Contributi all'editoria: ecco i nuovi criteri
Fasi.biz anticipa i contenuti del pacchetto di riforme dei sussidi all’editoria che sta per approdare al prossimo consiglio dei ministri dell’11 maggio. Una parte del corpus normativo, che porta la firma del sottosegretario Paolo Peluffo, sarà inserita in un decreto legge, mentre la vera e propria riforma del settore passa per un disegno di legge delega. Il confronto con le parti sociali è stato piuttosto limitato: finora il governo ha reso noto alla Federazione Nazionale della Stampa (FNSI) il testo delle linee guida senza però avviare un confronto aperto con il sindacato dei giornalisti.
Le novità:
- Contributi in base ai giornalisti assunti e alle copie effettivamente vendute
Cambiano i parametri per i requisiti dell’accesso ai sussidi statali. Con le nuove norme l’occupazione giornalistica appare, almeno negli intenti, maggiormente tutelata, in quanto diviene uno dei criteri fondanti per l’erogazione dei contributi a una testata. Per ogni contratto giornalistico pagato dall'impresa editoriale è previsto un plafond di 120 mila euro lordi l’anno, mentre per ogni poligrafico assunto (in entrambi i casi a tempo indeterminato), sono stanziati 50 mila euro lordi.
Viene stabilita, inoltre, la soglia minima di 5 dipendenti, di cui almeno 3 giornalisti reali con contributi regolarmente versati.
Sul fronte delle testate nazionali è necessario che sia venduto almeno il 25% delle copie distribuite, quota che sale al 35% nel caso delle testate locali. Così si supererebbe il paradosso che si è verificato finora, cioè quello dei fondi commisurati in base al numero di copie stampate.
Si prevede di erogare un contributo di 20-25 centesimi per copia nazionale venduta, 15-20 centesimi per ogni copia venduta a livello locale e di 35 centesimi per i periodici, con un plafond di 3 milioni di euro per testata. Nessun giornale, comunque, potrà percepire più di tale cifra, mentre attualmente si possono raggiungere anche i 6-7 milioni di euro.
Limitazioni i arrivo per i giornali minori venduti al prezzo di uno con la modalità del “panino” (un esempio per tutti il Corriere Mercantile, venduto in allegato al quotidiano La Stampa, che funziona da “companatico”): per continuare a beneficiare delle provvidenze, queste pubblicazioni dovranno essere vendute a prezzo maggiorato.
Infine, addio ai finanziamenti se il giornale è venduto tramite “strillonaggio”, una modalità non certificabile (vedi L’Avanti di Lavitola). Mentre la norma attualmente in vigore considera ammissibile al finanziamento una percentuale di copie vendute attraverso gli strilloni, in futuro sulle copie vendute con questa modalità non si potranno più percepire soldi pubblici.
- Giornali di partito
Gli stessi criteri sopraindicati valgono anche per i giornali legati ai partiti politici. Avranno accesso ai finanziamenti solo gli organi di stampa che rappresentano un gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere, o almeno due rappresentanti del Parlamento europeo. Avranno parimenti accesso alle sovvenzioni anche i giornali espressione delle minoranze linguistiche riconosciute dalla legge. Una norma difficilmente interpretabile (almeno fino a quando non sarà disponibile il testo di legge definitivo), che potrebbe cambiare l’attuale panorama della stampa politica.
L’Unità e il Secolo XIX ad esempio, non sono più espressione di un partito e quindi sarebbero tagliati fuori. Inoltre, salta il meccanismo del contributo di base.
I giornali di partito potranno continuare a percepire i contributi anche se pubblicano online, ma solo se la redazione è composta da giornalisti e se le pubblicazioni hanno almeno quattro pagine.
- Editoria online
I contributi si rivolgono alla platea che già in passato li percepiva per il cartaceo e sono pari al 70% dei costi sostenuti dall'impresa. Il problema è che ne potranno beneficiare i quotidiani che decidono di spostarsi anche su Internet (vedi il caso di Liberazione) e non i nuovi operatori. Questi ultimi dovranno attendere la riforma contenuta nel disegno di legge delega. Inoltre i quotidiani online dovranno rispettare la cadenza delle 240 pubblicazioni annuali o le 18 uscite quindicinali.
Il giudizio della Federazione Nazionale della Stampa
Ai microfoni di Fasi.biz Franco Siddi, segretario FNSI rivela: “Alla luce delle linee guida che ci sono stati presentate, ci sembra che si vada verso una maggiore trasparenza dell’intervento statale e di una valorizzazione, già iniziata con il regolamento Bonaiuti, dell’apporto giornalistico. Riteniamo che i giornali non debbano accedere ai contributi se non vi lavorano dei giornalisti.
Le libere posizioni espresse sono una cosa diversa rispetto all’informazione professionale e pluralista. Quindi no ai finanziamenti a pioggia, sì ai finanziamenti selettivi. Tuttavia riteniamo insufficiente l’intervento finanziario. C’è il rischio che diverse testate debbano rivedere il loro impianto organizzativo, ridurre le loro dimensioni e quindi anche il numero di giornalisti occupati. Il governo quindi da un lato aumenta la trasparenza, ma dall’altro riduce la spesa pubblica. In un periodo di crisi economica come questo è anche comprensibile, ma bisognerà valutare bene l’impatto di queste norme e avere la capacità, durante l’iter legislativo del provvedimento, di accogliere suggerimenti e proposte correttive. Ad esempio, non si possono applicare gli stessi criteri alle pubblicazioni di tipo commerciale e ai giornali delle minoranze e delle comunità all’estero. Per queste ultime dovrebbe essere inserito un contributo minimo di base, visto il ruolo sociale svolto da questo tipo testate.
Infine, per le testate online bisogna fare chiarezza: se le redazioni sono prive di giornalisti, non si possono erogare i contributi. Il nostro unico motivo di allarme è l’occupazione. Le agenzie dovranno essere chiamate a una sfida maggiore sulla qualità, ma allo stesso tempo non bisogna tagliare le convenzioni pubbliche che permettono loro di andare avanti. Le agenzie oggi hanno un ruolo importante, al pari dei quotidiani”.
Il commento del senatore del PD Vincenzo Vita
Intervistato da Fasi.biz, il senatore del Partito Democratico Vincenzo Vita afferma: “Il pacchetto editoria rappresenta un passo avanti rispetto al passato, è certamente più rigoroso nei criteri di assegnazione delle provvidenze. Tuttavia, il governo avrebbe potuto dimostrare maggiore coraggio nel favorire le nuove realtà imprenditoriali online. Per il momento, infatti, i contributi riguardano solo gli operatori della carta stampata che vogliono trasferirsi sul Web. Da questo punto di vista la riforma si limita a fotografare l’esistente”.