Decreto aree idonee, arriva la firma del ministro

Mike Peu da PixelsDopo il via libera delle Regioni, il ministro dell'Ambiente Pichetto Fratin ha firmato il decreto per le aree idonee per rinnovabili, fotovoltaico ed eolico. Si tratta del provvedimento, atteso da tempo, che individua la ripartizione fra le Regioni dell’obiettivo nazionale di avere una potenza aggiuntiva pari a 80 GW da fonti rinnovabili entro il 2030 (rispetto al 31 dicembre 2020), così da raggiungere sia gli obiettivi del Pniec sia quelli del pacchetto “Fit for 55”, anche alla luce di "Repower UE”. Sia le imprese di settore che le associazioni ambientaliste hanno però definito il testo troppo burocratico e pieno di ostacoli.

Sull'agrivoltaico e sulle definizione delle aree agricole idonee era già trovata una soluzione di compromesso.

Il ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha finalmente firmato il decreto aree idonee per le rinnovabili, un provvedimento frutto di una lunga concertazione con le Regioni e di una procedura molto complessa. Una firma che arriva a poche settimane di distanza dall’approvazione del testo finale da parte della Conferenza unificata fra Stato, Regioni e Comuni. 

In breve, il provvedimento fissa con una tabella gli obiettivi di nuova potenza, rinnovabili anno per anno per ciascuna regione, dal 2021 al 2030 e stabilisce principi e criteri omogenei per l'individuazione da parte delle Regioni delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili. 

Il provvedimento introduce però anche nuove procedure, un dato che è stato criticato sia dalle associazioni ambientaliste che dalle imprese. Spetta infatti alle Regioni l’individuazione, con iter autorizzatorio accelerato, di tutta una serie di aspetti salienti a cominciare dalle aree idonee per gli impianti. A queste si aggiungono poi:

  • le aree non idonee, cioè quelle zone del territorio incompatibili con certe tipologie di impianti; 
  • le aree ordinarie dove si possono realizzare gli impianti ma con procedimento autorizzatorio "standard" non accelerato;
  • infine le aree dove è vietato realizzare impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in base all'articolo 20 del "Decreto Agricoltura", la cui conversione è in discussione al Senato in questi giorni.

Aree idonee: la parola alle Regioni

In particolare il decreto dispone che spetta alle Regioni e alle Province autonome individuare le aree idonee e non idonee agli impianti di rinnovabili, entro 180 giorni dall'entrata in vigore del provvedimento. Le Regioni e le Province autonome possono anche concludere fra loro accordi per il trasferimento statistico di determinate quantità di potenza da fonti pulite. 

Il Ministero dell'Ambiente vigilerà sul raggiungimento delle quote previste e, in caso di inadempimento, potrà intervenire con poteri sostitutivi

Il decreto inoltre indica a Regioni e Province autonome una serie di criteri per individuare o escludere l'idoneità delle aree. Essi sono: esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell'aria e dei corpi idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonché di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, verificando al contempo anche l'idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili.

Decreto Aree idonee: le richieste sarde soddisfatte

Il testo finale è stato anche frutto di una mediazione con la Regione Sardegna, la cui presidente ha avviato una moratoria per tutti i nuovi impianti su tutto il territorio regionale. 

Ad essere oggetto di acceso confronto era stato in particolare l'articolo 10, comma 1 della bozza precedente del decreto. Una parte del provvedimento su cui nei mesi passati  la presidente della regione Sardegna Alessandra Todde aveva alzato particolarmente i toni. La precedente versione, infatti, faceva salvi tutti i procedimenti avviati prima dell'entrata in vigore delle leggi regionali di individuazione delle aree idonee. Una condizione che avrebbe portato la Regione Sardegna a ritrovarsi con 57 Gw da produrre con le rinnovabili, a fronte di un obiettivo nazionale complessivo di 80 Gw. Secondo la Todde era una sproporzione da sanare, e il ministero le ha dato ragione. Inoltre la Regione aveva chiesto di poter decidere quali impianti in fase di autorizzazione verranno fatti salvi e quali no e il Mase ha accolto anche queste istanze.

