Aumentano i finanziamenti BEI per la coesione, ma servono più investimenti sociali

BEI - Photo credit: © EIB - Photographer: Oscar RomeroIn linea con il suo Orientamento alla coesione 2021-2027, la BEI ha aumentato i suoi finanziamenti a supporto della riduzione dei divari territoriali tra le regioni europee, con l'Italia quarto beneficiario dopo Francia, Spagna e Polonia. Uno sforzo che dovrà proseguire anche in futuro, per assicurare alle regioni meno sviluppate risorse adeguate per gli investimenti sociali e in connettività fisica e digitale.

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Nel 2021 la Banca europea per gli investimenti ha adottato un Orientamento alla coesione per il periodo 2021-2027, con il quale si è posta l'obiettivo di portare al 45% del totale la quota di finanziamenti concessi alle regioni della coesione entro il 2025 e di destinare la metà di questo importo, il 23%, alle regioni meno sviluppate.

Target già superati in base alla relazione “EIB Group activities in EU cohesion regions 2023”, con 36,2 miliardi di euro impegnati per le regioni della coesione dal gruppo BEI, corrispondenti al 47% del totale dei prestiti e degli investimenti realizzati nel corso dello scorso anno, e 29,8 miliardi di euro, pari al 45,1% degli impegni di finanziamento totali nell'UE, da parte della sola Banca europea per gli investimenti. Si tratta del livello più elevato di finanziamenti per la coesione mai raggiunto dal gruppo in 65 anni di storia, con una forte connotazione in favore dell'azione per il clima e della sostenibilità ambientale, cui è andato il 60% degli impegni complessivi.

In testa alla classifica dei beneficiari dei finanziamenti BEI 2023 ci sono Francia, Spagna e Polonia. Subito dopo il podio, l'Italia, che ha ottenuto finanziamenti per 4,1 miliardi di euro, prossima ai 4,2 miliardi della Polonia, mentre la Francia ha ricevuto un totale di 5,8 miliardi di euro e la Spagna 4,9 miliardi di euro.

Anche con riferimento al FEI, su 6,8 miliardi di impegni per le regioni della coesione, pari al 49% del totale destinato nel 2023 all'UE, principalmente attraverso garanzie di credito, capitale di rischio e investimenti in private equity, l'Italia rientra tra i maggiori beneficiari, dopo Romania, Bulgaria, Polonia e Francia.

Il gruppo non opera, però, solo attraverso finanziamenti e altre forme di investimento finanziario. "Due terzi dei nostri servizi di consulenza si rivolgono alle regioni della coesione, fornendo un ampio sostegno adeguato alle esigenze delle autorità pubbliche, delle istituzioni finanziarie e dei promotori dei progetti", ha sottolineato il vicepresidente della BEI, Kyriacos Kakouris.

Investimenti sociali e in connettività per sbloccare il potenziale delle regioni in ritardo di sviluppo

La relazione BEI guarda però anche al futuro e, in linea con la Nona Relazione sulla coesione della Commissione europea, rileva la necessità di investire maggiormente nelle aree che registrano più ampi gap di finanziamento.

A fronte di un generale successo del processo di convergenza a livello dell’UE, la BEI rileva infatti una forte eterogeneità a livello regionale, con crescenti disparità in termini di competitività strutturale, livelli di benessere, di inclusione sociale e di partecipazione al mercato del lavoro, che richiedono investimenti per la produttività, per lo sviluppo regionale e per le pari opportunità in tutta l’Unione europea, con focus sugli investimenti per la connettività fisica e digitale e sugli investimenti sociali.

Questi investimenti - sia quelli infrastrutturali che quelli sociali, ad esempio in competenze, alloggi, servizi pubblici di qualità, ecc – sono fondamentali anche per superare gli ostacoli alla mobilità delle persone, per attrarre e trattenere talenti nei territori meno sviluppati e per sbloccare il potenziale occupazionale delle regioni della coesione. Un tema fondamentale per il Mezzogiorno l'Italia, dove al crollo demografico si combina un'emorragia incessante di capitale umano, con più di 2,5 milioni di persone che, secondo l'ultimo rapporto Svimez, hanno lasciato il Sud tra il 2002 e il 2021 e 808 mila under 35, di cui 263 mila laureati, migrati verso il Centro-Nord.

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