Le vestigia della Cassa del Mezzogiorno
Non tutti, all’interno della maggioranza, concordano sull’eventualità di riproporre, seppur in forme diverse, un ente che per quasi quarant’anni ha gestito i capitali pubblici nel Meridione. Ma i nodi potranno essere sciolti soltanto con la ripresa dell’attività parlamentare.
C’è chi stoppa la proposta in modo preventivo, come il ministro per la Semplificazione, il leghista Roberto Calderoli: “Io non voglio una nuova cassa del Mezzogiorno. Con una nuova coperta che si tira a Nord e Sud si va alla spaccatura dell'Italia”. Secondo il ministro della Semplificazione normativa, una nuova struttura “sarebbe preda della lottizzazione politica, o geografica. Inaccettabile in un paese dove chi chiede soldi non è in grado di spendere quelli che ha. Peggio: non sa neppure di averli. Una follia”.
Ma c’è anche chi, come Maurizio Gasparri, numero uno dei senatori del Popolo della Libertà, alla definizione di Cassa, preferisce quella di Agenzia. “Semmai - precisa Gasparri in una nota - riteniamo utile un punto di raccordo snello e agile, una sorta di agenzia con il compito di evitare duplicazioni di spese, sprechi, ritardi, mancati usi di fondi europei, inadempienze delle regioni che soprattutto in luoghi come la Puglia, la Calabria, la Campania presentano una gestione disastrosa”.
Ma quali sembianze assumerebbe questa nuova agenzia per il Mezzogiorno? A descriverla, per grandi linee, alle agenzie è il vice capogruppo dei deputati del Pdl attestata a Palazzo Chigi, Italo Bocchino: “Dovrebbe accorpare le varie strutture statali che operano nel Mezzogiorno e con funzioni di dialogo e di coordinamento con gli Enti locali per lo sviluppo delle politiche del Mezzogiorno”. E’ quanto propongono i gruppi parlamentari del PdL in un documento presentato in una conferenza al Senato. “Non la riesumazione della vecchia Cassa per il Mezzogiorno - ha spiegato Bocchino - che non pochi meriti pure ha avuto almeno nei suoi primi anni. ma uno strumento votato alla semplificazione burocratica e soprattutto in grado di accelerare dal lato della spesa per investimenti”.
Si schiera sul fronte dei contrari il candidato alla segreteria del Pd, Pier Luigi Bersani, “Al Sud non servono nuovi carrozzoni o enti clientelari. Se “si vuole ragionare seriamente” per affrontare la questione Mezzogiorno “dovremmo preservare un po' di risorse per acqua, energia, telecomunicazioni e destinare una quota di investimenti alle infrastrutture”. Continua Bersani: “Bisogna semplicemente chiamare il 118 quando qualcuno, contemporaneamente, predica il federalismo e propone un istituto centralizzato come la Cassa. Evidentemente Tremonti sa poco e inventa l'acqua calda. Se vogliamo discutere di piani nazionali, siamo pronti. Ma per carità, senza più creare carrozzoni o enti clientelari”.
Scettico anche il commento del governatore dell'Emilia Romagna e presidente della conferenza delle regioni Vasco Errani, protagonista nelle ultime ore dello strappo con il governo sulle trattative sul fondo sociale. “Bisogna che il governo sia chiaro: che significa una nuova Cassa del Mezzogiorno o una banca del Mezzogiorno? Per fare cosa, a chi risponde, con quali risorse? Altrimenti vuol dire che si lanciano solo slogan, e intanto si accentrano i pochi fondi disponibili”.
Di certo non basterà cambiare nome alla vecchia cassa che ha chiuso i battenti nel 1993. La parola cassa oggi ci ricorda troppo l’immagine del bancomat. Non avrebbe senso riproporre un’agenzia di stampo assistenzialistico come quella nata per volere di Alcide De Gasperi negli anni Cinquanta con l’esigenza di intervenire sull’emergenza economica post-bellica.
(Alessandra Flora)