Cosa prevede il Codice appalti 2023?
Il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il nuovo Codice appalti. Oltre a una forte spinta verso la digitalizzazione, torna l’appalto integrato, si ammette il subappalto a cascata e si stabilizzano le deroghe varate in pandemia per l’affidamento senza gara di contratti fino a 5 milioni di euro (oltre il 98% di tutti i lavori pubblici). Tra le altre novità, la clausola di revisione dei prezzi obbligatoria e un nuovo tentativo di lanciare i PPP.
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Sono queste alcune delle caratteristiche più salienti del Decreto legislativo di riforma del Codice dei contratti pubblici, una delle riforme più attese del PNRR. Il nuovo Codice arriva a distanza di sette anni dal varo dell’ultimo tentativo di riforma complessiva e strutturata del sistema italiano degli appalti.
In attesa della pubblicazione del testo sulla Gazzetta ufficiale - in teoria prevista a strettissimo giro - ecco quali sono gli aspetti principali del nuovo Codice appalti 2023.
Codice appalti 2023: cosa chiedevano gli stakeholder?
Nuovo Codice appalti 2023: entrata in vigore
Partendo dalle tempistiche, il nuovo Codice appalti prevede diverse date da segnare in calendario, che tengono conto sia di un lasso di tempo di asstestamento richiesto dagli stakeholder, sia di alcuni tempi tecnici necessari alla messa a sistema di tutti i suoi tasselli (in primis l’interoperabilità delle banche dati).
In tale contesto, le date principali sono:
- il 1° aprile 2023, data di entrata in vigore del Codice e dei suoi allegati;
- il 1° luglio 2023, data di acquisizione dell’efficacia delle norme previste dal Codice e della conseguente abrogazione del precedente Codice (D.Lgs 50/2016);
- il 1° gennaio 2024, data di entrata in vigore delle norme sulla digitalizzazione.
In attesa del testo in Gazzetta, vale la pena sottolineare che lo scaglionamento prima indicato, dovrebbe comportare una convivenza dei due Codici (o di alcuni aspetti) per il 2023. In particolare fino al 30 giugno 2023, il Codice del 2016 dovrebbe continuare ad applicarsi sia ai vecchi procedimenti che a quelli nuovi. Dal 1° luglio al 31 dicembre 2023, invece, il Codice 2016 dovrebbe continuare ad applicarsi solo ai procedimenti in corso.
I principi alla base del nuovo Codice appalti 2023
Prima di addentrarsi nella disamina delle principali caratteristiche del nuovo Codice appalti, è importante sottolineare che il decreto muove da due principi cardine, stabiliti nei primi articoli del testo:
- il "principio del risultato", inteso come l’interesse pubblico primario del Codice stesso, che riguarda l’affidamento del contratto e la sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto tra qualità e prezzo nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza;
- il “principio della fiducia” nell’azione legittima, trasparente e corretta della pubblica amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici”.
Altro punto fondamentale è, poi, l'auto-esecutività del Codice. A differenza del passato, infatti, il nuovo Codice non avrà bisogno di un regolamento attuativo, perché negli allegati sono recepite le norme regolamentari e di secondo livello. Un’operazione che dovrebbe portare all'eliminazione di oltre 100 atti che in questi anni si sono stratificati.
E’ dunque in tale contesto che si sviluppa il testo del nuovo Codice appalti che, rispetto al passato, reca alcune significative novità.
Codice appalti 2023: appalto integrato
Una delle novità principali è senza dubbio la reintroduzione della possibilità di appalto integrato senza i divieti previsti dal vecchio Codice. Il contratto potrà quindi avere come oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori sulla base di un progetto di fattibilità tecnico-economica approvato, spiegano dal governo. "In questo modo i Comuni piccoli e medi potranno avvalersi di uno strumento che consente la redazione dei progetti da parte dell’impresa”.
Nuovo Codice appalti: affidamento diretto
Uno degli aspetti di maggior impatto sul mercato italiano dei contratti pubblici è quello dell’affidamento diretto che, mutuando la disciplina varata in piena emergenza pandemica, trasforma il sottosoglia da deroga a regola.
Il nuovo Codice, infatti, prevede la stabile adozione delle soglie previste dai decreti 76-2020 e 77-2021 per l’affidamento diretto e per le procedure negoziate senza bando di gara, che d’ora in avanti saranno gestite nel modo seguente:
- Per i lavori fino a 150mila euro, il Codice prevede l'obbligo di ricorrere all'affidamento diretto;
- Per i lavori tra 150mila euro e 1 milione di euro, il Codice prevede procedure negoziate senza bando con 5 inviti;
- Per i lavori da 1 milione fino alle soglie europee (5,38 milioni), il Codice prevede procedure negoziate senza bando con 10 inviti. In questo caso, però, il decreto concede alle Stazioni appaltanti di ricorrere alle gare, anche senza “adeguata motivazione”.
Per servizi e forniture (inclusi i servizi di progettazione) gli affidamenti diretti sono previsti fino a 140mila euro, mentre le procedure senza bando saranno impiegate per contratti tra i 140mila e fino alle soglie europee.
Il risultato ultimo di tali disposizioni è che, d’ora in avanti, circa il 98% dei lavori in Italia potrebbe essere affidato senza gara, per un mercato di appalti che nel 2021 sfiorava i 19 miliardi di euro. La valutazione viene fuori dalla relazione annuale 2022 dell’ANAC (dati 2021) che mappa le 62.812 procedure di affidamento del 2021. Ebbene, di queste il 98,27% interessa contratti per lavori dal valore fino ai 5 milioni di euro (pari ad un mercato degli appalti che si attesta sui 18,9 miliardi di euro). Pertanto, prendendo come benchmark il 2021 (l’ultimo dato disponibile), si può prevedere che d’ora in avanti, grazie al nuovo Codice appalti, la stragrande maggioranza dei contratti per lavori in Italia (nel 2021 il 98,27%) sarà assegnata senza bando di gara.
