EU Funding Forum: le priorità della nuova Commissione su energia e infrastrutture
La transizione verde, nel rispetto della tutela della competitività dell’industria europea, sarà al centro del prossimo bilancio dell’UE (2028-2034). Per realizzare questo cambio di paradigma a favore di decarbonizzazione e rafforzamento dell’industria, occorre impegnare risorse in molti capitoli di spesa, da quella stanziata con i Fondi Strutturali e con lo sviluppo rurale, alle risorse destinate (per lo più tramite Horizon Europe) all’innovazione tecnologica, agli investimenti nelle infrastrutture, finanziate principalmente attraverso programmi come il Connecting Europe Facility (CEF) e InvestEU.
Per approfondire l’evento di FASI sull’IA nell’ambito dell’EU Funding Forum
Sono questi i temi che sono stati trattati nel corso dell’evento “Energia, Ambiente e Infrastrutture”, organizzato a Roma il 28 febbraio dalle istituzioni europee e FASI nell’ambito dell’EU Funding Forum.
La conferenza, suddivisa in un panel dedicato all’energia e un altro incentrato sulle infrastrutture, ha visto la partecipazione di diversi stakeholder, con l’obiettivo di discutere il loro punto di vista sulle priorità della futura programmazione di Bruxelles, in vista dell’imminente negoziato che la nuova Commissione Europea si appresta ad avviare.
In tale contesto, come sottolineato in apertura dell’evento da Vittorio Calaprice, analista politico della rappresentanza italiana della Commissione UE, “per individuare le caratteristiche della riforma del budget e delle strategie europee che verranno attuate nell’ambito del prossimo Quadro Finanziario Pluriennale, è necessario porre l’attenzione tanto all’aspetto regolamentare quanto a quello degli investimenti”.
Priorità e sfide del settore energetico dell’UE
In linea con la Bussola per la competitività presentata a fine gennaio e con il Clean Industrial Deal (reso disponibile lo scorso 26 febbraio), le priorità della nuova Commissione si basano principalmente su tre pilastri: innovazione, sostenibilità e sicurezza. Ce n’è poi anche un quarto, quello della semplificazione normativa, attuato tramite l’adozione del Pacchetto Omnibus.
“Il Clean Industrial Deal e in particolare l’Action Plan on Affordable Energy sono cruciali per i prossimi cinque anni di lavoro della Commissione nell’ambito del settore energetico”, ha sottolineato Claudia Canevari, capo dell'unità “Efficienza energetica” della DG Energia. “Un piano che introdurrà nei prossimi mesi iniziative importanti come il Piano d’Azione per l’Elettrificazione e una Strategia per il Riscaldamento e il Raffreddamento”.
Sul piano degli investimenti, ha aggiunto Canevari, il piano d’azione promuoverà un contratto tripartito per l’energia accessibile tra governi, produttori di energia e industrie consumatrici, che dovrebbe favorire la disponibilità di capitale privato. Il primo incontro di questa partnership avverrà il prossimo 20 maggio, quando verrà approvato il piano di lavoro dell’accordo tripartito. Relativamente al capitale pubblico, invece, la Commissione continuerà ad erogare risorse destinate al settore delle energie rinnovabili, delle reti elettriche e dell’efficienza energetica attraverso strumenti quali i PNRR (l’UE prevede infatti 67 obiettivi su energia e ambiente da raggiungere entro il 31 dicembre 2025), o il Connecting Europe Facility o, ancora LIFE Clean Energy Transition (dedicato a investimenti più piccoli di efficienza energetica e di rinnovabili su piccola scala).
Com’è naturale che sia, le priorità energetiche del Governo italiano coincidono con quelle della Commissione, soprattutto in termini di interventi previsti per contrastare i costi dell’energia (Dl bollette) e l’implementazione di tecnologie innovative. “In Italia, un ruolo di primo piano lo giocano i fondi PNRR. Basti pensare che per l’economia circolare il governo sta finanziando più di 1.100 progetti per la gestione dei rifiuti (in linea con la Strategia Nazionale per l’Economia Circolare)”, ha spiegato Fabrizio Penna, capo dipartimento dell’Unità di missione per il PNRR. “Tuttavia”, ha precisato Penna, “per far sì che gli obiettivi del Piano siano effettivamente raggiunti è necessario rimodulare alcune misure previste dal PNRR stesso. Soprattutto in ambito energetico, infatti, alcune misure stentano a decollare. Un esempio è costituito dai bandi PNRR per le colonnine di ricarica elettrica, che non sta producendo i risultati attesi a causa dello stato di incertezza in cui versa il settore automotive.
