L'UE vuole comunità energetiche in ogni Comune con più di 10.000 abitanti
Le comunità energetiche sono una pedina importante della transizione verso l’energia pulita. Tra direttive e REPowerEU Bruxelles dà più spazio di quanto possa sembrare alle Energy Communities: non solo impone di creare almeno una comunità energetica in ogni Comune con più di 10.000 abitanti entro il 2025 ma indica le comunità di energia rinnovabile anche come strumento per realizzare edifici a zero emissioni.
Entro fine anno il lancio dell’Alleanza europea dell’industria solare fotovoltaica
A una prima lettura REPowerEU sembrerebbe dare spazio (quasi soltanto) alla diversificazione delle forniture energetiche e alle alternative al gas russo, dall’idrogeno verde al biometano. Si tratta in effetti di elementi fondamentali del piano UE da 300 miliardi ma non sono i soli.
Quel che forse è passata più in sordina è l’attenzione europea verso le energie rinnovabili, in particolare il focus sul solare fotovoltaico. Attenzione espressa dalla strategia UE per il solare che propone un mix di semplificazioni burocratiche, supporto agli investimenti e sviluppo di competenze avanzate per far crescere ancor di più il fotovoltaico. Obiettivo: avere tetti solari in tutta Europa nell’arco di pochissimi anni.
Nella strategia, così come nel resto di REPowerEU, un ruolo tutt’altro che secondario è svolto da un attore: le comunità energetiche.
Ma il piano per rendere l'UE indipendente dal gas russo non è l'unico strumento normativo a dare spazio alle comunità di energia rinnovabile. Entrano in gioco anche una serie di direttive chiave, dalla direttiva rinnovabili alla EPBD. Vediamo in che modo.
Le comunità energetiche in REPowerEU
Innanzitutto REPowerEU dà un’indicazione chiara: affinché le comunità energetiche rinnovabili si sviluppino davvero su tutto il territorio del Vecchio Continente occorre semplificare gli iter burocratici.
Nella “raccomandazione sull'accelerazione delle procedure autorizzative per i progetti di energia rinnovabile e sull'agevolazione degli accordi di compravendita di energia” (che accompagna REPowerEU) la Commissione invita i Paesi UE a stimolare la partecipazione dei cittadini (tutti i cittadini, incluse le famiglie a basso e medio reddito) e delle comunità energetiche ai progetti di energia rinnovabile. Come? Adottando misure volte a incoraggiare il trasferimento dei benefici della transizione energetica alle comunità locali.
Concretamente la Commissione chiede autorizzazioni più semplici per le comunità di energia rinnovabile, anche per la connessione alla rete degli impianti di proprietà delle CER, e di ridurre al minimo le procedure e gli obblighi per il rilascio delle licenze di produzione.
Obiettivo: una comunità energetica in ogni Comune con più di 10.000 abitanti
E’ principalmente la strategia UE per il solare a dare indicazioni sul futuro delle comunità energetiche in Europa. Futuro roseo se quanto previsto nel documento diventerà realtà.
Tra gli obiettivi indicati a chiare lettere nell’Iniziativa europea per i tetti solari, uno dei cardini della strategia, c’è quello di creare almeno una comunità energetica basata sulle rinnovabili in ogni comune con più di 10.000 abitanti entro il 2025.
Inoltre, Bruxelles intende garantire ai consumatori vulnerabili e in condizioni di povertà energetica l'accesso all'energia solare, grazie non solo alle comunità energetiche ma anche a impianti installati negli alloggi sociali o garantendo un sostegno finanziario per i singoli impianti fotovoltaici.
Cosa serve per centrare questo obiettivo?
Nella strategia UE per il solare Bruxelles non detta solo obblighi ma fornisce anche indicazioni per far sì che gli obiettivi ambiziosi non restino sulla carta.
Si fa presto a dire di voler diffondere le comunità energetiche rinnovabili a macchia d’olio sul territorio del Vecchio Continente. Servono però informazioni corrette e approfondite e incentivi adeguati affinché gli utenti siano spinti a trasformarsi da semplici consumatori di energia a prosumer.
I costi di investimento, il sostegno finanziario, l'aumento del valore degli immobili, le tariffe di rete, i profili di produzione e consumo e il ritorno sugli investimenti sono tutti fattori da tenere in considerazione affinché il passaggio da utente a prosumer si realizzi sul serio.
In primo luogo serve informare correttamente i cittadini dalla a alla z.
Gli sportelli unici negli Stati membri dovrebbero condividere le informazioni su tutti i fattori citati sopra e offrire ai cittadini consulenza mirata sulle misure di efficienza energetica e sui progetti di energia solare, dai requisiti tecnici all'iter amministrativo e alle misure di sostegno.