Una situazione che il MIT legge positivamente, parlando di “taglio dei tempi notevole soprattutto per quei piccoli comuni che debbano procedere a lavori di lieve entità che hanno tanta importanza per la vivibilità dei luoghi e il benessere delle proprie comunità”, ma che continua però a preoccupare sia l’ANAC in materia di trasparenza, sia le Associazioni di categoria in materia di concorrenza di mercato.
Nuovo Codice appalti 2023: subappalto a cascata
Particolarmente rilevante anche la novità relativa al subappalto. Venendo incontro alle richieste di Bruxelles, il nuovo Codice apre infatti al cosiddetto subappalto a casacata, ovvero alla possibilità per i subappaltatori di subappaltare a loro volta ad altre imprese.
La norma permette alle Stazioni appaltanti di limitare questa possibilità, ma solo con motivazioni specifiche da indicare nei documenti di gara.
Prevista in ogni caso la responsabilità solidale dell'affidatario con il subappaltatore in merito agli obblighi di sicurezza.
Codice appalti 2023: resta il tetto del 30% al prezzo
Salva in extremis la previsione del tetto massimo del 30% per il punteggio attribuito al prezzo, nelle procedure assegnate con l’offerta economicamente più vantaggiosa.
Dopo le segnalazioni parlamentari, infatti il governo avrebbe fatto retromarcia sulla cancellazione della percentuale massima dal Codice, prevedendo invece che "per i contratti ad alta intensità di manodopera, la stazione appaltante stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30%".
Il peso massimo del “prezzo” scenderebbe poi al 10% nel caso di contratti legati all'acquisto di beni e servizi informatici che dovranno fare attenzione alla cybersecurity e nel caso in cui siano in ballo aspetti di sicurezza nazionale.
Nuovo Codice appalti 2023: digitalizzazione
Tra gli aspetti più rilevanti che dovrebbero traghettare il Paese nella contemporaneità c’è la forte spinta alla digitalizzazione, che viene prevista sull’intero ciclo di vita dell’appalto.
Tra le novità, ci sarebbe anche il pensionamento del formato “pdf” che, come ben sanno gli esperti di open data, è uno formato non compatibile con l'accesso aperto alle informazioni. L'obiettivo è dunque quello di prevedere la gestione di tutte le fasi in formato digitale, puntando anche sull’interoperabilità delle banche dati esistenti.
Un fattore che, da un lato, dovrebbe facilitare la vita delle imprese, non più costrette a caricare documenti già in possesso della PA e, dall'altro, tracciare meglio le operazioni e gli operatori, grazie alla condivisione delle informazioni.
In tale contesto, lo strumento principale dovrebbe essere la Banca dati nazionale dei contratti pubblici affidata all’ANAC, che dovrebbe operare anche come fascicolo virtuale dell’operatore economico.
Per approfondire: Gare: in arrivo lo spazio dati europeo sugli appalti pubblici
Codice appalti 2023: la clausola di revisione dei prezzi
Alcune delle novità previste dal nuovo Codice Appalti sono, poi, il frutto anche delle contingenze storiche del momento.
Tra queste rientra la disposizione sulla revisione dei prezzi. Il nuovo Codice appalti, infatti, prevede l’obbligo di inserimento delle clausole di revisione prezzi al verificarsi di una variazione del costo superiore alla soglia del 5% dell’importo del contratto e coprirà l’80% della variazione.
Codice appalti 2023: partenariato pubblico privato
Novità anche in materia di partenariato pubblico-privato (PPP), per il quale viene semplificato il quadro normativo, al fine di rendere più agevole la partecipazione degli investitori istituzionali alle gare per l’affidamento di progetti di PPP, ponendo l’accento sulla questione del “rischio operativo”.
D’ora in avanti, infatti, il nuovo Codice prevede l’adozione, da parte delle Pubbliche Amministrazioni, del “Programma triennale delle esigenze pubbliche idonee a essere soddisfatte attraverso forme di partenariato pubblico-privato”.
Per saperne di più sui PPP: ecco la Guida in 100 domande e risposte
Le altre novità del Codice appalti 2023
In attesa della pubblicazione in Gazzetta ufficiale del testo definitivo del Codice e dei suoi allegati, tra le altre novità degne di nota del nuovo Codice si segnala la qualificazione delle stazioni appaltanti che torna ad essere un obbligo esplicito, prevedendo delle soglie di gestione degli appalti in base alla qualificazione della Stazione.
Tra gli altri temi sottolineati dal MIT nella nota rilasciata all’indomani del voto in Consiglio dei ministri, c’è infine la “salvaguardia” per i prodotti italiani ed UE. “Tra i criteri di valutazione dell’offerta”, spiega infatti il ministero, “è previsto come premiale il valore percentuale dei prodotti originari italiani o dei paesi UE, rispetto al totale. Una tutela per le forniture italiane ed europee dalla concorrenza sleale di Paesi terzi”. La nota ministeriale sottolinea inoltre che “le stazioni appaltanti possono indicare anche i criteri di approvvigionamento dei materiali per rispondere ai più elevati standard di qualità. Tra i criteri premiali la valorizzazione delle imprese, che abbiano sede nel territorio interessato dall’opera”.
Foto di Ylanite Koppens