Per migliorare la capacità di assorbimento della spesa PNRR dell’Italia, secondo Giulia Monteleone, direttrice del Dipartimento ENEA di Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili, è necessario anzitutto creare massa critica facendo formazione e sensibilizzazione sui temi della transizione energetica, “un concetto così ampio che include così tante innovazioni (colonnine, idrogeno sostenibile, rinnovabili, e-fuels e altro) che può creare un po’ di confusione. Tanto più in un contesto come quello italiano, costituito per lo più da PMI, che non sono in grado di rispondere alle opportunità di Bruxelles, inclusa la partecipazione a bandi o la capacità di accogliere un determinato trasferimento tecnologico, con la stessa rapidità delle aziende più strutturate”.
A sostegno del tessuto industriale italiano ci sono però realtà come Confindustria Energia, portavoce delle esigenze delle imprese del settore. Secondo l’associazione, come evidenziato da Modestino Colarusso, Direttore Generale di Confindustria Energia, oltre a coniugare competitività e decarbonizzazione, il prossimo bilancio dell’UE deve prevedere di trovare un equilibrio anche tra sicurezza e equità sociale. “In generale”, ha commentato Colarusso, “la Commissione dovrebbe seguire un approccio basato sulla sostenibilità integrata, che contempli non solo quella ambientale, ma anche quella economica e sociale. Queste priorità vanno implementate con una certa rapidità, in un contesto geopolitico turbolento a causa delle crisi e degli aspetti commerciali (si pensi ai dazi USA e all’ascesa della Cina)”. Un cambio di paradigma è, secondo il direttore generale, necessario anche per via degli errori che la stessa Europa ha compiuto nel passato sulle scelte strategiche legate alla transizione energetica e climatica, “un approccio troppo spesso ideologico, rigido e anche monotecnologico, che ha creato in modo strutturale dei freni alla competitività industriale dell’UE, aumentando la dipendenza energetica, provocando l’aumento dei costi dell’energia e limitando la capacità dell’Unione di occupare una posizione più di rilievo nella corsa globale all’approvvigionamento di materie prime critiche. Nel suo ultimo intervento al Parlamento, Draghi ha ribadito l’essenzialità di agire in fretta per tutelare la competitività europea, per scongiurare il rischio di perdere la battaglia con USA e Cina”.
Un’altra associazione rilevante nel contesto energetico italiano è ANIE Rinnovabili, il cui presidente, Andrea Cristini, ha introdotto un altro concetto cruciale per affrontare le sfide dei prossimi anni: la necessità non tanto di “semplificare quanto di fare ordine nella normativa a livello europeo e nazionale e di implementare una pianificazione completa”. In Italia, un provvedimento che va in questa direzione è il Testo Unico Rinnovabili, che potrebbe consentire di evitare situazioni come quelle che si sono create con la Regione Sardegna, che si è (temporaneamente) opposta con la sua Legge Aree Idonee per le FER allo sviluppo delle rinnovabili nella Regione, bloccando diversi fondi PNRR che sarebbero stati disponibili per il territorio.
L’importanza di interventi sulle infrastrutture nel prossimo bilancio europeo
Come anticipato, altra questione centrale nell’ambito del prossimo Quadro Finanziario Pluriennale dell’UE, è quella legata allo sviluppo delle infrastrutture, cui è stato dedicato il secondo panel dell’evento. Il tema, infatti, incrocia tutte le priorità strategiche della Commissione, compresa l’attuazione della transizione green e la tutela della competitività delle imprese.
I principali strumenti europei a sostegno delle infrastrutture sono la politica di coesione, il fondo per la competitività e il CEF. Nell’ultima programmazione, inoltre, la Commissione ha previsto un’iniezione di risorse senza precedenti attraverso NextGenerationEU e il Recovery and Resilience Facility (RRF) e, come evidenziato da Francesco Tufarelli - Direttore Generale dell’Ufficio per il Coordinamento delle Politiche dell’Unione europea nell’ambito del Dipartimento per le Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri - molti di questi fondi sono andati a favore di opere infrastrutturali. “Avere delle infrastrutture più solide, infatti, può consentire all'Europa di raggiungere una maggiore autonomia strategica”.
