Fondi Ue: Commissaria Creţu, tolleranza zero sulle frodi
“Non voglio sentire che una Pmi europea non intende più avvalersi del supporto delle nostre politiche, perché le trova troppo lunghe, burocratiche o scomode”. Così la commissaria per la Politica regionale Corina Creţu, in un’intervista con Fasi.biz.
Creţu spiega in che modo sta affrontando alcuni nodi gordiani come la carenza generale di investimenti privati, la promozione delle partnership tra sistema pubblico e privato e l’annoso ritardo nella spesa dei fondi di alcune regioni italiane. Inoltre, secondo la commissaria, la semplificazione deve accompagnarsi a una gestione amministrativa e finanziaria incisiva e alla tolleranza zero nei confronti delle frodi.
Commissaria Creţu, quali sono le priorità del suo mandato?
La mia prima priorità consiste nell’assicurare il successo dei negoziati sui programmi operativi che determineranno gli investimenti pubblici europei nei prossimi sette anni, in particolare in quei paesi e in quelle regioni che ne hanno più bisogno. Voglio lavorare insieme agli stati membri, al Consiglio e al Parlamento europeo per affrontare la questione delle diseguaglianze crescenti tra i paesi e tra le regioni. Per riuscirci, dobbiamo assicurarci che gli accordi di partenariato adottati e i programmi abbiano un impatto sostanziale e rapido sulla crescita degli stati membri. Inoltre, dobbiamo proporre delle modalità per promuovere la spesa dei fondi europei disponibili e di aiutare gli stati membri che hanno mostrato le maggiori difficoltà, rispetto ad altri, in quest’ambito.
Nondimeno, sono convinta che la capacità istituzionale e la buona governance siano alla base di ogni intervento per lo sviluppo di successo. Questo è più importante delle risorse finanziarie ed è un requisito basilare, affinché le nostre politiche vadano in porto. E’ per questo che sto pianificando di mobilitare l’assistenza tecnica e il supporto istituzionale per facilitare l’emergere di buoni progetti, compresa la promozione di una vasta diffusione di pratiche di buona politica, la collaborazione interregionale e l'elaborazione di progetti adeguati. “Last but not least”, abbiamo bisogno di una maggiore semplificazione, pur preservando una gestione amministrativa e finanziaria incisiva, e di tolleranza zero nei confronti delle frodi.
So quanto è difficile circoscrivere questo cerchio, ma non voglio sentire che una Pmi europea non vuole più avvalersi del supporto delle nostre politiche, perché le trova troppo lunghe, burocratiche o scomode.
Stiamo assistendo a una carenza generale di investimenti privati in Europa. In che modo le politiche di coesione dell’Ue possono intervenire?
Negli ultimi anni abbiamo osservato un drammatico declino degli investimenti privati: nel secondo quadrimestre del 2014, gli investimenti complessivi sono stati inferiori del 15% rispetto allo stesso periodo del 2007.
La nuova Commissione è pronta ad affrontare questa sfida enorme con un approccio che si fonda su tre pilastri:
- riforme strutturali per porre l’Europa su un nuovo percorso di crescita;
- responsabilità fiscale per ristabilire la correttezza delle finanze pubbliche e rafforzare la stabilità finanziaria.
- Infine, un nuovo piano di investimenti per far ripartire la crescita e mantenerla costante nel tempo. Il bilancio delle politiche di coesione, all’interno del bilancio europeo, gioca un ruolo nell’attrazione degli investimenti privati.
Gli stati membri e le autorità regionali dovrebbero utilizzare i fondi europei a loro disposizione nel miglior modo possibile per supportare gli investimenti, incentrandosi sulle aree chiave e massimizzando gli effetti di ogni euro investito. Ciò implica un maggiore ricorso a strumenti finanziari come i prestiti, l’equity e le garanzie, anziché i tradizionali finanziamenti.
