Piano Sud 2030: le misure dedicate ai giovani e alla formazione

Un Sud rivolto ai giovani Investire nel capitale umano, quindi nei giovani e nelle scuole. È questa una delle priorità assolute del Piano per il Mezzogiorno, presentato dal Governo lo scorso venerdì, che potrà contare su oltre 123 miliardi di euro fino al 2030.

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Il Piano per il Sud 2030 individua cinque grandi missioni nazionali della coesione su cui concentrare le risorse disponibili. Nello specifico il capitolo“Un Sud rivolto ai giovani” prevede, in sintesi, di investire su tutta la filiera dell’istruzione - a partire dalla lotta alla povertà educativa minorile - per rafforzare il capitale umano, ridurre le disuguaglianze e riattivare la mobilità sociale.

Sud giovani

Prima missione e Agenda ONU 2030

Conformemente al Green Deal europeo, la prima missione, come le altre quattro descritte nel Piano, guarderà all’Agenda ONU 2030 e ai suoi Obiettivi in modo interdipendente l’una dall’altra, al fine di evitare di produrre risultati che rispondono al raggiungimento solo di alcuni obiettivi, danneggiandone allo stesso tempo altri.

Per poter garantire uno sviluppo sostenibile, le misure rivolte ai giovani e al lavoro, quindi, incideranno fortemente sul Goal 4 (Istruzione di qualità), sul Goal 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica) e sul Goal 10 (Ridurre le disuguaglianze).

Le criticità del Sud

Uno dei punti da cui partire è la lotta alla povertà educativa minorile, legata a doppio filo alle scarse possibilità economiche, che interessa quasi 1,3 milioni di minori in povertà assoluta, di cui 500mila nel nostro Mezzogiorno.

Inoltre, emerge nelle regioni del Meridione una marcata divaricazione dei dati tra partecipazione all’istruzione secondaria e tassi di scolarizzazione. Sono ancora troppi i ragazzi del Sud che, pur accedendo alle scuole superiori, non completano il ciclo di studi, segno di un rilevante e persistente tasso di abbandono scolastico.

A questo divario quantitativo si combina con un divario qualitativo. Le indagini internazionali convergono nel mostrare un significativo ritardo degli studenti italiani nei livelli sia di conoscenza, sia di competenza, ovvero, nella capacità di utilizzare conoscenze e abilità in contesti specifici che caratterizzano le condizioni di vita odierne. Nell’indagine PISA-OCSE il Sud, pur con una significativa diversificazione interna, si colloca sistematicamente al di sotto della media italiana che, a sua volta, è intorno al ventesimo posto nell’Unione europea.

Pesa molto sui risultati in termini di apprendimento il contesto economico-sociale territoriale e il retroterra culturale familiare, fino ad alimentare il circolo vizioso della dispersione scolastica implicita. Si tratta della quota di studenti che, pur terminando il loro percorso scolastico, non raggiungono, nemmeno lontanamente, le competenze minime previste.

A questi fattori si aggiunge una grave inadeguatezza delle infrastrutture scolastiche del Sud, anche in termini di offerta di laboratori e attività extra didattiche, che continuano a rappresentare una priorità di investimento.

L’Italia è l’unico tra i principali paesi europei ad essere sensibilmente distante dal target Europa 2020 sull’istruzione terziaria: nel 2018 solo il 27,7% dei giovani (25-34 anni) aveva conseguito un titolo di studio terziario, a quasi 13 punti dal 40% previsto e raggiunto dalla media dell’Unione europea, con Grecia, Spagna, Francia e Regno Unito già al di sopra del target. Il dato territoriale conferma un divario persistente ed in aumento rispetto al decennio scorso tra il Sud e il resto del Paese, con il Centro-Nord che si attesta al 31,6% mentre il Mezzogiorno supera di poco il 20% (21,3%).

A questi dati preoccupanti si aggiungono quelli relativi al fenomeno della migrazione intellettuale dal Mezzogiorno. Tra il 2002 e il 2017 il meridione ha perso oltre 852 mila abitanti, di cui 612 mila giovani (15-34 anni) e 240.000 laureati. Questo deflusso di capitale umano dal Sud verso il Nord e verso l’estero va a compromettere le prospettive di crescita delle regioni meridionali e il ricambio della sua classe dirigente.

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Scuole aperte e edilizia scolastica

Per contrastare alcune delle principali criticità, il Governo pone tra i primi progetti a partire dal prossimo anno scolastico quello delle “scuole aperte tutto il giorno” con priorità per quei Comuni dove il tasso di dispersione scolastica è più alto.

