Cappotto termico: arriva il nuovo indicatore di sostenibilità di ENEA
ENEA ha messo a punto l’Indice di Sostenibilità Economica e Ambientale (ISEA) per calcolare l’impatto energetico, economico e ambientale dei diversi materiali isolanti utilizzati nel cappotto termico in funzione della tipologia di edificio e della fascia climatica.
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Per elaborare questo indice sono state eseguite simulazioni energetiche su edifici in 60 città italiane, ritenute le più rappresentative per numero di abitazioni, popolazione e condizioni climatiche e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista Sustanaibility.
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L’indice ISEA risulta essere particolarmente rilevante in un paese, come l’Italia, in cui le unità immobiliari (per lo più inserite in condomini) sono oltre 31 milioni, di cui l’80% è stato costruito prima del 1991 e poco più del 65% prima del 1976.
Nel nostro Paese, infatti, le abitazioni residenziali sono responsabili di oltre 30 Mtep del consumo energetico nazionale, pari al 43% della domanda di energia primaria in Italia nel 2020. In particolare i dati relativi al 2020 riportano che la climatizzazione (riscaldamento e raffrescamento) ha assorbito quasi il 70% dei consumi, seguita dall’illuminazione e dagli apparecchi elettrici (il 13,9%), dall’acqua calda sanitaria (il 11,4%) e dagli usi in cucina (il 6,4%).
E’ quindi evidente come, tra tutti gli interventi di efficienza energetica, il cappotto termico continui ad essere la principale strategia di riduzione della domanda energetica complessiva - in particolare negli interventi di ristrutturazione - e che pertanto un indicatore come quello messo punto dall’ENEA risulti di grande valore.
Come funziona l’Indice di Sostenibilità Economica e Ambientale di ENEA?
Ad illustrare ISEA è Flavio Scrucca, ricercatore della Sezione ENEA di Supporto alle attività sull’economia circolare. “Abbiamo preso in considerazione interventi di riqualificazione dell’involucro edilizio che prevedono l’utilizzo sia dei materiali isolanti più commerciali che di quelli prodotti con materie prime naturali e rinnovabili, anche in accordo alle strategie di economia circolare e di gestione efficiente dell’energia”, spiega Scrucca. Il quale aggiunge: “gli isolanti naturali sono meno diffusi a causa del costo generalmente elevato, ma hanno minor impatto ambientale per tutto il ciclo di vita che, in funzione della zona climatica, può assumere valori compresi tra 1,2 e 2,2 kg di CO2 equivalente/m2, inferiori fino a 4-10 volte rispetto ai materiali sintetici più comuni che presentano invece valori tra 4 e 20 kg”.
Ed è a questo punto che l’analisi effettuata impiegando ISEA diventa interessante per il futuro del cappotto termico. “Quando parliamo di impatto economico (inteso come rapporto tra il costo iniziale dell’opera e il conseguente risparmio nel tempo associato alla riduzione dei consumi) i materiali naturali presentano un valore più alto in ogni zona climatica per via del maggiore costo iniziale stimato. L’indice messo a punto ha però consentito di evidenziare come, considerando sia l’aspetto economico che ambientale, la convenienza di questi materiali cresca con l’aumentare del fabbisogno energetico degli edifici, quindi soprattutto nelle zone climatiche più fredde, risultando paragonabile con quella dei materiali isolanti tradizionali”, sottolinea Domenico Palladino, ricercatore del Laboratorio ENEA di Efficienza energetica negli edifici e sviluppo urbano.
Questo lavoro rappresenta, dunque, “un primo tentativo di valutazione combinata energetica, economica e ambientale dei materiali isolanti termici e dimostra l’importanza di considerare tutti questi aspetti negli interventi di ristrutturazione edilizia, poiché possono influenzare in modo significativo la scelta dei materiali isolanti da utilizzare”, concludono i ricercatori ENEA.
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