Convegno AIFI 2010: Private Equity e Venture Capital
L'AIFI, costituita nel maggio 1986 al fine di sviluppare, coordinare e rappresentare, in sede istituzionale, i soggetti attivi sul mercato italiano dell'investimento in capitale di rischio è un organizzazione stabile di istituzioni finanziarie che stabilmente e professionalmente effettuano investimenti in aziende, sotto forma di capitale di rischio, attraverso l'assunzione, la gestione e lo smobilizzo di partecipazioni prevalentemente in società non quotate.
Sono inoltre associati, in qualità di membri aderenti, associazioni, enti, istituti di ricerca, studi professionali, società di revisione e consulenza, interessati allo sviluppo del marcato italiano del capitale di rischio.
Il Private Equity e le Imprese dopo la crisi
I cambiamenti innescatisi con la crisi nel 2007, che si sono sviluppati nei due anni seguenti e hanno coinvolto l'economia globale, hanno anche notevolmente mutato lo scenario e le caratteristiche del mercato del private equity.
Si è passati da una situazione generale caratterizzata da credito a buon prezzo, livello della domanda in aumento, valutazioni alte, elevata dipendenza dall’utilizzo della leva e scenari di crescita a una situazione del tutto diversa, che si è distinta per stretta creditizia, contrazione della liquidità, decremento delle valutazioni, aspettative disattese e difficoltà di uscita dagli investimenti.
Lo stato attuale del mercato internazionale del private equity post-crisi è caratterizzato dai seguenti elementi:
- nel corso del 2009 la capacità di raccolta di nuovi fondi si è estremamente ridotta, presentandosi, con un valore complessivo pari a 245,6 miliardi di dollari, come la più bassa dal 2004;
- sul fronte degli investitori istituzionali, secondo un’analisi svolta a dicembre 2009, circa il 60% di un campione composto dai principali investitori internazionali dichiara di aver sottoscritto, nel 2009, almeno un nuovo impegno con un fondo di private equity, mentre il restante 40% non ha fatto nuove sottoscrizioni;
- con riferimento alla disponibilità ad acquisire nuovi impegni di investimento, solo poco più della metà degli investitori pensa di sottoscrivere un fondo nella prima metà del 2010 e il 16% pianifica di aspettare fino al secondo semestre; il 4%, al contrario, non investirà ancora sino al 2011 e un ulteriore 4% prevede di non investire per almeno due anni; un quarto degli investitori, infine, è insicuro sulla tempistica della prossima sottoscrizione;
- sempre con riferimento agli investitori, è comunque possibile evidenziare come ben nel 70% dei casi, la performance degli investimenti ha rispecchiato le aspettative ed il 7% le ha addirittura superate, mentre per il 23% il risultato atteso non è stato raggiunto;
- per quanto riguarda le caratteristiche strutturali dei fondi e sulle relative condizioni contrattuali, il cosiddetto paradigma 2-20 (2% di management fee e 20% di carried interest) sembra essere stato messo fortemente in dubbio e risulta sempre meno valido per i fondi di nuova costituzione. Lle statistiche più recenti indicano come, a fronte di un 40% del campione in cui la percentuale rimane ancorata al 2%, esista un 41% di fondi che hanno rivisto al ribasso le proprie commissioni di gestione;
- con riferimento agli investimenti, i dati mondiali presentano una drastica diminuzione rispetto agli anni precedenti, a causa dell’incertezza economica e della carenza di finanziamento bancario;
- per quanto concerne l’attività di disinvestimento, seppur con una disponibilità di informazioni molto più ridotta, è possibile affermare che le difficoltà di cessione delle partecipazioni rimangono per tutte le possibili categorie di exit;
- considerando le risorse disponibili, è possibile evidenziare come queste continuino a mantenersi su livelli significativi, seppur destinate a diminuire a causa della raccolta limitata e della minor presenza di investimenti in sindacato.
Nello specifico, gli obiettivi il cui raggiungimento può essere facilitato rafforzando il ricorso al capitale di rischio sono:
- la necessità di dare vita ad un contesto economico in cui imprenditori e imprese familiari possano sviluppare la loro attività;
- la necessità di aggiornare e implementare le competenze delle PMI ed ogni forma di innovazione;
- la necessità di aiutare le PMI a beneficiare delle opportunità offerte dal “Mercato unico” europeo e della spinta verso l’internazionalizzazione;
- la necessità, al fine del mantenimento della continuità aziendale, della base produttiva e di quella occupazionale, di garantire un adeguato supporto alle imprese in crisi.
- su iniziativa promossa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, si è affrontato il tema della creazione del Fondo per la patrimonializzazione delle piccole e medie imprese. E' stato suggerito di allocare le risorse seguendo la logica del “fondo di fondi” e del “fondo di coinvestimento”, abbandonando ogni ipotesi di investimento diretto nelle PMI che, data la grande dimensione dell’intervento, renderebbe impossibile la selezione delle iniziative secondo una logica di mercato.
A tale riguardo potrebbe rivelarsi utile lo studio di una struttura analoga a quella già proficuamente utilizzata nell’esperienza francese; - un altro tavolo di discussione aperto è quello relativo all’attuazione del Fondo per la Finanza d’Impresa, che ha avuto un lungo iter, a partire dalla sua istituzione nella Finanziaria per il 2007.A questo proposito, il meccanismo attuativo suggerito è, ancora una volta, quello del “fondo di fondi”, attraverso il quale la Pubblica Amministrazione mette a disposizione delle risorse che vengono assegnate in gestione, tramite un processo competitivo, a fondi di venture capital che devono raccogliere un ammontare di risorse almeno pari sul mercato privato:
- uno spunto interessante è rappresentato dalla recente attuazione del Fondo Nazionale per l’Innovazione, che destina 20 milioni di euro alla sottoscrizione di fondi mobiliari chiusi dedicati al finanziamento di progetti innovativi realizzati da piccole e medie imprese sul territorio nazionale e finalizzati allo sfruttamento economico di uno o più brevetti;
- interpretando l’utilizzo della leva fiscale come politica di incentivo all’investimento nel capitale di rischio, si dovrebbero anche introdurre agevolazioni fiscali a favore dei sottoscrittori dei fondi di venture capital, sulla scorta degli incentivi previsti dalle leggi francesi.
A tale fine, si potrebbe introdurre un regime di deducibilità dal reddito (o detraibilità dall’imposta sul reddito) per le persone fisiche, commisurata all’ammontare pari all’investimento in quote di fondi di venture capital dedicati alle imprese high tech; - si ribadisce l’importanza di introdurre delle procedure che facilitino l’intervento di operatori specializzati nella gestione di aziende in crisi, soprattutto nell’ambito dell’istituto della continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa, in un’ottica di salvaguardia del valore d’azienda e di sopravvivenza dell’impresa.