Ad avere suscitato la maggiore polemica tra la Regione e le associazioni che riuniscono i produttori di rinnovabili, è stato però l'eolico off shore. La Regione ha chiesto, infatti, che l'eolico off shore potesse concorrere al 100% per il raggiungimento dell'obiettivo regionale e non solo per il 40%: anche in questo caso, la norma ha recepito la richiesta della Sardegna. In buona sostanza ciò significa che per il calcolo del raggiungimento degli obiettivi di burden sharing - cioè la quota minima di incremento di energia rinnovabile assegnata alle singole regioni - si dovrà tener conto del 100% (e non più del 40%) della potenza nominale degli impianti a fonti rinnovabili off-shore di nuova costruzione entrati in esercizio dal 1° gennaio 2021 fino al 31 dicembre dell’anno di riferimento in cui le cui opere di connessione alla rete elettrica sono realizzate sul territorio della Regione o provincia autonoma. Una decisione che è, di fatto, un ridimensionamento della quota di nuovo eolico off shore, in quanto la Regione potrà includere nel computo anche gli impianti realizzati dal 2021 in poi, nel momento che essi saranno allacciati alla rete.

Aree idonee: mediazioni necessarie per il sì delle Regioni

Il provvedimento stabilisce che sono considerate non idonee le superfici e le aree che sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela. Una differenza sostanziale rispetto alla prima stesura del decreto dove era scritto che queste aree "possono" essere considerate non idonee; una formula possibilista che aveva provocato l'opposizione delle Regioni.

Il Decreto stabilisce anche che "le Regioni possono stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela di ampiezza differenziata a seconda della tipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela, fino a un massimo di 7 chilometri". Il provvedimento salva da tutti i nuovi vincoli gli impianti già esistenti e i loro rifacimenti.

«Accogliamo l’accordo con grande soddisfazione, è un obiettivo raggiunto. Abbiamo sbloccato un decreto lungamente atteso, un nuovo tassello verso la decarbonizzazione», ha commentato il ministro dell'Ambiente Pichetto Fratin. «Grazie al lavoro di mediazione svolto, oggi abbiamo dunque un quadro chiaro di responsabilità per arrivare a un nuovo modello energetico al 2030, coerente con gli obiettivi Pniec e con i tanti strumenti, penso al Fer 2 ma anche al decreto Cer e a quello sull’agrivoltaico, costruiti per incentivare lo sviluppo delle rinnovabili», ha quindi aggiunto il ministro.

Per il raggiungimento degli obiettivi di burden sharing (condivisione degli oneri), per gli impianti geotermoelettrici e idroelettrici è riconosciuta una potenza nominale aggiuntiva pari alla potenza di ogni fonte rinnovabile per il relativo parametro di equiparazione. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, il Gse pubblicherà i parametri di equiparazione sulla base della producibilità media rilevata delle fonti geotermoelettrica e idroelettrica rispetto alla producibilità media della fonte fotovoltaica. Tali parametri saranno periodicamente aggiornati sulla base dell’andamento dei dati rilevati.

Quanto al conseguimento degli obiettivi, nel nuovo testo non figura più la disposizione in base alla quale le Regioni erano tenute ad aggiornare gli atti di pianificazione energetica, ambientale e paesaggistica, e di ogni altro regolamento, programma, piano o normativa precedentemente approvati a livello regionale, provinciale o comunale. Tuttavia, le Province autonome saranno tenute a emanare una legge per l’individuazione delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili ai sensi dello Statuto speciale e delle relative norme di attuazione. 

Ritocchi anche sul fronte del “monitoraggio e della verifica di raggiungimento degli obiettivi": il provvedimento prevede infatti che entro il 31 luglio di ciascun anno il Mase provveda alla verifica della potenza da fonti rinnovabili installata, autorizzata, o assegnata per ciascuna Regione e Provincia nell’anno precedente. Nella versione precedente tale verifica veniva effettuata solamente per la potenza da fonti rinnovabili installata.