Parallelamente occorre progettare quadri di sostegno che diano sicurezze a coloro che decidono di investire nell'energia solare, nello stoccaggio di energia o nelle pompe di calore. Sostengo che, secondo Bruxelles, dovrebbe preferibilmente prevedere un periodo di ammortamento inferiore a 10 anni.
Gli ostacoli da superare
Le comunità energetiche - siano esse CER, vale a dire comunità energetiche rinnovabili, o comunità energetiche dei cittadini - devono ancora fare i conti con ostacoli importanti.
Le difficoltà nell'ottenere finanziamenti, nel districarsi tra le procedure per ottenere le autorizzazioni e i permessi o nello sviluppare modelli commerciali sostenibili, tanto per dirne alcune.
Inoltre, essendo spesso avviate da volontari, risentono della limitata disponibilità di tempo e della mancanza di accesso a competenze tecniche.
Come finanziare le comunità energetiche?
Per superare tali ostacoli occorre che entrino in gioco le autorità pubbliche. Gli Stati dovrebbero sostenere i partenariati tra autorità locali, comunità energetiche e gestori di alloggi di edilizia popolare per facilitare i programmi di autoconsumo collettivo e individuale.
Come? Nella strategia solare la Commissione suggerisce di ricorrere al prefinanziamento di quote di partecipazione alle comunità energetiche, a sistemi virtuali di misurazione del consumo netto (con contabilizzazione separata per il calcolo degli oneri di rete) o all'affitto di impianti solari fotovoltaici e per lo stoccaggio di energia, nonché di pompe di calore.
Inoltre gli Stati possono applicare aliquote IVA ridotte agli impianti di riscaldamento efficienti dal punto di vista energetico e a basse emissioni, compresi i pannelli solari, gli impianti solari di riscaldamento dell'acqua e le pompe di calore, nonché alle spese di ristrutturazione di alloggi sociali ed edifici residenziali.
Gli incentivi e le semplificazioni per le comunità energetiche
Occorre inoltre stabilire incentivi adeguati e adattare le prescrizioni amministrative alle caratteristiche delle comunità energetiche.
La Commissione suggerisce di optare per un programma integrato in tre fasi: imparare, pianificare, fare. Un programma che potrebbe aiutare le comunità energetiche a sviluppare le competenze tecniche indispensabili per garantirsi l'accesso ai finanziamenti.
E Bruxelles ricorda che le nuove regole sugli aiuti di stato per l’energia garantiscono una certa flessibilità per le comunità energetiche. E’ prevista, ad esempio, l'esenzione dall'obbligo di procedura di gara competitiva per i progetti di comunità di energia rinnovabile con una capacità installata pari o inferiore a 6 MW.
Infine, la Commissione suggerisce di optare per una ripartizione equilibrata di costi e benefici. Significa che oneri e dalle tariffe di rete non dovrebbero essere discriminatori.
In particolare, per quanto riguarda le tariffe di immissione in rete, gli Stati membri dovrebbero evitare trattamenti discriminatori tra i produttori connessi a livello di trasmissione e quelli connessi a livello di distribuzione, come ad esempio i prosumatori e le comunità energetiche. Le autorità dovrebbero consentire lo sviluppo di mercati locali dell'energia per diversificare le modalità di remunerazione dei prosumer, sulla base di accordi di condivisione dell'energia e di scambio fra pari.
Dal dire al fare: le iniziative europee per sostenere le comunità energetiche
Come sempre, quando Bruxelles fissa un obiettivo, soprattutto se si tratta di un obiettivo ambizioso, prepara il campo con una serie di iniziative per far sì che quell’obiettivo non resti sulla carta.
Per sostenere la diffusione delle comunità energetiche Bruxelles ha lanciato due iniziative che vale la pena citare.
La prima si chiama Energy Communities Repository, uno strumento per assistere gli attori locali (non solo autorità locali ma anche cittadini e imprese) nella creazione e nella promozione di comunità energetiche nelle aree urbane. Come? Fornendo assistenza tecnica sotto forma di tre tipologie di servizi:
- Raccolta e analisi dei dati: oltre ad analizzare le legislazioni nazionali, l’Energy Communities Repository fornisce orientamenti agli Stati membri, alle autorità di regolamentazione, ai responsabili politici europei e alle istituzioni finanziarie;
- Assistenza tecnica attraverso una serie di strumenti: gemellaggi online e attività di apprendimento tra pari, webinar e workshop;
- Migliori pratiche e Toolbox: attraverso il sito web dedicato, l'Energy Communities Repository metterà a disposizione le migliori pratiche in fatto di comunità energetiche, materiali di orientamento, un database di analisi delle politiche, una mappa delle comunità energetiche e un Helpdesk, ecc.
