Banche: aperto il dibattito sulle nazionalizzazioni
“In alcuni paesi, la decisione di arrivare a nazionalizzare le banche è migliore del prestare soldi alle banche, se poi queste non fanno il loro dovere, finanziando le imprese”. Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, sottolineando che “il nostro sistema bancario è molto solido. Le nostre banche non sono state coinvolte nell'avventura dei titoli tossici”.
Anche il titolare dell’Eliseo, Nicolas Sarkozy, esprime dubbi sulla nazionalizzazione delle banche in Francia, vista l’esperienza poco edificante del Credit Lyonnais. Sarkozy si definisce cauto sull'ipotesi di nazionalizzazione: al contrario sarebbe preferibile rafforzare il capitale delle banche e fornire loro garanzie.
“La nazionalizzazione delle banche americane andava fatta prima”. E' lapidario il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, nel dare un giudizio sul possibile ingresso dello Stato nel gruppo bancario Citigroup, studiato dall’amministrazione Obama. “Forse era meglio nazionalizzare le banche ex ante”, ha spiegato Tremonti nel corso di un convegno sulla globalizzazione. Secondo il ministro ci sarebbe voluto “coraggio” e questo "avrebbe dato un effetto di fiducia e sarebbe costato molto meno". Il numero uno di via XX Settembre ha infine sottolineato che non tutto è perduto perché dall'attuale crisi “emergeranno delle opportunità” e ci sarà “una spinta ad una rivoluzione industriale”. Il ministro ha poi aggiunto che sorgerà “un mondo scientificamente più sviluppato, diverso e rinforzato da nuove tecnologie. E' finito il mondo convinto di creare felicità e ricchezza a mezzo del debito, la ricchezza si crea con il lavoro”.
La possibilità della nazionalizzazione delle banche in crisi non è un'ipotesi da scartare completamente a priori: al di là delle indiscrezioni, questo punto sarà chiarito mercoledì 25 febbraio nella prossima riunione della Commissione europea. La Germania ha già fatto la sua scelta: la nazionalizzazione dell'istituto di credito tedesco Hypo Real Estate è l'unica soluzione, secondo la cancelliera tedesca Angela Merkel.
Per il momento Bruxelles si è limitata ad accettare, ai sensi delle norme in materia di aiuti di Stato previste dal trattato CE, alcune modifiche al regime italiano di ricapitalizzazione approvato dalla Commissione il 23 dicembre 2008. Su questo punto Neelie Kroes, commissario responsabile per la concorrenza, ha dichiarato: "Le autorità italiane hanno chiesto il permesso di modificare l'impianto del loro regime per renderlo più interessante per le banche sane che intendono utilizzare capitali statali soltanto per un periodo molto breve. Il regime modificato garantisce una remunerazione adeguata per lo Stato ed incoraggia l'uscita anticipata ed è altresì in linea con le norme UE". Potranno beneficiare della ricapitalizzazione solo banche giudicate fondamentalmente solide sulla base del loro livello di spread sui contratti di credit default swap, del rating loro attribuito e dell'ulteriore valutazione effettuata dalla Banca d'Italia.
Nel frattempo Eurolandia comincia a mostrare “i primi segni di una flessione del credito” che, se dovessero consolidarsi, potrebbero precipitare il sistema bancario, già in grave tensione, in una spirale negativa. Ad affermarlo, in un discorso ufficiale a Parigi, è il presidente della Banca Centrale Europea, Jean-Claude Trichet. La riforma del quadro regolatorio e di supervisione a livello europeo ed internazionale dovrebbe sostanzialmente consolidare la stabilità del sistema finanziario globale. Il sistema deve rafforzarsi e difendersi con le sue proprie forze. Questa la ricetta proposta da Jean-Claude Trichet: sostenibilità a lungo termine, migliore capacità di recupero ed una prospettiva “olistica”. L’Unione Europea ha l’opportunità di attuare un grande cambiamento istituzionale. Può adattare la cornice di supervisione al nuovo orizzonte finanziario, riflettendo l’aumento dell’integrazione finanziaria degli ultimi anni. Questa può essere una delle chiavi di lettura emerse dalla crisi finanziaria. Francoforte è pronta ad assumersi nuove responsabilità che gli Stati membri vorranno affidarle, nel rispetto del Trattato.
(Alessandra Flora)