Scuole aperte

 

La misura vuole garantire agli studenti la possibilità di colmare divari nelle competenze per la vita. Si propone, in tal senso, di ampliare l’offerta formativa pomeridiana, attraverso l’inserimento nei programmi di attività didattiche extracurricolari e laboratori di cultura della legalità; incrementare docenti e tutor, realizzare i laboratori necessari alle attività e/o ammodernarne la strumentazione.

Favorire l’apertura delle scuole in orario pomeridiano nel Sud Italia, inoltre, rafforza il ruolo della scuola come spazio di inclusione sociale e di condivisione culturale, per sottrarre i giovani alle influenze criminali in contesti ad alta densità mafiosa.

L’azione estenderà a tutte le regioni del Mezzogiorno le best practice dei programmi già attivati in: Campania (programma Scuola Viva), Puglia (programma Diritti a Scuola), Sardegna (programma Tutti a Iscol@).

Legato a doppio filo alla strategia “scuole aperte”, c’è il potenziamento dell’edilizia scolastica. L’azione prevede la pubblicazione di avvisi ministeriali relativi alla progettazione di interventi di riqualificazione, messa in sicurezza e adeguamento alla normativa antisismica delle scuole nelle Regioni del Mezzogiorno, nonché alla costruzione di nuove scuole e all’efficienza energetica.

Nello specifico, i risultati attesi sono:

  • un sostanziale avanzamento del livello progettuale degli interventi;
  • una maggiore celerità nella messa in sicurezza delle scuole e nell’adeguamento alla normativa antisismica;
  • il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici;
  • una maggiore facilità di accesso per le scuole alle risorse regionali e nazionali in materia di edilizia scolastica.

Contrasto a povertà educativa e divari territoriali nelle skill

Altri due ostacoli che si tenta di superare con le linee di intervento descritte nel Piano riguardano: la povertà educativa, soprattutto in aree di esclusione sociale e culturale particolarmente gravi; e i divari territoriali che si registrano tra Nord e Sud in relazione alle competenze degli studenti e ai loro esiti formativi ed educativi.

In merito al primo, la linea di intervento scelta prevede da un lato il consolidamento del ruolo del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, dall’altro la collaborazione tra Ministero dell’Istruzione, ACT e Fondazioni di origine bancaria per l’attivazione di bandi destinati a ragazzi di diverse fasce di età e finalizzati alla rimozione dei limiti di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori.

Si prevede, in particolare, l’attivazione di nuove reti formative e educative da parte degli attori presenti sul territorio (privato sociale, servizi sociali, tribunale per i minori, forze dell’ordine, artigiani, operatori delle produzioni e dei servizi, parrocchie, centri dell’aggregazione giovanile e solidale, centri sportivi, associazionismo e volontariato).

Quanto al secondo ostacolo, relativo alla lotta alla dispersione scolastica implicita, gli interventi saranno concentrati su quattro aree fondamentali: competenze chiave; apprendimento; variabilità dei risultati; “effetto scuola” (le qualità delle competenze degli studenti al netto dei fattori che non dipendono dalla scuola).

L’azione, coordinata dal Ministero dell’Istruzione, in collaborazione con gli uffici scolastici regionali, gli enti territoriali e gli enti di ricerca, è rivolta in prima battuta a 520 scuole della Campania e della Sicilia che, in base ai risultati delle prove Invalsi integrati da altri dati raccolti a livello centrale, si trovano in una 30 situazione di operatività particolarmente problematica. Successivamente, anche con il contributo delle politiche di coesione europee, potrà incidere su tutte le otto regioni del Mezzogiorno.

Estensione No Tax area e attrazione dei ricercatori

Introdotta dallo Student Act, il pacchetto di misure contenute nella scorsa legge di bilancio, la no tax area permette a chi ha un ISEE sotto i 13mila euro di non pagare l'iscrizione all'università, mentre agevola tasse e iscrizione per chi ha un ISEE fino a 30mila euro.

Questo beneficio, in linea con la prospettiva di rafforzare il diritto allo studio e di riduzione del divario di accesso all’università fra atenei del Centro-Nord e quelli del Mezzogiorno, viene esteso attraverso la concessione di un contributo straordinario.

Il bonus consentirebbe di allargare lo spazio di esenzione fiscale, compensando i mancati introiti con il rafforzamento del contributo per non penalizzare le capacità finanziarie e operative delle università.

Un’altra azione sempre a sostegno delle realtà universitarie meridionali riguarda l’impegno nel contrattualizzare i giovani dottori di ricerca attualmente operanti fuori dalle regioni meno sviluppate, con titolo conseguito da non più di otto anni e che abbiano già conseguito un’esperienza almeno biennale presso altri atenei, enti di ricerca o imprese, con sede operativa all’estero.

La misura, che riprende l’Asse I “Investimenti in Capitale Umano” del PON Ricerca e Innovazione 2014- 2020, sarà realizzata attraverso un bando dedicato.

> Consulta il Piano Sud 2030