Nel contesto del Piano di investimenti, l’obiettivo minimo è raddoppiare l’uso di strumenti finanziari innovativi dei fondi strutturali europei strutturali e di investimento per il periodo 2014-20. L’ulteriore ricorso a questi strumenti innovativi, al posto dei finanziamenti, dovrebbe creare una leva finanziaria ulteriore su ogni euro stanziato.
Alcune regioni italiane sono rimaste indietro nella spesa dei fondi. Secondo lei saranno in grado di rispettare le scadenze per il periodo di programmazione 2007-2013? Ci sono margini per uno slittamento della deadline, al fine di evitare il rischio di disimpegno?
Uno dei miei primi atti da Commissario per le politiche regionali ha fatto sì che la direzione per le politiche regionali fosse formata per creare una task force interna, in grado di affrontare il tema della spesa del fondi di sviluppo regionale in alcuni stati membri, nella programmazione 2007-2013. Questa struttura opera all’interno della DG Regio per individuare diverse possibilità.
L’intenzione è discutere il tutto rapidamente con gli stati membri coinvolti, ivi compresa l’Italia. Questi programmi termineranno alla fine del 2015 e l’obiettivo della task force è di trovare il modo di accelerare l’uso dei fondi residui prima di questa data, ma anche di individuare le sfide a lungo termine, per evitare che i programmi per il periodo 2014-20 siano attuati troppo lentamente. La capacità amministrativa è uno degli elementi chiave della nuova politica di Coesione.
Cosa sta facendo l’Unione europea per supportare le amministrazioni nazionali e regionali?
Il problema del basso livello di spesa è legato anche alla debolezza strutturale nell’amministrazione dei fondi europei e ha bisogno di essere trattato in modo più sistematico e incisivo. Per questo motivo, nel novembre 2012 è stata istituita un’unità chiamata “Centro di competenza per la capacity building amministrativa”. Una delle sue missioni è fornire assistenza alle autorità di gestione negli stati membri sulle questioni più critiche, che riguardano la performance della gestione dei fondi.
Le difficoltà nella capacità amministrativa possono essere affrontate utilizzando l’assistenza tecnica sui fondi (sia per il sistema di “core management”, che per i beneficiari). Uno degli obiettivi chiave di questa unità è assicurare che il budget per l’assistenza tecnica sia programmato in base a una forte logica di intervento.
Le regioni italiane rimaste indietro faranno in tempo in tempo a vincere la sfida della nuova programmazione?
Finora alcune regioni, come la Campania, la Calabria e la Sicilia, non sono state in grado di gestire correttamente e completamente i fondi allocati. Questo è evidente se guardiamo ai programmi per il 2007-2013, che rientrano tra quelli più in ritardo di tutta l’Unione europea, nonostante la Commissione abbia stabilito di aumentare il tasso di cofinanziamento dell’Ue dal 50 al 75%
Per questo condivido completamente la decisione del governo italiano di limitare il cofinanziamento nazionale per queste regioni al minimo richiesto dalle leggi, al fine di ridurre il rischio che questi seri problemi di spesa inferiore alla media e le irregolarità si manifestino con la stessa entità, nel periodo 2014-2020.
Qual è il ruolo della partnerships pubblico-privato nel nuovo settennato?
Sono consapevole del ruolo che le "public-private partnerships" possono giocare nel rispondere ai bisogni di investimento nell’Ue. Nel periodo di programmazione iniziato, la combinazione dei fondi privati con i fondi strutturali e di investimento attraverso i progetti è incoraggiata, nel solco della lunga esperienza nei progetti misti che si sono avvalsi, per l’appunto, di entrambi gli strumenti.
L'attuale regolamento con le disposizioni comuni per i fondi contiene delle opzioni rafforzate e una maggiore chiarezza nelle regole per il finanziamento dei progetti legati a "public-private partnerships". Tuttavia, la scelta di avvalersi di queste partnerships nell'ambito dei fondi europei e di sviluppo attiene agli stati membri, piuttosto che alla Commissione.