Decreto aree idonee: critiche da associazioni e imprese

Secondo Legambiente, Greenpeace e Wwf - che affidano il commento a un comunicato univoco - «il decreto doveva prevedere principi uniformi per la selezione di aree nelle quali le rinnovabili potessero essere autorizzare in modo più semplice e rapido. Al contrario, fondamentalmente lascia carta bianca alle Regioni nella selezione delle aree idonee, di quelle non idonee e di quelle ordinarie. Risultato: il quadro autorizzativo per le rinnovabili diventa ancor più complicato, senza una cornice di principi omogenei capaci di indirizzare la successiva attività di selezione delle aree, da effettuarsi con leggi regionali. L’esito di questo percorso saranno leggi regionali disomogenee, che complicheranno ulteriormente il quadro regolatorio per le rinnovabili, già messo a durissima prova». 

Le associazioni osservano inoltre come «sia emblematica l’eliminazione di qualsiasi riferimento al necessario aggiornamento degli atti di pianificazione energetica, ambientale e paesaggistica, così come la piena – e arbitraria – discrezionalità delle Regioni nell’estensione della fasce di rispetto, per le aree che presentano beni culturali, fino a 7 km». La pianificazione regionale delle aree idonee o meno deve essere approvata con legge dalle Regioni a statuto ordinario entro 180 giorni dall'entrata in vigore del provvedimento. Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome provvedono ai sensi dei loro statuti. Decorso il termine scatta il meccanismo sostitutivo da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri attivata dal Ministro dell'Ambiente. Ma, secondo le associazioni, conti alla mano, i tempi saranno comunque lunghissimi.

Ma critiche sono arrivate anche dal mondo delle imprese: Elettricità futura contesta le norme farraginose contenute nel decreto. «Sono incompatibili con l’obiettivo di installare 80 gigawatt in meno di 7 anni indicato dallo stesso decreto”, ha dichiarato il presidente Agostino Re Rebaudengo. Secondo Re Rebaudengo, infatti, il provvedimento doveva accelerare la realizzazione degli impianti in tutte le aree idonee, cosa che sarebbe stata possibile «dichiarando idonee tutte le aree che non avevano vincoli alla data di giugno 2022, data in cui doveva essere pubblicato il decreto. Al contrario - sottolinea il numero uno di Elettricità futura - il testo amplia le restrizioni perché, oltre i regolamenti già severi delle soprintendenze, aggiunge anche la facoltà delle Regioni di aumentare fino a 7 Km la distanza da un bene tutelato. Il che può, di fatto, essendo numerosi i beni tutelati, rendere la maggior parte del territorio completamente inaccessibile per lo sviluppo delle rinnovabili», conclude Re Rebaudengo.

Critica è anche Anev, l'Associazione dei produttori di energia eolica. «Le condizioni contenute nel testo del decreto sull'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili con alcuni emendamenti (...) rendono più difficile, se non impossibile, raggiungere i target richiamati nelle premesse del provvedimento», sostiene infatti l’Associazione in un comunicato.

Anev in particolare critica «la modifica dell'articolo 7 che definisce non idonee le superfici e le aree ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi dell'articolo 10 e dell'articolo 136, comma 1, lettere a e b del decreto legislativo 22 gennaio 2024, numero 42». Condizione che «di fatto annulla gli esiti di un obiettivo europeo di individuare delle aree dove il processo autorizzatorio possa essere veloce».

Infine, sottolinea Anev, le Regioni «potranno individuare come non idonee le aree che sono ricomprese nel perimetro degli altri beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 42/2004, mentre resta la possibilità per le Regioni di estendere la fascia di tutela dal perimetro dei beni fino a un massimo di ulteriori 7 km”. Un passaggio che, secondo l'Associazione, «semplicemente rende pressoché vano lo stesso provvedimento».