Via libera della plenaria alla riforma del Patto di Stabilità

Ecofin - Copyright: European UnionIl Parlamento europeo ha formalizzato l'accordo sulla riforma del Patto di Stabilità raggiunto a febbraio con il Consiglio, di cui ora si attende il voto definitivo. "Siamo pronti ad aprire un nuovo capitolo per la governance economica nell'Unione", ha commentato il commissario all'Economia, Paolo Gentiloni, dopo "quattro anni straordinari per l'economia dell'UE" in cui la clausola di salvaguardia ha lasciato gli Stati membri "il margine di manovra di cui avevano bisogno" per rispondere prima al Covid e poi all'impatto della guerra in Ucraina e della crisi energetica. 

DEF 2024: Giorgetti, quadro programmatico entro l'estate

La riforma del Patto di Stabilità e Crescita dell'Unione si compone di tre testi legislativi: un Regolamento relativo al coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri e alla sorveglianza sui bilancio (braccio preventivo); un Regolamento relativo ad accelerazione e chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (braccio correttivo); una Direttiva relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri.

Dopo l'intesa tra i 27 in occasione dell'Ecofin straordinario del 20 dicembre sull'intero pacchetto e il via libera della plenaria, il 17 gennaio, alla posizione negoziale sul regolamento sulla sorveglianza di bilancio (sugli altri due testi il Parlamento ha solo un ruolo consultivo), sono partiti i triloghi tra le istituzioni UE, che si sono conclusi a fine febbraio con l'accordo politico tra Consiglio e PE sulla riforma della governance macroeconomica dell'Unione.

L'accordo sull'intero pacchetto ha oggi ottenuto il via libera della plenaria, con 367 voti a favore, 161 voti contrari e 69 astensioni per il regolamento sul braccio preventivo; 368 voti a favore, 166 voti contrari e 64 astensioni per il braccio correttivo; 359 voti a favore, 166 contrari e 61 astensioni per la direttiva sui requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri. Nei prossimi giorni seguirà il via libera del Consiglio per arrivare alla pubblicazione dei testi definitivi nella Gazzetta Ufficiale europea entro l'inizio dell'estate. In questo modo sarà possibile applicare le nuove regole già nel 2025.

La riforma adottata, ha commentato il commissario Paolo Gentiloni dopo il voto del PE, è un compromesso e, come tale, non è perfetto. Soprattutto, ha ammesso il commissario, "fa ben poco per ridurre la complessità", che era una delle aspirazioni iniziali della Commissione. Allo stesso tempo, secondo l'ex premier italiano, la nuova governance "è migliore delle regole esistenti" perché rafforza "gli incentivi per gli investimenti pubblici, per le transizioni verde e digitale e per la difesa, e per le riforme; definisce un percorso credibile per la necessaria riduzione del debito; garantisce che gli Stati membri abbiano la responsabilità delle loro politiche fiscali, all'interno di un quadro comune europeo; dà maggiore risalto agli aspetti sociali e alle considerazioni climatiche".

Cosa prevede la riforma del Patto stabilità

Nel formulare la sua proposta iniziale l'Esecutivo UE è partito dalla consapevolezza che la crisi Covid-19 e quella energetica collegata alla guerra in Ucraina hanno aumentato i livelli di indebitamento degli Stati membri, ma anche dalla convinzione che la risposta solidale dell'UE sia stata efficace nel contenerne l'impatto economico e che ci sia bisogno di continuare a sostenere gli investimenti nella transizione verde e digitale per rendere l'Unione più competitiva.

Rispetto alla comunicazione presentata a novembre, le proposte legislative per la riforma del Patto di stabilità e crescita presentate il 26 aprile dalla Commissione hanno però previsto diverse aperture alle richieste del fronte rigorista guidato dal ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner, cercando un equilibrio tra regole quantitative e approccio specifico per Paese.

Per questo motivo, alla conferma la regola del 3% nel rapporto deficit/Pil e della regola del 60% per il rapporto debito/Pil è stato affiancato un quadro di sorveglianza dell'UE basato sui diversi livelli di rischio dei paesi, con un percorso di aggiustamento differenziato per ciascun paese, programmato su un orizzonte di quattro o cinque anni (in base alla durata della legislatura) prolungabili a sette, attraverso la definizione di Piani strutturali nazionali di bilancio a medio termine, che devono integrare obiettivi di bilancio, di riforma e di investimento (compresi quelli destinati ad affrontare gli squilibri macroeconomici ove necessario). 

Alla Commissione spetta valutare i Piani nazionali, poi adottati dal Consiglio in caso di valutazione positiva da parte dell'Esecutivo UE, mentre i paesi membri sono chiamati a fornire relazioni annuali per consentire il monitoraggio dell'attuazione e dei progressi compiuti. La base per definire il percorso di aggiustamento di bilancio e per attuare la sorveglianza di bilancio annuale è costituita da un unico indicatore: la spesa primaria netta, vale a dire la spesa soggetta al controllo di un governo.

Per ogni Stato membro con un disavanzo pubblico superiore al 3% del PIL o un debito pubblico superiore al 60% del PIL, la Commissione presenterà una "traiettoria di riferimento" (nella proposta iniziale denominata "traiettoria tecnica"), previo dialogo preliminare facoltativo e fattuale tra gli Stati membri ed Esecutivo UE.

Il negoziato tra i 27 sulla riforma si è concentrato anzitutto sulla definizione dei percorsi di aggiustamento, a fronte della richiesta dei paesi rigoristi di vincoli quantitativi precisi e stringenti.

Il compromesso finale prevede:

  • per quanto riguarda il debito, una riduzione media annua dell'1% per i Paesi maggiormente indebitati come Francia e Italia (con rapporto debito/PIL superiore al 90%) e dello 0,5% per i paesi in cui il debito è più contenuto (tra il 60% e il 90%);
  • relativamente al deficit, conferma del tetto del 3% in rapporto al PIL, ma con un margine di salvaguardia, pari all’1,5% del PIL cui tendere al posto del precedente obiettivo a medio termine (0,5% del PIL in termini strutturali);
  • introduzione di un periodo transitorio, fino al 2027, in cui la Commissione terrà conto conto dell'aumento del peso degli interessi sul debito e quindi sarà possibile applicare uno "sconto" per limitare lo sforzo di aggiustamento richiesto agli Stati membri;
  • margine di deviazione dal percorso di aggiustamento concordato con la Commissione limitato, nella prima fase, allo 0,3% del PIL;
  • allungamento automatico del Piano di risanamento a 7 anni, in virtù degli impegni nella transizione green e digitale assunti con i PNRR;
  • trattamento separato della spesa per la difesa, come fattore mitigante rispetto all'entità della deviazione dai Piani di risanamento e quindi irrilevanti ai fini dell'avvio delle procedure per squilibri macro-economici eccessivi.

Una volta adottati, i testi legislativi saranno pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell'UE ed entreranno in vigore 20 giorni dopo. Gli Stati membri dovranno presentare i loro primi Piani nazionali entro il 20 settembre 2024.

Leggi la comunicazione della Commissione europea sulla governance economica

Leggi le proposte legislative sulla governance economica

Leggi il testo di compromesso

Foto di Gerd Altmann da Pixabay