Quali sono i 10 punti del Piano dell’ANCI sul Recovery fund
Con un quarto delle opere pubbliche che, nel 2019, è stato amministrato dai Comuni, i sindaci italiani reclamano un ruolo centrale nella gestione del Recovery fund. Dieci le linee di intervento presentate in audizione al Senato. Al centro, interventi sul patrimonio edilizio, la mobilità sostenibile e le periferie.
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Si articola in 10 macro linee d’azione il Piano che l'Associazione nazionale dei Comuni italiani (ANCI) ha presentato questa settimana alla commissione Bilancio del Senato, nel corso delle audizioni sul Recovery Fund.
Forti di quel 25% di investimenti pubblici gestiti lo scorso anno dalla amministrazioni comunali, i primi cittadini d’Italia sono intenzionati a giocare un ruolo diretto e di primo piano nel management dei fondi che arriveranno dall’Europa.
Finanziamenti diretti e non intermediati
Il cuore della proposta dell’ANCI risiede nella strategia di gestione dei fondi. I sindaci, infatti, chiedono “decisioni coraggiose” che consentano finanziamenti diretti e non intermediati, riducendo al minimo i passaggi formali e burocratici per l’individuazione ed erogazione delle risorse.
Del resto, fanno notare dall’ANCI, “i Comuni sono i principali e i più efficienti investitori pubblici, con indici di spesa e risultato di gran lunga superiori agli altri livelli di governo”.
A ciò si aggiunge il ruolo giocato dalle città, soprattutto quelle metropolitane, nella strategia di crescita economica dell’intero Paese. Che si tratti infatti di attrarre investimenti o produrre innovazione, il cuore sono e restano le città. Per questo è inevitabile allocare parte dei fondi lì, attribuendone la gestione - conclude l’ANCI - alle amministrazioni comunali che nel tempo hanno sviluppato “un patrimonio unico che unisce conoscenza e capacità operativa” per intervenire sui territori.
I 10 punti del Piano dell’ANCI sul Recovery fund
Il Piano presentato in audizione in Senato punta, dunque, sulle città metropolitane per assicurare la crescita dell’intero Paese, senza dimenticare però le aree interne e i Comuni minori. Si tratta di un bilanciamento che alla crescita economica in chiave green e digital, affianca il tema dell'equità sociale e territoriale, cardine - assieme alla competitività - delle linee europee per l'impiego dei fondi del Recovery.
Ecco dunque i 10 punti del Piano dell’ANCI sul Recovery fund.
Edilizia verde, efficienza energetica
Il primo punto riguarda l’efficientamento energetico del patrimonio edilizio esistente e la transizione energetica nelle città, investimenti indispensabili per ridurre entro il 2030 il 40% delle emissioni di gas serra.
Mobilità sostenibile pubblica
Per ridurre l’inquinamento bisogna incidere, però, anche sul fronte della mobilità. I Comuni puntano quindi ad un Piano per la mobilità sostenibile nelle aree urbane “che garantisca a tutti l’accesso ad un servizio pubblico efficiente integrato con un sistema articolato di servizi a domanda di micro-mobilità (bici e altri mezzi non inquinanti) secondo il principio del “Mobility as a Service” allo scopo di portare lo shift modale tra mezzo proprio e altre forme di trasporto nelle aree urbane a oltre il 50% entro il 2030”.
Economia circolare e riuso delle acque
Il terzo pilastro per la crescita sostenibile è infine la circular economy, unita ad un uso più efficiente della risorsa idrica. Dal punto di vista degli obiettivi, i Comuni puntano a ridurre entro il 2030 la produzione di rifiuti al di sotto delle media europea e ad aumentare “gli investimenti per la diminuzione delle perdite idriche, portandole a un livello fisiologico del 20-25%”.
Spazio anche alla “sistemazione della rete fognaria, garantendo la depurazione di tutti i reflui e favorendo il riuso delle acque depurate a tutela dell’ambiente e dell’ecosistema marino”.
Città digitali e intelligenti
Il quarto punto del Piano dell’ANCI intercetta, invece, l’altra strategia del Recovery e cioè la transizione digitale. Su questo fronte le priorità dell’ANCI sono due:
- Potenziare le reti digitali per fare uscire dall'isolamento interi paesi e comunità;
- Aumentare la capacità di impiego dei “big data” per rendere davvero “smart” le città, attraverso l’attuazione di un Piano nazionale per la diffusione e l’utilizzo dei big data pubblici
La scuola al centro della città
I Comuni propongono anche un “Piano scuola” che preveda, da un lato, interventi per l’edilizia scolastica, e dall’altro “un incremento della spesa nei servizi scolastici ed extrascolastici, servizi per l’infanzia allo scopo di sostenere la conciliazione vita-lavoro delle famiglie e rafforzare il ruolo della scuola come punto di riferimento per le comunità”.