Mamone Capria: il ruolo delle Rinnovabili Offshore
Sul piano nazionale, tra gli interventi più rilevanti nel settore delle infrastrutture vi sono quelli legati alle rinnovabili offshore. “In particolare, tra gli strumenti importanti di incentivazione per questo tipo di rinnovabili che caratterizzano oggi il nostro Paese figura il FER 2”, ha sottolineato da Fulvio Mamone Capria, Presidente e Consigliere delegato AERO presso AERO Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore. Un’altra iniziativa rilevante citata da Mamone Capria riguarda l’individuazione dei porti strategici (che verrà comunicata nei prossimi giorni) “per implementare le rinnovabili in mare”. L’Italia, infatti, è un Paese con 8.000 km di coste e, pertanto, deve necessariamente sfruttare l’enorme potenziale naturale di cui gode, anche e soprattutto per colmare il gap maturato nei confronti di molti Paesi nordeuropei, che sono attivi nel settore delle rinnovabili marine offshore già da 30 anni. “Così facendo, inoltre, il nostro Paese contribuirebbe in modo sostanziale all’obiettivo dell’UE di realizzare almeno 61 GW di eolico offshore entro il 2030”, ha aggiunto l’esperto.
Tuttavia, per cogliere appieno questo potenziale, il Governo deve intervenire tempestivamente su un tema fondamentale: il permitting e l’accelerazione dei processi autorizzativi per tutte le energie rinnovabili.
Montanino: come massimizzare l’impatto della spesa pubblica dell’UE utilizzando gli strumenti finanziari
Secondo Andrea Montanino, Chief Economist di CDP, per fare in modo che le risorse messe a disposizione da Bruxelles per le infrastrutture siano ben spese, occorre intervenire su tre azioni prioritarie. In primo luogo, “è necessario prevedere a livello europeo strumenti finanziari che mettano insieme in modo sistematico sovvenzioni (grants) e finanziamenti di debito e di equity, nell’ambito di tutti i programmi UE". Uno degli elementi del Rapporto Letta è che ci sono diverse centinaia di miliardi di euro di risorse di risparmio UE che non vengono investiti in Europa. E ciò è vero soprattutto per i progetti infrastrutturali, che hanno rendimenti di lungo termine e che però si prestano benissimo a strumenti di finanza blending.
In secondo luogo, serve un maggiore utilizzo delle National Promotional Banks, come Cassa Depositi e Prestiti. Queste entità, infatti, conoscono le esigenze specifiche dei territori, hanno un approccio a lungo termine, nonché competenze finanziarie adeguate a gestire i progetti. “Nel bilancio 2021-2027 dell’UE, CDP ha gestito circa un miliardo di euro, ma il potenziale è molto maggiore. Le National Promotional Banks andrebbero maggiormente coinvolte da Bruxelles”, ha ribadito Montanino.
Infine, l’ultima linea d’azione fondamentale è la semplificazione, che la Commissione sta già mettendo in atto, che permette di “razionalizzare gli strumenti finanziari a disposizione”.
Mazzarella: acqua, ambiente ed energia, infrastrutture essenziali per diversi settori
Acqua, ambiente e energia sono infrastrutture abilitanti per tante filiere produttive e contribuiscono fortemente alla creazione di valore aggiunto. “Tali infrastrutture, tra l’altro, rappresentano un paio di punti percentuali di PIL”, ha precisato Francesca Mazzarella, direttrice di Utilitatis (fondazione che svolge attività di ricerca nei settori dell'energia, dell'ambiente e dell'acqua).
Relativamente all’aspetto normativo, come riferito dall’esperta, il settore dell’energia è ormai regolato da tempo, mentre quello dell’acqua ha ricevuto una maggiore maturità normativa negli ultimi 10 anni e quello dell’ambiente nell’ultimo quinquennio. Questo aspetto non è banale, perché una maggiore stabilità normativa assicura la possibilità di ricevere più investimenti istituzionali e privati di lungo termine.
In particolare, in riferimento al tema idrico, Mazzarella ha evidenziato anche come, rispetto agli altri Paesi UE, l’Italia abbia destinato al settore acqua una percentuale di fondi molto più alta, “dal momento che il nostro Paese è particolarmente vulnerabile a causa della dilagante scarsità idrica e degli eventi estremi che hanno un forte impatto sul ciclo idrogeologico”. In tale contesto, sul piano nazionale sarà fondamentale l’attuazione del Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico che, adottato lo scorso anno, interviene in particolar modo sulla parte upstream della filiera per aumentare la disponibilità della risorsa.
A livello UE, invece, un ruolo di primo piano lo giocherà la Strategia europea per la resilienza idrica, su cui la Commissione ha lanciato una consultazione a inizio febbraio, al fine di ricevere il parere degli stakeholder prima di proseguire con l’implementazione di un piano d’azione concreto.