PNRR, Fitto: Governo riferirà alle Camere. La strategia per salvare il Piano e le aperture di Bruxelles
Alla luce dei dubbi crescenti intorno al futuro del Recovery, il ministro responsabile del Piano Raffaele Fitto raccoglie l’invito a “riferire in Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR”. I tempi stringono e il mese di aprile sarà decisivo. Al centro della strategia del Governo c’è la flessibilità sull’uso dei fondi europei, non solo del Recovery. Intanto Bruxelles - tramite i commissari all’Economia Paolo Gentiloni e al Bilancio Johannes Hahn, in visita ieri nella Capitale - continua a tendere la mano a Roma.
Chi ha seguito da vicino i lavori sul PNRR non si sarà stupito troppo leggendo le notizie che si rincorrono in questi giorni circa i ritardi sulla spesa dei fondi. Ritardi che hanno indotto il Governo ad ammettere apertamente per la prima volta che alcuni interventi non possono essere realizzati entro il 2026.
Ammissione che ha aperto un vaso di pandora in Italia: mentre le opposizioni chiedono chiarezza, i sindaci di diverse città hanno provato a tirare l’acqua al loro mulino per accaparrarsi i fondi europei.
Le polemiche sui fondi PNRR
Il primo ad intervenire sul tema è stato il sindaco di Milano Giuseppe Sala che, senza mezzi termini, ha detto: “se ci sono dei fondi residui, dateli a Milano”, aggiungendo che “ci sono una serie di progetti che ho nel cassetto che, fossero finanziati, io ce la faccio entro metà giugno 2026”.
Dichiarazioni che hanno fatto infuriare il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto, che ha accusato il primo cittadino del capoluogo lombardo di secessionismo.
Il primo cittadino della Capitale Roberto Gualtieri è andato oltre le parole e ha inviato una lettera al Governo per ricordare di aver messo a gara tutti i fondi PNRR disponibili e ne ha approfittato per chiedere altri 300 milioni per finanziare ulteriori progetti.
Il 31 marzo il sindaco di Milano Sala, intervenendo in video-collegamento al congresso nazionale di Ali (associazione Autonomie Locali Italiane), ha rincarato la dose: “Ve lo dico io come finirà sul Pnrr, andrà a finire che si accorgeranno che non sanno spendere, prenderanno Enel, Eni e Ferrovie e gli assegneranno i fondi. E' questo quello che vogliamo?”.
Alle richieste dei sindaci il 4 aprile si sono aggiunte le dichiarazioni di diversi governatori regionali. A partire dal presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana che, parlando dei progetti PNRR, ha dichiarato: “Chi non è in grado di fare o di realizzare dovrebbe passare la mano a chi è in grado di farlo”.
A fargli eco Luca Zaia, presidente della regione Veneto, che ha proposto di “ introdurre il principio dell'overbooking nazionale, che tradotto in soldoni vuol dire che se qualcuno alla fine proprio non riesce a investire queste risorse piuttosto che rimandarle indietro all'Europa è meglio girarle a chi le sa investire”.
A lamentare l'assenza di dialogo tra Governo e rappresentanti locali è intervenuto invece il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini: “Non siamo mai stati convocati per un tavolo di confronto nonostante lo avessi richiesto. E mi risulta che non siano stati convocati neanche imprese e sindacati”. E prosegue: “Come cambia il Pnrr? Per far cosa? In quali tempi? Non capisco perché dovremmo essere penalizzati noi”.
La strategia per salvare il PNRR
Oltre le dichiarazioni e le polemiche interne restano i fatti. E i fatti parlano chiaro: sull'Italia grava un ritardo nella realizzazione dei progetti PNRR e sulla spesa dei fondi, come certificato dalla Corte dei Conti, che incide anche sull’incasso delle risorse europee.
Ritardo che si rispecchia nelle verifiche intorno alla terza rata, che arriverà in ritardo e potrebbe arrivare in formato ridotto rispetto ai 19 miliardi previsti. Nel mirino della Commissione sono finiti una serie di progetti, in particolare quelli sul Bosco dello Sport di Venezia e sullo Stadio Franchi di Firenze.
Ma l'Esecutivo non sembra tanto preoccupato dalla terza rata quanto dal futuro del Piano nazionale di ripresa e resilienza. “La situazione è seria”, ha spiegato un ministro a La Stampa, confidando che realisticamente l'Italia sarà in grado di spendere solo meno della metà dei fondi del Recovery Fund.
Nel Governo si fa largo l’idea di promuovere “un’operazione verità” che servirebbe a individuare i responsabili dell’impasse, probabilmente scaricando sui precedenti Esecutivi guidati da Giuseppe Conte (che ha negoziato il Next Generation EU ottenendo che l’Italia fosse la prima beneficiaria dei fondi del Recovery) e da Mario Draghi (che ha puntellato il piano fissando obiettivi e scadenze).