Una casa per tutti
Non poteva mancare chiaramente anche un “Piano straordinario per l’edilizia abitativa” in attuazione di una politica di contrasto alle povertà e sostegno alle famiglie che metta al primo posto il diritto alla casa.
Su questo tema nei giorni scorsi era intervenuta anche la ministra Paola De Micheli che, nel corso di un’altra audizione, aveva sottolineato come gli interventi di edilizia residenziale pubblica fanno parte di un più ampio processo di “rigenerazione urbana” dove si punterà alla rivitalizzazione urbanistica complessiva di interi pezzi di città e non ad una stagione a sé stante di azioni di edilizia residenziale.
Periferie creative: rigenerazione urbana e comunità
Vien da sè, quindi, che il settimo punto del Piano dell’ANCI sulla rigenerazione urbana si realizzerà probabilmente in connubio con il punto sull'edilizia residenziale.
Cultura “è” turismo
Al punto n. 8 del programma dell’ANCI c’è poi la proposta di “un Piano per la valorizzazione dei nostri beni culturali e ambientali, investendo su nuovi servizi e modelli di gestione credibili che permettano il loro mantenimento nel tempo e che siano occasione di crescita turistica nelle città dove sono presenti”. A questo si aggiunge l’idea di “progetti pilota per la tutela del paesaggio e della cultura, specie nelle zone dove il patrimonio naturale e artistico è maggiormente a rischio” per dare impulso alla strategia nazionale per le aree interne.
Patto per lo sviluppo delle città metropolitane
Su questo fronte l’ANCI propone di “rinnovare un patto per lo sviluppo delle città metropolitane quale strumento essenziale per la governance multilivello e il coordinamento territoriale nell’attuazione di una strategia di crescita economica, sociale e culturale su tematiche prioritarie di rango sovra-comunale quali mobilità e logistica di merci e persone, tutela del territorio e dei sistemi ambientali e culturali, attrazione di investimenti per incrementare l’occupazione, specie quella giovanile, attraverso la valorizzazione del sistema delle competenze e del capitale umano in sinergia con le università e con il partenariato economico e sociale”.
Scuola nazionale di pubblica amministrazione
E infine c’è il tema dell'aumento delle capacità manageriali degli amministratori comunali, con la proposta di creare una City School nazionale per la formazione di una classe dirigente della PA sempre allineata alle nuove e mutevoli esigenze organizzative e gestionali degli enti locali.
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Puntare su azioni di sistema
Se è vero che i dieci punti che sarebbero stati indicati dall’ANCI comprendono, in buona sostanza, tutto l’universo che riguarda le amministrazioni comunali, tra i sindaci però sarebbe chiara la vision che dovrebbe guidare il Piano. Niente micro-interventi di natura prettamente localistica che frammenterebbero in infiniti rivoli le risorse europee.
Bisogna concentrarsi, invece, su interventi strutturali, capaci di dare un nuovo volto alle città italiane, rendendole una volta per tutte volano di crescita e sviluppo.
Ecco quindi che nelle settimene passate varie fonti di stampa hanno iniziato a riportare alcuni dei programmi su cui starebbero lavorando le grandi città. Torino, ad esempio, starebbe puntando sulla linea 2 della metro e sulla creazione di un sistema della mobilità sostenibile fatto di bici e mezzi elettrici. Anche a Firenze il focus sembrerebbe quello della mobilità, con la città de I Medici che punta a completare la rete di tram. Spazio anche, però, alle infrastrutture idriche, con l'ammodernamento della rete di acquedotti.
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I soldi non servono, se poi non si sa come gestirli
Sul Piano, però, aleggia il timore della gestione delle risorse in arrivo da Bruxelles.
Se nelle PA continuassero a mancare squadre sufficientemente larghe e strutturate di tecnici capaci di gestire adeguatamente i fondi, la battaglia per gli importi da ottenere sarebbe del tutto aleatoria.
Un monito lanciato anche dall’ISTAT durante l’audizione sul Recovery Plan. L'istituto nazionale di statistica, infatti, mette in guardia sulla necessità di disporre di adeguate capacità amministrative per la gestione dei miliardi del Recovery, concependo “uno o più meccanismi di valutazione ex ante ed ex post dei progetti, già nelle fasi preliminari all’implementazione degli interventi”.
Un timore evidentemente condiviso anche dall’ANCI che infatti, come decimo punto del Piano, avrebbe indicato proprio l’istituzione di una Scuola nazionale dell’amministrazione locale, capace di fornire ai Comuni le skill manageriali necessarie per la sfida epocale che abbiamo davanti.
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