Accordo raggiunto su Recovery fund e bilancio UE. 209 miliardi all'Italia
Dopo una maratona negoziale durata quattro giorni, i leader dell'UE hanno raggiunto un accordo sul pacchetto per la ripresa dal Covid Next Generation EU e sul Quadro finanziario pluriennale 2021-27. L'Italia è il primo beneficiario del Recovery fund, con 209 miliardi tra prestiti e sovvenzioni.
> Consiglio europeo: leader UE in cerca di un accordo su Recovery Fund e QFP 2021-27
Quello sul Recovery fund e sul bilancio pluriennale dell'UE 2021-27 è un buon accordo e, soprattutto, è l'accordo giusto per l'Europa in questo momento di crisi. Così il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, in conferenza stampa al termine del Vertice più lungo della storia dell'Unione dopo Nizza 2000 ha commentato l'intesa tra i 27 che assegna 750 miliardi, di cui 390 di prestiti, a Next Generation EU e 1.074 miliardi al Quadro finanziario pluriennale post 2020. In totale 1.824 miliardi di euro per coniugare le azioni per la ripresa dalla pandemia da Covid-19 con il perseguimento degli obiettivi a lungo termine dell'Unione, dalla digitalizzazione alla transizione green.
Recovery Fund e QFP
- Next Generation EU
- Bilancio UE 2021-27
- Sconti, stato di diritto e risorse proprie
- I fondi per l'Italia
750 miliardi per Next Generation EU
I leader UE hanno confermato la dimensione complessiva del pacchetto per la ripresa dalla pandemia, Next Generation EU, proposta il 27 maggio dall'Esecutivo comunitario e confermata dalla scatola negoziale di Michel: la Commissione sarà in grado di prendere in prestito sui mercati fino a 750 miliardi di euro, che potranno essere utilizzati sia per prestiti back-to-back che per spese incanalate attraverso i programmi del QFP.
Le risorse saranno assegnate a sette programmi:
- lo Strumento per il recupero e la resilienza (RFF), il Recovery fund in senso stretto,
- il meccanismo ponte tra l'attuale Politica di Coesione e i programmi 2021-27 ReactEU,
- il programma per la ricerca e l'innovazione Horizon Europe,
- InvestEU, che unisce tutti gli strumenti finanziari UE in continuità con il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) del Piano Juncker,
- i Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) nell'ambito della Politica agricola comune,
- il Just Transition Fund, il Fondo per la transizione equa che sostiene l’uscita dai combustibili fossili nelle regioni europee che più ne dipendono,
- il meccanismo di protezione civile dell'Unione RescEU.
Il capitale raccolto sui mercati finanziari sarà rimborsato entro il 2058, come proposto dalla Commissione.
> Recovery Fund Next Generation EU: le aspettative per il vertice del 17 e 18 luglio
390 miliardi di sovvenzioni, 360 di prestiti
Come atteso, uno dei punti modificati dal braccio di ferro tra gli Stati UE, sotto la pressione dei quattro Paesi frugali – Austria, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia – è quello relativo alla composizione del pacchetto. Se la Commissione aveva proposto 500 miliardi di sovvenzioni e 250 miliardi di prestiti, il Consiglio europeo ha ridotto a 390 miliardi la quota a fondo perduto ed elevato a 360 miliardi i finanziamenti che gli Stati membri dovranno restituire.
Confermata invece la proposta di Ursula Von Der Leyen su un altro nodo chiave: quello dei criteri di allocazione delle risorse del Recovery and Resilience Facility. Le assegnazioni dello Strumento per il recupero e la resilienza nel 2021-2022 - pari al 70% del totale - terranno conto dei rispettivi standard di vita, della dimensione e dei livelli di disoccupazione negli Stati membri, per fare in modo che le risorse vadano effettivamente ai paesi più colpiti dal Covid. Il restante 30%, invece, verrà assegnato nel 2023 sulla base del calo del PIL sperimentato nel 2020 e nel 2021.
Today we’ve taken a historic step, we all can be proud of.
— European Commission 🇪🇺 (@EU_Commission) July 21, 2020
We negotiated 4 long days and nights with EU leaders.
But it was worth it.#NextGenerationEU | #EUCO | #EUBudgetpic.twitter.com/zHVI7jxe4x
Freno di sicurezza sui Piani per la ripresa
Quanto alla governance e ai meccanismi di condizionalità, l'accordo prevede che gli Stati membri preparino i loro Piani nazionali di ripresa e resilienza per il 2021-2023 coerentemente con le raccomandazioni specifiche per paese nell'ambito del Semestre europeo e in linea con il target della transizione verde e digitale e che siano sottoposti a revisione nel 2022.
Ed è sul controllo di questi Piani che il premier olandese Mark Rutte è riuscito a incassare un altro successo: la Commissione dovrà sottoporre la proposta di valutazione di ciascun Recovery Plan al Consiglio, che dovrà approvarla a maggioranza qualificata. Un gruppo di Stati membri che rappresenti il 35% della popolazione UE potrebbe quindi bloccare il piano di spesa di un altro Paese laddove lo giudichi non coerente con le riforme promesse.
Non solo: pur non ottenendo che il via libera ai Recovery Plan passi per la maggioranza assoluta in Consiglio, il che avrebbe significato di fatto riconoscere un diritto di veto sui Piani ai singoli Stati membri, in diretta contrapposizione con il premier Giuseppe Conte, Rutte è riuscito a far inserire nell'accordo un freno d'emergenza che può bloccare i pagamenti da parte della Commissione.
