Global Outlook IAI - piano Juncker strategia claudicante

JunckerIl piano Juncker parte con il freno tirato. E la Commissione europea si muove verso un progressivo abbandono di Europa 2020. E’ quanto emerge dal Global Outlook 2015 dell'Istituto Affari internazionali (IAI).

L’Europa rischia un passaggio a vuoto. E’ quanto viene fuori dalla lettura del Global Outlook 2015 dell’Istituto affari internazionali, appena presentato a Roma. E’ soprattutto il piano Juncker a generare dubbi: il programma appare claudicante e le prime trattative con imprese e paesi membri non stanno dando riscontri positivi. A questo, poi, bisogna aggiungere la frenata su Europa 2020, che sta andando verso un progressivo accantonamento.

Il cambio di passo della Commissione

A parlare della ricerca è il direttore Andrea Renda, che parte dall’impostazione della Commissione Juncker. “La nuova Commissione sembra avere cambiato direzione rispetto alla Commissione Barroso. Ha centralizzato le decisioni e si è data cinque punti prioritari, producendo un piano di lavoro per il 2015 che, per la prima volta, contiene più tagli di legislazione che nuove iniziative”. Si tratta, in sostanza, di un approccio minimalista. “Per alcuni la Commissione è più vicina agli Stati membri, per altri è più pragmatica”.

Europa 2020 in frenata

In concreto, questa premessa viene declinata soprattutto su due piani. Il primo è quello di Europa 2020, la strategia di crescita varata nel 2010 dall’Ue. “La revisione della strategia Europa 2020 è stata accantonata. Questo dipende dal fatto che siamo arrivati a questa fase con un certo di affaticamento, perché alcuni degli obiettivi della strategia non sono più validi, alcuni addirittura non lo sono mai stati”. Nella sostanza, Europa 2020 sta viaggiando a grandi passi verso un progressivo abbandono.

Le mosse necessarie

Le politiche di crescita, per il futuro, secondo il rapporto dovrebbero essere intrecciate al tema della finanza pubblica. “L’aspetto micro e quello macroeconomico devono viaggiare insieme. Se un paese chiede flessibilità, lo deve fare dimostrando con analisi di impatto che quelle riforme che sta attuando sono necessarie per raggiungere gli obiettivi di fine decennio. Altrimenti, ci troveremo sempre di fronte a paesi che propongono riforme ma che poi non le implementano”.

Il piano Juncker

Il secondo tema rilevante è quello del piano Juncker. “Questo piano - dice Renda - è affidato a una formula acrobatica. Ci sono 21 miliardi di euro di fondi non nuovi della Commissione, come Horizon 2020, che dovranno essere trasformati in 315 miliardi di contributo agli investimenti”. Un mese fa il presidente dalla Commissione Jean Claude Juncker “ha dichiarato che il primo round di consultazioni non è andato bene con imprese e Paesi membri. Forse, allora, non possiamo essere molto ottimisti”. La strategia, allora, appare oggi un pochino claudicante. “Se mettiamo insieme l’abbandono di Europa 2020 e i problemi del piano Juncker forse c’è da essere preoccupati”.

Novità sulla politica industriale

Anche perché le prossime azioni della Commissione non lasciano spazio all’ottimismo, almeno per l’Italia. “La Commissione sta per pubblicare una comunicazione che rilancia la strategia Industria 4.0, che è ritagliata sulla leadership tedesca, non sulle nostre Pmi”. Questo documento, cioè, sarà ispirato a un piano tedesco che mira a produrre investimenti per prepararsi alla rivoluzione industriale prodotta da internet nei prossimi anni, ma che rischia di privilegiare le grandi imprese.   

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