Materie prime: Brasile, un partner strategico per le imprese italiane
Le esportazioni hanno permesso all’economia brasiliana di conoscere una fase duratura di solida crescita, che si è trasmessa anche alla domanda interna, rendendolo uno dei mercati a più elevata potenzialità di sviluppo. In questo contesto, per le imprese italiane esiste un variegato mix di possibilità per poter sfruttare sia l’elevata disponibilità di materie prime cruciali per la nostra industria sia per entrare con maggior vigore nel mercato brasiliano (e in quelli sudamericani in genere), che dopo essersi sviluppato per la domanda di beni intermedi e strumentali appare ora sempre più rilevante anche per quelli destinati al consumo delle famiglie. Il rilevante impatto dei costi di trasporto su merci a basso valore unitario e la distanza geografica dall’Italia pongono però dei limiti alle possibilità di un approvvigionamento più consistente e più fluido dal Brasile, mentre le possibilità di insediare nel paese unità produttive e logistiche (peraltro già intrapresa con successo da molte imprese italiane, soprattutto nella filiera meccanica e dei mezzi di trasporto) appare maggiormente praticabile per ottenere un maggior radicamento sui mercati del continente americano.
Nonostante la forte crescita economica che ha in parte coinciso con il governo di Luiz Inacio Lula, appaiono ancora ampie le possibilità di ulteriore espansione, che potrebbero portare a un maggior assorbimento interno delle materie prime presenti e, di conseguenza, a una minor disponibilità di merci da destinare all’export, in particolare per le materie prime destinate alla lavorazione del legno e della carta. Sia nel caso di un’intensificazione delle relazioni commerciali tra Italia e Brasile, sia in quello di maggiori e più complesse relazioni di tipo industriale, appare però cruciale l’instaurazione di canali privilegiati di collaborazione tra i due paesi. Tuttavia, la rilevanza economica dei possibili vantaggi reciproci derivanti da queste strategie politico-economiche è tale da consigliare all’Italia e agli altri paesi europei un’unione delle proprie forze e l’adozione di strategie comuni, al fine di evitare "l'avanzata asiatica".
Sebbene i beni intermedi e le materie prime costituiscano poco più della metà delle esportazioni brasiliane, lo sviluppo dell’industria locale, anche grazie all’ingresso di crescenti investimenti esteri, ha portato anche alcuni comparti manifatturieri a rivestire un ruolo di primo piano nell’offerta brasiliana destinata ai mercati internazionali, in particolare nei beni tradizionali del Made in Italy e nei mezzi di trasporto. La patria di Jorge Amado si configura quindi come un classico esempio di economia emergente, in cui all’attivo commerciale assicurato dalla consistente presenza di materie prime si sta affiancando una crescente specializzazione produttiva, in particolare lungo le filiere meccanica (destinata prevalentemente all’industria dei mezzi di trasporto) e agroalimentare (che assicura quasi il 70% dell’attivo commerciale).
Gli unici comparti in cui persiste un deficit commerciale sono quello energetico (in cui l’aumento delle esportazioni non è riuscito a controbilanciare le maggiori importazioni per soddisfare il crescente fabbisogno interno di energia), chimico ed elettronico. La strategia di crescita del Brasile nella rete degli scambi internazionali ha seguito essenzialmente due vie: da un lato, la maggior integrazione all’interno del continente americano (verso cui destina oltre il 40% del proprio export, ricavandone quasi la metà del proprio attivo commerciale) e, dall’altro, lo sviluppo di nuove relazioni commerciali con altre aree emergenti, come la Russia, il Nord Africa e Medio Oriente. Questo ha determinato un ridimensionamento del peso dell’Europa Occidentale, sceso al 22% dal quasi 30% di un decennio prima, verso cui è comunque passato da una posizione di deficit a una significativamente in attivo. E’ invece rimasto stabile il peso dell’area asiatica sulle esportazioni brasiliane, ma all’interno di questa regione si è assistito alla sostituzione del Giappone con la Cina come principale partner.
Con l’unica eccezione della Germania, il Brasile presenti un saldo commerciale in attivo con tutti i paesi, anche quelli, come Italia, Argentina, in cui partiva da posizioni di deficit. Considerando l’elevata complessità della rete degli scambi internazionali che interessa il Brasile, può essere utile analizzare la composizione del suo saldo commerciale incrociando il dettaglio settoriale con quello geografico, in modo da evidenziare in quali ambiti il Brasile svolge prevalentemente il ruolo di fornitore e in quali, invece, quello di mercato di sbocco. Grazie alla forza dell’alimentare, il Made in Italy porta al Brasile un saldo attivo.
Saldi di segno negativo emergono solo per i beni di consumo del sistema moda e i manufatti vari del sistema casa nei confronti di quel "battitore libero" che è la Cina. Come in gran parte dei mercati mondiali, il colosso asiatico sta velocemente guadagnando quote di mercato provocando una maggior apertura del paese al commercio internazionale, di cui potranno beneficiare anche i concorrenti più industrializzati una volta che si saranno sviluppate adeguate strutture logistiche e distributive.
In campo elettromeccanico, gran parte del deficit accumulato dal Brasile è imputabile alle importazioni dall’Europa Occidentale, in particolare nella meccanica da Germania e Italia. Significativi risultano anche i flussi di prodotti elettrotecnici dall’Asia.
Infine, nelle materie prime il ruolo del comparto agricolo assicura al Brasile importanti poste in attivo della bilancia commerciale verso l’Asia e l’Europa Occidentale, anche se è da segnalare il deficit accumulato in questo comparto nei confronti dell’Argentina. La domanda di fonti energetiche è invece soddisfatta prevalentemente attraverso le importazioni dagli Altri paesi, in particolare quelli dell’Africa sub-sahariana. Dalle analisi effettuate è emerso il ruolo dell’Italia come fornitore del Brasile nella filiera meccanica e in quella dei mezzi di trasporto (in particolare nella componentistica), mentre, come mercato di destinazione, sono rilevanti i casi dei beni intermedi e delle materie prime. Molto significativi, inoltre, i flussi di pelli e concia, il cui peso all’interno del Made in Italy tradizionale è superiore a quello dei prodotti alimentari trasformati e che rappresentano circa il 40% dell’attivo commerciale del paese nei nostri confronti.
In conclusione, in questo inizio secolo caratterizzato dalla dirompente crescita dell'economia cinese, l'Italia può e deve puntare adi intensificare accordi con paesi come il Brasile o - sempre secondo le stime dell''Ice - come l'Ucraina per recuperare importanti quote di mercato e uscire indenne dalla sfida globale.
(Alessandra Flora)