sud”, che – si legge sul comunicato di SVIMEZ - con un dato pari al -9,4% “tira giù al ribasso il dato nazionale (-1,1%), contro il +1,5% del Centro-Nord”.
I consumi: precipitano al Sud, riprendono al Centro-Nord
In costante caduta i consumi al Sud, mentre si riprendono nel resto del Paese. Le famiglie meridionali spendono sempre di meno (-0,4% tra 2013 e 2014), a fronte di un aumento del +0,6% nelle regioni del Centro-Nord. In questa area si è registrato un aumento dei consumi di beni durevoli, con le spese per vestiario e calzature cresciute di un 0,3% e quelle per “altri beni e servizi” (categoria che comprende servizi per la cura della persona e spese per l’istruzione) salite di uno 0,9%. Crescono al Centro-Nord anche i consumi alimentari (+1%), che calano invece nel Mezzogiorno (-0,3%).
Complessivamente, nel 2014 i consumi pro capite delle famiglie meridionali sono stati il 67% di quelli delle famiglie del Centro-Nord.
Investimenti: calo ovunque, di più al Sud
Anche nel 2014, gli investimenti fissi lordi hanno registrano un calo più consistente al Mezzogiorno (-4%) rispetto al Centro-Nord (-3,1%). Dal 2008 al 2014, il dato è crollato del 38% nel Mezzogiorno e del 27% nel Centro-Nord.
A livello settoriale, l'industria è il comparto che ha visto il maggior crollo degli investimenti al Sud, con un 59,3% dal 2008 al 2014, il triplo del “già pesante calo del Centro-Nord (- 17,1%)”. Calano anche gli investimenti nelle costruzioni, che nel periodo 2008-2014 sono andati giù di 47,4 punti percentuali al Sud e di 55,4 al Centro-Nord. Male pure gli investimenti in agricoltura, con -38% al Sud e -10,8% al Centro-Nord, e nei servizi, dove il calo risulta quasi uguale in tutta Italia (-33% al Sud e -31% al Centro-Nord).
Settori economici: industria soffre più degli altri
Negli anni 2008-2014 la contrazione del valore aggiunto è stata maggiore al Sud in tutti i settori produttivi. La situazione peggiore è quella dell’industria, dove il valore aggiunto è crollato nel Mezzogiorno del -35%, a fronte del -17,2% del Centro-Nord. Calo consistente anche nelle costruzioni, il cui valore aggiunto tra il 2008 e il 2014 è sceso al Sud del -38,7%, a fronte del - 29,8% del Centro-Nord. Male nello stesso periodo anche i servizi, -6,6% al Sud e -2,6% al Centro-Nord.
Nel solo 2014, l’agricoltura ha perso in valore aggiunto nel Mezzogiorno il 6,2%, mentre il Centro-Nord ha registrato un segno positivo con un dato migliorato dello 0,4%. L’industria ha perso nel Sud il 3,3%, a fronte di un -1,3% nel Centro-Nord. Mentre i servizi al Sud hanno registrato un -0,5% e al Centro-Nord un +0,3%.
Occupazione: cresce in Italia, non nel Mezzogiorno
Nel periodo della crisi (2008-2014) il Sud ha registrato un crollo dell’occupazione del 9%, a fronte del -1,4% del Centro-Nord. Delle 811mila persone che in Italia hanno perso il posto di lavoro in quel periodo, 576mila sono residenti nel Mezzogiorno.
Nel solo 2014 i posti di lavoro in Italia sono cresciuti di 88.400 unità, tutti nel Centro-Nord. Nel Mezzogiorno se ne sono persi 45mila. Gli occupati al Sud sono 5,8 milioni, sotto la soglia psicologica dei 6 milioni, il livello più basso almeno dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche dell’Istat.
Un debole miglioramento si vede nell’ultimo periodo: tra il primo trimestre del 2014 e quello del 2015 gli occupati sono saliti in Italia di 133mila unità, di cui 47mila al Sud e 86mila al Centro-Nord. Calano, tuttavia, le persone in cerca di occupazione.
Donne: al Sud lavora una su cinque
Nel 2014 il tasso di occupazione delle donne in età 35-64 anni è fermo a 20,8% (circa una su 5), a fronte di un tasso medio del 51% nell’Ue a 28. Male anche la situazione delle under 34. Di fronte a una media italiana del 34% e di quella dell'Ue a 28 del 51%, il Sud è anche qui fermo al 20,8%.
Dal 2008 al 2014, nel Centro-Nord i posti di lavoro per le donne sono cresciuti di 135mila unità, ma sono scesi di 71mila unità al Sud. Complessivamente, crescono nel periodo della crisi le professioni non qualificate (+14%), mentre diminuiscono quelle qualificate (-10%).
I giovani: under 24, al Sud più della metà disoccupati
Nel periodo 2008-2014 gli under 34 hanno registrato in Italia oltre 1 milione e 900mila posti di lavoro persi. Al Sud, nel periodo di riferimento, hanno perso il posto di lavoro 622mila giovani, mentre 239mila over 55 hanno trovato un'occupazione. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto nel 2014, il tasso di disoccupazione tra gli under 24 è del 35,5% nel Centro-Nord e quasi del 56% al Sud. A fronte di una media dell'Ue a 28 del 76%, i giovani diplomati e laureati italiani presentano un tasso di occupazione pari appena al 45%.
Nascite: calo ovunque. Meno figli al Sud
Dal 2001 al 2014 la popolazione è cresciuta a livello nazionale di circa 3,8 milioni, di cui 3,4 milioni al Centro-Nord e 389mila al Sud. Nello stesso periodo, si sono spostate dal Sud al Centro-Nord oltre 1 milione 667mila persone, a fronte di 923mila rientrate.
Il tasso di fecondità al Sud è arrivato a 1,31 figli per donna, al di sotto dei 2,1 figli che garantiscono la stabilità demografica, e comunque più basso degli 1,43 del Centro-Nord.
Prendendo solo il 2014, al Sud si sono registrate appena 174mila nascite, il valore più basso dall’Unità d’Italia. Le nascite sono scese anche al Centro-Nord e, per la prima volta, anche nelle coppie con almeno un genitore straniero.
Allarme povertà: rischio maggiore in Sicilia e Campania
Tra il 2011 e il 2014, le “famiglie assolutamente povere” sono cresciute in Italia di 390mila nuclei, con un +37,8% al Sud e un +34,4% al Centro-Nord.
Quanto al rischio povertà, nel 2013 riguardava, in Italia, 18% della popolazione. La regione italiana con il più alto livello di rischio è la Sicilia (41,8%), seguita dalla Campania (37,7%).
Tra 2011 e 2014, le famiglie in povertà assoluta sono aumentate sul totale al Sud del 2,2%, contro il +1,1% del Centro-Nord. Nello stesso periodo, le famiglie assolutamente povere sono cresciute di oltre 190mila nuclei, passando da 511mila a 704mila al Sud e da 570mila a 766mila al Centro-Nord. Il 62% delle famiglie meridionali guadagna meno di 12mila euro annui, contro il 28,5% del Centro-Nord. Le situazioni peggiori si registrano in Campania (con il dato del 66% dei nuclei sotto i 12mila euro annui), Molise (70%) e Sicilia (72%).
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