Riduzioni di CO2 del 30% entro il 2020: Bruxelles ci ripensa
Una diminuzione delle emissioni di CO2 del 30% entro il 2020 rientra tra i “desiderata” di Bruxelles, ma per motivi politici, che si assommano alla crisi economica mondiale, i tempi non appaiono maturi per un passo così impegnativo. Lo studio di fattibilità della Commissione pubblicato ieri e trasmesso alle altre istituzioni europee spiega infatti che l’obiettivo del 30% costerebbe all’UE 81 miliardi di euro, cioè 33 miliardi (pari allo 0,2% del PIL) in più rispetto alla stima attuale del costo per il conseguimento dell’obiettivo del 20%.
La commissaria-pasionaria per la Climate Action, Connie Hedegaard, ha affermato che, pur rappresentando un obiettivo cruciale, si tratta di una decisione politica che “i responsabili dell’UE dovranno prendere al momento giusto e nelle condizioni opportune”.
Le aspirazioni dei leader europei si scontrano quindi con la dura realtà e con l’impossibilità, almeno per il momento, di trovare un accordo con le potenze emergenti (ed inquinanti) come Stati Uniti, Cina e India. Nondimeno l’impatto della recessione è stato forte anche sull’Emission Trading System (il famoso ETS): andare oltre la soglia del 20% rappresenterebbe una forzatura e significherebbe un sacrificio troppo grande per l’industria europea. La comunicazione, in ogni caso, ha prospettato una serie di opzioni per il conseguimento dell’obiettivo del 30% nell’ambito del sistema UE-ETS.
Per capirne di più è necessario fare un passo indietro. La Commissione Europea ha presentato lo scorso 26 maggio un’analisi dei costi, dei benefici e delle possibili opzioni per portare dal 20 al 30% l’obiettivo di ridurre, a determinate condizioni, le emissioni di gas serra dell’UE rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020. Tra il 2005 e il 2008 le emissioni sono state già ridotte di una percentuale compresa tra il 7% e il 10% rispetto ai livelli del 1990, ma la crisi economica ha rallentato questo processo. Nel 2009 è stata raggiunta una diminuzione del 14%.
Dal 2008 i costi assoluti per raggiungere entro il 2020 l’obiettivo del 20% sono scesi da 70 a 48 miliardi di euro (pari allo 0,32% del PIL) l’anno. Ciò è dovuto a diversi fattori: il rallentamento della crescita economica ha ridotto le emissioni e l’aumento dei prezzi dell’energia ha stimolato l’efficienza energetica e ridotto la domanda di energia; inoltre il prezzo delle emissioni di Co2 è sceso al di sotto del livello previsto nel 2008 a causa del riporto delle quote UE-ETS non utilizzate nel periodo di recessione. Nel contempo, però, la riduzione dei costi assoluti avviene nel contesto di una crisi economica che ha notevolmente ridotto la capacità degli imprenditori di reperire gli investimenti necessari per innovarsi a breve termine.
L’analisi della Commissione ha suscitato gli apprezzamenti del vicepresidente della Commissione con delega alle Imprese, Antonio Tajani: “al momento attuale non esistono le condizioni necessarie per andare unilateralmente oltre l'obiettivo del 20%. La Commissione, inoltre, con questo documento sceglie di impegnarsi contro la delocalizzazione dell'industria europea: rimane, infatti, in vigore il sistema di allocazione gratuita delle quote di emissione di CO2. C'é di più: la tassa carbone alle frontiere resta, inoltre, una delle opzioni giuridicamente possibili nel caso di passaggio al 30%".