Se l’Energy Communities Repository guarda soprattutto alle aree urbane l’altro strumento messo a disposizione da Bruxelles punta a sviluppare comunità energetiche nelle campagne europee.
Si tratta del RECAH, acronimo di Rural Energy Community Advisory Hub, l’iniziativa della Commissione europea per potenziare lo sviluppo di progetti di comunità energetiche sostenibili nelle aree rurali del Vecchio Continente.
L'Advisory Hub supporta la comunità rurale e i progetti di transizione energetica per identificare le migliori pratiche, fornisce assistenza tecnica alle comunità energetiche rurali selezionate e offre opportunità di networking agli stakeholder locali. Attività condotte in tandem con la rete del Patto dei Sindaci dell'UE, la Rete Europea per lo Sviluppo Rurale e l'Energy Community Repository, altra iniziativa della Commissione Europea dedicata alle comunità energetiche.
Non solo REPowerEU: le comunità energetiche nelle direttive europee
Di comunità energetiche non si parla ovviamente solo in REPowerEU e nella strategia solare europea. Il ruolo chiave di tali soggetti è riconosciuto anche da una serie di direttive europee che meritano attenzione.
La prima è quella che in gergo tecnico si chiama EPBD. Acronimo di Energy Performance of Buildings Directive, la direttiva EPBD intende decarbonizzare l'edilizia europea realizzando un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050. Per farlo si punta su un ampio ventaglio di misure analizzate in modo approfondito in questo articolo.
Senza entrare nel merito delle singole misure oggetto di negoziato (e quindi suscettibili di modifiche) è utile comprendere quanto importante sia il ruolo delle comunità energetiche nella direttiva. La direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia, infatti, punta tutto (o quasi) sugli edifici a zero emissioni (zero-emission building - ZEB), descritti come un "edificio ad altissima prestazione energetica (...) nel quale il fabbisogno molto basso di energia è interamente coperto da fonti rinnovabili generate in loco da una comunità di energia rinnovabile (...) o da un sistema di teleriscaldamento e teleraffrescamento (...)".
"Esistono diverse possibilità per coprire, a partire dalle fonti rinnovabili, il fabbisogno energetico di un edificio efficiente: rinnovabili in loco con impianti solari termici o fotovoltaici, pompe di calore e biomassa, rinnovabili fornite dalle comunità dell'energia rinnovabile o dalle comunità energetiche dei cittadini, teleriscaldamento e teleraffrescamento alimentati da fonti rinnovabili o da calore di scarto", si legge nel testo della direttiva.
Le comunità energetiche sono ovviamente al centro di un'altra direttiva chiave, la RED, Renewable Energy Directive. In realtà già dall'attuale versione della direttiva, quella in vigore attualmente e trasposta nell'ordinamento italiano con il decreto 199/2021, le comunità energetiche occupano un ruolo di primissimo piano.
Nella revisione della direttiva rinnovabili il ruolo delle CER è praticamente dato per scontato e il testo si limita a fare proposte per il settore edilizio in grado di mettere al centro tali soggetti. La Commissione propone infatti di "introdurre nella disciplina nazionale in materia edilizia e, dove esistenti, nei regimi di sostegno, misure volte ad aumentare la quota di energia elettrica e di riscaldamento e raffrescamento da fonti rinnovabili nel parco immobiliare, anche tramite misure volte a incrementare l'autoconsumo, le comunità di energia rinnovabile e lo stoccaggio dell'energia a livello locale in combinazione con l'efficientamento energetico".
A chiudere il cerchio delle principali direttive europee che fanno risaltare l'importanza delle comunità energetiche c'è la cosiddetta EED, acronimo di Energy Efficiency Directive. Una volta concluso il processo di revisione, la direttiva alzerà l’asticella sull'efficienza energetica che l’UE dovrà raggiungere nei prossimi anni. E per farlo dovrà tra le altre cose considerare il ruolo determinante delle comunità energetiche.
"Tali comunità possono aiutare gli Stati membri a centrare gli obiettivi della presente direttiva migliorando l'efficienza energetica a livello locale o di nucleo familiare. Esse possono responsabilizzare e coinvolgere i consumatori e permettere a determinati gruppi di clienti civili, anche nelle zone rurali e remote, di partecipare a progetti e interventi connessi all'efficienza energetica. Le comunità energetiche possono contribuire a contrastare la povertà energetica agevolando i progetti di efficienza energetica, la diminuzione dei consumi di energia e la riduzione delle tariffe di fornitura", si legge nella direttiva.
Foto di Kindel Media