Voucher occupazione: quando hanno natura reddituale?
L'Agenzia delle Entrate ha fornito istruzioni e chiarimenti in merito ai casi in cui i voucher di conciliazione previsti dal Programma operativo regionale e attribuiti tramite le stesse Province, rappresentino reddito imponibile e i casi invece in cui non siano tassabili. I voucher di conciliazione sono titoli di spesa a sostegno dell’occupazione, favorendo appunto la “conciliazione” tra esigenze lavorative e private attraverso la risoluzione di problemi di ordine pratico ed economico, spesso a carico delle donne, relativi, per esempio, all'assistenza o alla cura della famiglia, di anziani, figli piccoli, malati gravi o cronici, disabili.
In altri termini tali contributi, aiutando i beneficiari nella gestione di particolari situazioni private da strutture o figure esterne, dandogli così modo di frequentare corsi di formazione professionale o di avviamento all’occupazione, ne facilitano l’inserimento o il reinserimento nel mondo del lavoro, nonostante le difficoltà familiari.
Per poterne usufruire, i soggetti beneficiari devono mantenere il posto di lavoro per la durata del contratto o per tutto il periodo di pagamento del bonus, oppure, devono far si che che il periodo di formazione abbia determinato effettivamente un avanzamento occupazionale.
Il valore massimo del titolo è di 1.000 euro al mese per non più di 12 mesi precedenti l’inserimento o reinserimento lavorativo, prorogabili al massimo per i 12 mesi successivi all’inserimento, oppure, sempre per un periodo massimo di 12 mesi in caso di immediato inserimento lavorativo.
Sono previste due diverse modalità di utilizzo del voucher:
- può essere assegnato direttamente alla persona che, producendo adeguata documentazione, potrà chiedere il rimborso delle spese sostenute per la acquisizione diretta di servizi alla persona (ad esempio: baby sitter, badante);
- può essere utilizzato dalla persona per usufruire dei servizi di assistenza resi da strutture inserite in un apposito catalogo provinciale; in questo caso la spesa è liquidata direttamente alle struttura previa verifica dell’effettivo utilizzo del servizio da parte del beneficiario del voucher.
Sono finanziati in parte dal Fondo sociale europeo e in parte da fondi regionali e nazionali.
Sulla base di quanto detto, la Provincia istante ritiene che i predetti titoli di spesa, sia se assegnati direttamente al beneficiario, sia se corrisposti al fornitore per il pagamento del servizio usufruito dal beneficiario, non abbiano natura retributiva né di compenso e, pertanto, non possono essere riconducibili ad alcuna delle categorie reddituali previste dall’art. 6, comma 1, del TUIR e non sono assoggettate alle ritenute fiscali di cui al DPR 600/1973.
L'Agenzia delle Entrate, nel fornire il suo parere a riguardo, chiarisce che:
- le somme rimborsate direttamente al fruitore del servizio non costituiscono, per tale soggetto, la qualifica di compensi per l’attività formativa o di avviamento al lavoro, né sono riconducibili alle ipotesi reddituali previste dall’art. 6 del TUIR; conseguentemente non vanno assoggettate, ai fini IRPEF, alle ritenute di cui al DPR 600 del 1973;
- le somme liquidate al soggetto che eroga il servizio assumono invece qualifica reddituale, in quanto compensi per l'attività resa, e devono pertanto essere assoggettate a tassazione, quali redditi di lavoro autonomo o d’impresa, a seconda dell’attività esercitata dal soggetto cui dette somme vengono liquidate.