Fondi europei, si cambia: le partite incrociate su PNRR, Coesione e aiuti di Stato

Fitto e Ferreira - Photo credit: Source: EC - Audiovisual Service - Photographer: European Union, 2023 - Claudio CentonzeDa un lato c’è da riscrivere il PNRR per inserire il capitolo REPowerEU ed evitare che saltino opere fondamentali, soprattutto per la transizione energetica. Dall’altro si apre la partita sulla revisione della Politica di coesione. Il Governo ha davanti una matassa non facile da sciogliere, che si intreccia ai lavori sul Piano industriale del Green deal e al progetto di allentare le regole sugli aiuti di Stato. E che trova la Commissione poco convinta dell'approccio pensato dal ministro Fitto.

REPowerEU: verso la riprogrammazione dei fondi europei

La missione del ministro Raffaele Fitto a Bruxelles, dove ha incontrato i commissari all’Economia e alla Coesione, Paolo Gentiloni ed Elisa Ferreira, è servita proprio a discutere questi temi: come sfruttare l’occasione di REPowerEU, e il contributo dei fondi europei alla modifica dei PNRR in chiave green che l’iniziativa UE autorizza, per mettere a segno una riprogrammazione che sia utile anche a risolvere i problemi della Politica di coesione. Quella relativa ai fondi europei 2014-2020, in drammatico ritardo con 20 miliardi ancora da spendere entro fine anno, e quella del ciclo 2021-2027, appena partita, ma già vecchia, secondo il ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, perchè pensata prima della guerra in Ucraina e della crisi energetica.

La missione di fine febbraio è una tappa dell’intenso dialogo con la Commissione europea che dovrà condurre entro fine aprile alla consegna a Bruxelles delle richieste di modifica del Recovery Plan. Tappa che è stata anticipata nelle scorse settimane dall’approvazione del decreto PNRR ter, un provvedimento ad ampio spettro che oltre a rivoluzionare la governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza, accentrando i poteri nelle mani di Palazzo Chigi e del MEF, interviene sulla Politica di Coesione europea e nazionale prevedendo anche qui un cambio della guardia nella regia dei fondi europei e una centralizzazione della programmazione e gestione delle risorse.

Proprio questa centralizzazione, insieme alla vaghezza dei piani finora elaborati dall'Italia, non convince la Commissione europea. I progetti diretti a migliorare impatto ed efficienza dei fondi europei devono comunque rispettare la natura place-based della Politica di coesione e la sua logica regionale, ha sottolineato la commissaria Ferreira su Twitter al termine dell'incontro con il ministro italiano. 

Per approfondire: Cosa prevede il decreto PNRR 3

La prima cosa da fare: rivedere il PNRR

Entro la prima settimana di marzo il Governo punta a presentare alla Commissione una prima bozza del rinnovato PNRR italiano. Rinnovato perché da emendare alla luce dell’inserimento del capitolo energetico REPowerEU nel Piano, previsto dall’accordo raggiunto ufficialmente tra le istituzioni europee il 21 febbraio ed entrato in vigore il 28 febbraio. 

REPowerEU è però anche un’occasione per mettere mano a un PNRR che il Governo Meloni ha sempre dichiarato di voler cambiare, per l’impatto del caro prezzi e degli altri fattori esterni che hanno rallentato, quando non reso irrealizzabili, alcuni dei progetti previsti dall’Esecutivo Draghi.

La revisione non potrà riguardare la durata del Piano: il 2026 è e resterà l’anno di chiusura dei Recovery Plan. Su questo il commissario Gentiloni è stato netto, in quanto “la modifica della scadenza del 2026 richiederebbe la ratifica di 26 parlamenti”.

La riprogrammazione dei fondi europei della Politica di Coesione

Quello che il Governo può fare è intervenire sui contenuti, sfruttando le risorse stanziate per il capitolo RepowerEU (per l’Italia 2,7 miliardi) e la flessibilità prevista da Bruxelles sulle risorse che fanno capo alla Brexit Adjustment Reserve e ai fondi europei della Politica di coesione 2014-2020, incluso ReactEU.

Gli Stati membri hanno inoltre la possibilità di finanziare gli investimenti a lungo termine che contribuiscono alla diversificazione degli approvvigionamenti, al risparmio energetico e alla promozione delle fonti rinnovabili destinando agli obiettivi di REPowerEU una quota dei fondi europei 2021-2027.

E’ questa la strada che l’Italia sembra intenzionata a percorrere, alla luce dei ritardi della vecchia programmazione messi nero su bianco nella “Relazione sul monitoraggio dell’utilizzo delle risorse per la coesione e del Fondo di sviluppo e coesione del ciclo 2014-2020”, presentata da Fitto nelle scorse settimane, ma anche della complessità di gestire contestualmente la coda del settennato 2014-2020 e di ReactEU e la concomitante attuazione fino al 2026 della Politica di coesione 2021-2027 e del PNRR.

