Politica Coesione post 2020 – le richieste delle Regioni

Fondi europeiLa Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha condiviso una posizione sulla Politica di Coesione nel Quadro finanziario pluriennale 2021-2027. Dai tassi di cofinanziamento alla condizionalità macroeconomica, tutte le richieste sul futuro dei fondi strutturali europei.

La proposta della Commissione per la Politica di Coesione post 2020

Il documento è stato inviato dal presidente Stefano Bonaccini alla ministra per il Sud, Barbara Lezzi, al ministro per gli Affari regionali, Erika Stefani, e al ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Enzo Moavero Milanesi, affinché il Governo ne tenga conto nel rappresentare la posizione italiana nel negoziato sul bilancio UE post 2020.

Aumentare il coinvolgimento delle Regioni

Una serie di punti riassumono la posizione della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome sull'impianto generale della Politica di Coesione 2021-2027.

Il documento chiede di rafforzare il ruolo delle amministrazioni territoriali nella gestione dei Programmi cofinanziati dai fondi strutturali europei, con un approccio place-based coerente con i principi della sussidiarietà, della governance multilivello e del partenariato.

In quest'ottica, le Regioni chiedono di essere coinvolte già nella fase di definizione dell’Accordo di Partenariato tra Commissione UE e Stato membro e di avere un ruolo riconosciuto all'interno del Regolamento contenente le disposizioni comuni (Common Provisions Regulation – CPR) e dei Regolamenti specifici di ciascun fondo.

A proposito del Regolamento CPR, la Conferenza ribadisce che la necessità di includere il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) all'interno del perimetro delle disposizioni comuni, come sollecitato anche dal Parlamento europeo, per assicurare una gestione integrata dei fondi strutturali e di investimento europei. Anche il nuovo Fondo sociale europeo Plus (FSE+) dovrebbe essere chiaramente collocato all'interno della Politica di Coesione, come strumento a sostegno degli investimenti nel capitale umano e per l’inclusione sociale.

La disciplina della Politica di Coesione dovrebbe inoltre garantire maggiore attenzione alle aree urbane e alle Regioni che presentano svantaggi naturali o demografici permanenti, quali quelle insulari, transfrontaliere e di montagna, e contribuire alla riduzione degli oneri amministrativi, in particolare di quelli collegati alla normativa in materia di aiuti di Stato.

Il documento chiede di autorizzare gli aiuti di Stato direttamente all’atto dell’approvazione dei POR e di semplificare la definizione di impresa in difficoltà per rendere più agevole la predisposizione degli strumenti di controllo a livello centrale e, di conseguenza, anche la messa a disposizione alle Autorità di gestione.

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Confermare i livelli di cofinanziamento UE

Il documento si oppone alla riduzione dei tassi di cofinanziamento UE, che dovrebbero essere mantenuti ai livelli attuali, quindi:

  • 85% per le Regioni meno sviluppate e per quelle ultraperiferiche, nonché per il Fondo di Coesione e l'obiettivo della Cooperazione territoriale europea (CTE),
  • 70% per le Regioni in transizione,
  • 50% per le Regioni più sviluppate.

Il FSE+ dovrebbe inoltre poter contare su risorse aggiuntive, dal momento che il nuovo strumento ingloba altri programmi, compresa l'Iniziativa per l’occupazione giovanile cui è destinata una dotazione specifica nell'attuale programmazione.

Posizione contraria sul massimale di 5 milioni di euro per l'IVA, che rischia di rendere il sostegno della Politica di Coesione meno interessante per la realizzazione di progetti infrastrutturali di grandi dimensioni.

No alla condizionalità macroeconomica rafforzata

Il documento delinea poi anche l'approccio strategico della futura Politica di Coesione, attraverso una serie di principi chiave.

Anzitutto adeguatezza e certezza delle risorse per tutto il settennato, stabilendo le dotazioni finanziarie anche per il 2026-2027.

Poi garanzia del principio della “territorialità delle risorse” in relazione al trasferimento tra differenti fondi strutturali o dalla Politica di Coesione al nuovo programma InvestEU.

In merito al collegamento con il Semestre europeo, le Regioni si oppongono alla nuova macrocondizionalità economica proposta dalla Commissione europea e in generale chiedono che la Politica di Coesione mantenga una propria autonomia nel rispondere alle esigenze territoriali, che le Raccomandazioni per Paese di Bruxelles dovrebbero tenere in conto. “Si può sostenere l’approccio alla concentrazione tematica, ma rimarcando l’esigenza di maggiore flessibilità e sottolineando che le scelte di concentrazione dovrebbero prioritariamente avvenire sulla base dei bisogni di sviluppo e di crescita dei territori”, si legge nel documento.

Infine, più chiarezza sui livelli amministrativi responsabili dell'assolvimento delle nuove condizioni abilitanti, le condizionalità ex ante, soprattutto con riferimento a quelle attinenti a materie di competenza statale.

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Cofinanziamento nazionale fuori dal Patto di Stabilità

Tra le priorità per le Regioni vi è l'esclusione del cofinanziamento regionale e statale dei fondi europei dai vincoli di bilancio, per assicurare la continuità della principale politica di investimento dell’Unione.

Il documento chiede anche di aumentare il tasso di prefinanziamento, portandolo da un pagamento annuale proposto dello 0,5% in media ad almeno il 2%, e di mantenere l'attuale regola n+3, per evitare la sovrapposizione tra la chiusura dell'attuale periodo di programmazione e il primo obiettivo n+2 della programmazione 2021-2027, o almeno di rendere graduale il ritorno all’n+2.

Nella gestione dei fondi UE, inoltre, occorre assicurare le sinergie tra i Programmi Operativi Regionali (POR) e quelli Nazionali (PON), che dovrebbero essere previsti solo quando strettamente necessari per raggiungere gli obiettivi.

Tra le richieste anche l'aumento dei tassi di finanziamento previsti per l’assistenza tecnica FESR, la riduzione dei tempi per l’approvazione delle modifiche ai Programmi, la reintroduzione della possibilità di reimpiego delle risorse restituite dagli strumenti finanziari anche per finanziare altre forme di sostegno.

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