L'erogazione delle sovvenzioni avverrà solo se saranno raggiunti i traguardi e gli obiettivi concordati stabiliti nei Piani di recupero e di resilienza e se, in via eccezionale, uno o più Stati membri riterranno che vi siano gravi deviazioni dal soddisfacente raggiungimento degli obiettivi concordati questi potranno chiedere al presidente del Consiglio europeo di sottoporre la questione al successivo Vertice dei 27.
1.074 miliardi per il bilancio UE 2021-27
La durezza del negoziato sulla dotazione del Recovery fund e sulla sua gestione spiega la maggiore flessibilità sul bilancio di lungo termine dell'Unione: a fronte dei 1.100 miliardi proposti dalla presidente della Commissione UE Ursula Von Der Leyen, i leader dei 27 hanno concordato di destinare al Quadro finanziario pluriennale 1.074,3 miliardi di euro, in linea con la scatola negoziale presentata da Michel pochi giorni prima del Consiglio europeo.
Di fatto gli Stati membri si sono accordati attorno alla stessa dotazione che il presidente del Consiglio europeo, dopo due anni di negoziati, aveva proposto, senza successo, in occasione del Vertice del febbraio scorso.
La dimensione del QFP rischia però di scontentare il Parlamento europeo, che minaccia, negando il suo consenso all'accordo sul bilancio UE, di mettere il veto sull'intero pacchetto. Per il PE, infatti, i 1.100 miliardi proposti dalla Commissione sono già il livello minimo accettabile, soprattutto considerando che si tratta di 35 miliardi in meno rispetto alla dotazione del Quadro finanziario presentato nel maggio 2018 con tagli significativi per programmi chiave come Erasmus Plus, Horizon Europe, Europa digitale e i fondi per la gestione dei flussi migratori.
Restano gli sconti nonostante la Brexit
Il PE rischia di dare battaglia anche su un altro dei tasselli che hanno reso possibile l'accordo tra i 27: il mantenimento degli sconti a favore di Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Austria e Svezia. I quattro Paesi frugali, insieme a Berlino, continueranno a beneficiare delle riduzioni forfettarie sul contributo nazionale al bilancio a lungo termine dell'UE basate sul rebate britannico e giudicate ormai obsolete – alla luce della Brexit - dagli eurodeputati e da molti Stati membri. Stati che, però, come l'Italia, hanno dovuto digerire la conferma degli sconti come contropartita per l'accordo sul Recovery fund.
Impegni vaghi sullo stato di diritto
Anche sul rispetto dello stato di diritto il Consiglio europeo rinuncia a un intervento deciso, per poter incassare il via libera all'accordo, in questo caso da parte di Ungheria e Polonia, tra i maggiori beneficiari della Politica di Coesione e preoccupati di vedersi bloccare l'accesso ai fondi europei sulla base del giudizio UE su scelte politiche che considerano di competenza esclusivamente nazionale.
Le conclusioni del Consiglio europeo sottolineano l'importanza del rispetto dello stato di diritto e prevedono l'introduzione di un regime di condizionalità per proteggere il bilancio UE e Next Generation EU, ma non chiariscono come dovrebbe funzionare il meccanismo chiamato a subordinare l'accesso ai fondi UE al rispetto di regole e valori dell'Unione.
Riforma a tappe per le risorse proprie
Risposte vaghe anche sul fronte della riforma delle risorse proprie. I leader dell'UE hanno convenuto di fornire all'UE nuove entrate per rimborsare i fondi raccolti sul mercato per finanziare Next Generation EU, ma a parte il nuovo prelievo sulla plastica - che dovrebbe essere introdotto nel 2021 - non ci sono per ora impegni vincolanti.
Alla Commissione si chiede di presentare una proposta riveduta sul sistema di scambio delle quote di emissioni dell'UE (ETS), estendendolo eventualmente ai settori del trasporto aereo e marittimo, e un prelievo digitale, entrambi da introdurre entro la fine del 2022. E si ipotizzano ulteriori nuove risorse proprie, come una tassa sulle transazioni finanziarie, senza però fissare una data limite per la sua operatività.
Una riserva Brexit, da 5 miliardi di euro, dovrebbe invece sostenere gli Stati membri e i settori economici più colpiti dall'uscita del Regno Unito dall'Unione.
Il 30 per cento dei fondi Ue per l'azione climatica
L'unico fronte su cui il livello di ambizione del Consiglio supera quello della Commissione riguarda l'azione per il clima. Se infatti l'Esecutivo UE aveva proposto di vincolare il 25% della spesa dei fondi europei a programmi e progetti coerenti con gli obiettivi di transizione climatica, la scatola negoziale di Michel, confermata dai 27, riserva il 30% della spesa totale – sia a titolo del QFP che di Next Generation EU – a progetti collegati al target UE di neutralità climatica entro il 2050.
209 miliardi per l'Italia
L'Italia sarà il primo beneficiario del Recovery fund e dovrebbe ottenere complessivamente di 209 miliardi di euro, di cui 127 miliardi in forma di prestiti e 81,4 a fondo perduto.
Le risorse potranno essere utilizzate anche retroattivamente anche per coprire spese sostenute a partire da febbraio 2020, a condizione che si tratti di voci di costo coerenti con gli obiettivi del Piano per la ripresa.
"Avremo una grande responsabilità: con 209 miliardi abbiamo la possibilità di far ripartire l'Italia con forza e cambiare volto al Paese. Ora dobbiamo correre", ha commentato Conte in conferenza stampa al termine del Consiglio europeo.
"Per la Commissione che ha proposto il piano, comincia la sfida più difficile. L'Europa è più forte delle proprie divisioni", ha commentato invece l'ex premier italiano, ora commissario UE per l'Economia Paolo Gentiloni.