La Relazione rivela che l’Italia, seconda beneficiaria delle risorse FESR ed FSE, è infatti al penultimo posto nella classifica UE in termini di spesa ed entro fine anno deve certificare a Bruxelles quasi la stessa mole di risorse rendicontata complessivamente dal 2015 ad oggi.

Al quadro va aggiunto il consueto ritardo con cui è partita la nuova programmazione dei fondi europei, entrata nel vivo solo nel 2023, e l’idea del ministro Fitto che in parte l’Accordo di partenariato 2021-2027, pensato in un contesto economico non più attuale, sia anch’esso da rivedere.

Ecco quindi che la revisione del PNRR si presenta come l’occasione non solo per concentrare maggiori risorse sugli interventi funzionali alla transizione energetica attingendo ai fondi europei 2014-2020, ma anche - si legge nella Relazione - per “una riflessione sull’adeguatezza delle previsioni della programmazione 2021-27 rispetto alla attuali esigenze di sostegno al sistema imprenditoriale, alle famiglie, ai lavoratori, da cui far scaturire una revisione del quadro programmatorio, che, da un lato, possa dare risposta ai fabbisogni emergenti con soluzioni efficaci e di rapida attuazione e, dall’altro, sia volta ad evitare il rischio di frammentazione nella fase attuativa per addivenire a una maggiore concentrazione degli interventi, ad una supervisione e ad un accompagnamento più efficaci”.

L’accentramento della gestione dei fondi europei in capo a Palazzo Chigi previsto dal decreto PNRR ter sembra funzionale a mettere a segno questo duplice obiettivo, ma non convince la Commissione europea, come si evince dal tweet della commissaria Ferreira, ma anche - secondo quanto anticipato da Il Sole 24 Ore - da una lettera che l'Esecutivo UE ha già inviato a Roma. I piani del Governo italiano sarebbero per ora troppo vaghi per una presa di posizione compiuta da parte della Commissione, ma sicuramente a Bruxelles non piace il progetto di togliere alle regioni la responsabilità della programmazione e gestione dei fondi della Coesione, tanto più che le performance delle autorità nazionali sono in molti casi peggiori di quelle regionali.

Senza dimenticare che rivedere ora l'Accordo di partenariato approvato a luglio significherebbe bloccare per mesi una programmazione già in grande ritardo, ponendo un'ipoteca ancora più grande sul raggiungimento dei target di spesa UE.

La flessibilità sui fondi UE e la revisione degli aiuti di Stato

Questo complesso disegno, che richiederebbe anche un complicato confronto con le amministrazioni nazionali e regionali titolari dei fondi, si intreccia a quello relativo alla modifica del Recovery, che pure non vede la Commissione soddisfatta dei piani italiani. Gli esiti dell'incontro tra il ministro Fitto e la direttrice generale della task force della Commissione per il PNRR Celine Gauer non sono ufficialmente noti, ma anche in questo caso i propositi di Roma avrebbero trovato resistenze.

L'iter per l'adozione del capitolo REPowerEU prevede prima il via libera della Commissione, che deve valutare il PNRR rivisto entro due mesi dalla sua presentazione, e poi del Consiglio, a cui Bruxelles presenta una proposta di decisione di esecuzione per autorizzare definitivamente la modifica.

Posto che alla fine il piano italiano dovrà essere coerente con le indicazioni della Commissione, qualche margine di manovra potrà derivare da un'altra importante partita, quella relativa al Green Deal Industrial Plan e al progetto di revisione delle norme UE sugli aiuti di Stato, presentati dalla Commissione in risposta all'Inflation Reduction Act (IRA) degli Stati Uniti.

L’allentamento delle regole sugli aiuti di Stato attraverso un nuovo Quadro temporaneo di crisi e transizione proposto da Bruxelles non piace all’Italia e andrebbe soprattutto a vantaggio dei paesi con finanze più solide che possono mobilitare una spesa pubblica imponente a sostegno delle rispettive imprese. Per l’Italia, che invece ha margini di bilancio ristrettissimi, la flessibilità sui fondi europei è la principale carta a disposizione per finanziare gli investimenti e il sostegno alle imprese nel contesto della crisi energetica e della transizione green e digitale.

Le conclusioni del Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio, che parlano esplicitamente di flessibilità nell'impiego dei fondi europei per mitigare le disparità di accesso ai mezzi finanziari tra i paesi UE, e l’accordo del 21 febbraio su REPowerEU sembrano indicare che uno scambio è possibile, ma il negoziato non sarà semplice e i passi compiuti finora tracciano una strada tutta in salita.

Per approfondire: Consiglio europeo: verso compromesso tra aiuti di Stato e flessibilità sui fondi europei