La strategia del governo Meloni per uscire dal guado sarebbe quella dei vasi comunicanti. Si pensa cioè che l’Esecutivo lascerà cadere alcuni progetti considerati non realizzabili entro i tempi per finanziarli tramite i fondi della Politica di Coesione 2021-2027, che hanno scadenze più lunghe (tre anni in più per la precisione, fino al 2029). Ipotesi che il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR Raffaele Fitto ventila da settimane e che si fa sempre più concreta.
Non solo. La strategia dei vasi comunicanti richiede anche di sostituire i progetti che escono dal Pnrr con nuovi progetti validi e attuabili entro il 2026.
Il tutto mentre, in parallelo, va integrato al Piano nazionale di ripresa e resilienza il capitolo energia REPowerEU, da presentare entro fine aprile. In questo caso due sembrerebbero gli assi su cui si sta muovendo il Governo: il primo riguarda i progetti per le infrastrutture energetiche delle aziende a controllo pubblico (Eni, Enel, Terna e Snam); il secondo punterebbe invece sui crediti d’imposta per imprese e famiglie, che secondo alcuni sarebbero il solo modo per spendere in modo rapido i fondi.
Fitto: Governo riferirà alle Camere. Ma i tempi stringono
La richiesta di maggior chiarezza e trasparenza sui fondi PNRR sembra trovare una sponda nell’Esecutivo. “Dobbiamo lavorare come sistema Paese, consapevoli che il PNRR non è la scommessa del governo di Giorgia Meloni, è la scommessa e la sfida dell'Italia”, afferma il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, a margine di un convegno sullo spazio all'Università la Sapienza.
Apertura arrivata anche dal ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR Raffaele Fitto: “Il Governo accoglie volentieri l’invito a riferire in Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR, intanto perché non vi è nessuna difficoltà a farlo, ma soprattutto perché la consideriamo un’opportunità”.
Quando ci sarà questo confronto non è ancora chiaro. Probabilmente a stretto giro, considerata la fitta agenda che costella la vita del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Entro il 20 aprile i Ministeri dovranno completare le verifiche sui progetti di loro competenza e inviare un prospetto su quelli da eliminare. Entro il 30 aprile va presentata l’integrazione energetica al PNRR, il capitolo REPowerEU.
La mano tesa di Bruxelles
Già a fine marzo, partecipando al Rome Investment Forum, il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni aveva ridimensionato l'allarme sui ritardi del Piano.
Il 1° aprile, intervenendo al workshop Ambrosetti, Gentiloni ha tentato nuovamente di placare gli animi: “Certamente c'è un margine” per rinegoziare i termini del Piano e “quando arriveranno le proposte di emendamento da parte italiana la Commissione è pronta ad esaminarle con il massimo di collaborazione e di flessibilità”.
Gentiloni è tornato sul tema il 4 aprile, nel corso dell'evento di inaugurazione di Pavia capitale della cultura d'impresa 2023: “Bisogna essere occupati più che preoccupati. Se noi siamo convinti che l'antidoto ad una crescita stagnante è il PNRR è chiaro che dobbiamo lavorare tutti insieme per questo obiettivo. E anche il governo italiano è convinto di questo”. E ha aggiunto: “La Commissione europea lavorerà con il governo per rendere questi programmi attuabili”.
Mano tesa è arrivata nel corso della stessa giornata dal commissario europeo al Bilancio Johannes Hahn, in visita a Roma, cui Fitto ha ribadito la richiesta della "massima flessibilità nell’uso delle risorse disponibili”.
Flessibilità che Roma potrebbe portare a casa grazie all’intenso negoziato con Bruxelles: “Sono soddisfatto”, ha dichiarato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti al termine del confronto con Hahn, “perché entrambi abbiamo individuato nella flessibilità lo strumento per modificare e portare a termine quei progetti in difficoltà a causa di eventi straordinari”.
Perché l'Italia non può fallire sul PNRR?
L'approccio conciliante della Commissione europea non stupisce. Bruxelles è consapevole della necessità che l’Italia non fallisca sul PNRR, visto il valore simbolico che il nostro Paese assume in questo contesto. L’Italia è infatti la prima beneficiaria dei fondi del Next Generation EU: per ottenere i 191,5 miliardi di euro del PNRR (cui vanno aggiunti i 30,6 miliardi del Fondo Complementare) il Paese ha puntato i piedi in sede europea, quando era premier Giuseppe Conte.
I Recovery Plan, di fatto, sono stati progettati proprio per andare incontro alle richieste italiane e per rispondere non solo alle sfide poste dalla pandemia ma per ridisegnare nel complesso gli assetti economici e sociali per le prossime generazioni.
Per la prima volta in modo così importante, l'UE con il Next Generation EU ha messo a disposizione una mole straordinaria di risorse (750 miliardi) raccolte tramite l’emissione di un debito comune, garantito cioè da tutti gli Stati membri.
Un fallimento italiano nella spesa dei fondi PNRR metterebbe in dubbio la bontà dell’approccio comune aperto dal Next Generation EU segnando la fine dei negoziati su nuovi strumenti simili che a Bruxelles si pensa di creare per affrontare altre sfide, non ultima quella posta dalla transizione energetica.
Foto di Ylanite Koppens da Pixabay