Cosa prevede la Direttiva UE sulle case green?

Foto di Kindel MediaIl parlamento UE ha definito la propria posizione sulla proposta di revisione della Direttiva EPBD presentata a ottobre 2021 dalla Commissione che punta ad avere in tutta Europa, entro il 2050, edifici a zero emissioni. Critico il governo italiano che parla di “testo insoddisfacente" e di “difesa dell’interesse nazionale”.

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Insieme alla direttiva sull’efficienza energetica (EED) e alla revisione della direttiva rinnovabili (RED), la revisione della Direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia (Energy Performance of Buildings Directive, EPBD, in inglese) è una di quelle normative destinate ad incidere notevolmente sulla vita di milioni di cittadini e imprese in tutta UE.

L’obiettivo della revisione della Direttiva EPBD (in realtà è una rifusione dell’atto) è infatti quello di ottenere un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050, aumentando il tasso e la profondità delle ristrutturazioni degli edifici, anche tramite il ricorso a varie forme di incentivazione pubblica.

Come per le direttive EED e RED, anche in questo caso la revisione della EPBD è un processo lungo e ancora in atto, che chiama in causa il Consiglio e il Parlamento UE. A distanza di oltre un anno dalla proposta della Commissione sulla revisione della Direttiva, il 25 ottobre 2022 il Consiglio UE ha reso nota la propria posizione negoziale sul tema, mentre il 14 marzo 2023 è stata la volta del Parlamento europeo (PE). Le tre istituzioni, adesso, sono quindi pronte a negoziare tra loro il testo definitivo della direttiva sulla case green.

La cronistoria della rifusione della Direttiva europea sulla prestazione energetica nell'edilizia

Il percorso per aggiornare la Direttiva europea sulla prestazione energetica nell'edilizia, lanciata nel 2010 e poi aggiornata una prima volta nel 2018, è stato avviato dalla Commissione europea il 15 dicembre 2021

Due i grandi pacchetti a cui si ispira e che mira a sostenere: da un lato la Strategia Renovation Wave lanciata a giugno 2021 che punta alla ristrutturazione green di 35 milioni di edifici in tutta Europa entro il 2030. Dall’altro il Pacchetto Fit for 55, il Pacchetto Clima europeo presentato a luglio 2021 che mira a rendere l’UE climaticamente neutrale entro il 2050.

A partire da dicembre 2021, si sono avviati i lavori all’interno delle altre due istituzioni cardine dell'UE: il Consiglio europeo e il Parlamento.

La prima istituzione ad aver espresso la propria posizione negoziale sulla proposta della Commissione di dicembre 2021 è stato il Consiglio europeo. Il 25 ottobre 2022, infatti, l'istituzione che rappresenta i 27 Paesi membri ha pubblicato il proprio orientamento generale sulla revisione della EPBD, che rappresenterà la base dei negoziati con l’Eurocamera.

La posizione negoziale del Parlamento europeo è stata invece approvata il 14 marzo 2023. Con 343 voti favorevoli, 216 contrari e 78 astensioni, infatti, l’Eurocamera ha approvato il proprio mandato negoziale sulla direttiva case green, votando un testo che punta al rialzo rispetto a quelli della Commissione e del Consiglio. 

Si accendo quindi i motori per l’avvio dei negoziati tra Consiglio, Parlamento e Commissione (i c.d. "triloghi") al termine dei quali si arriverà all’adozione finale della nuova Direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia. Parliamo di un percorso in salita, nel corso del quale il governo italiano è pronto a dare battaglia.

Cosa prevede la nuova direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia (EPBD)

In attesa di vedere quale sarà la versione finale della Direttiva EPBD rivista, ecco i principali capitoli presenti nella proposta iniziale della Commissione UE di dicembre 2021. 

In linea di massima, rispetto alla Direttiva EPBD del 2018, la nuova Direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia dovrebbe portare ad un innalzamento di diversi target e obiettivi.

Arriva la definizione di "edificio a emissioni zero"

Per far ciò, la nuova EPBD introduce anzitutto delle nuove definizione, tra cui quella di “edificio a emissioni zero” (zero-emission building - ZEB), che viene descritto come un "edificio ad altissima prestazione energetica (...) nel quale il fabbisogno molto basso di energia è interamente coperto da fonti rinnovabili generate in loco da una comunità di energia rinnovabile (...) o da un sistema di teleriscaldamento e teleraffrescamento (...)”.

Il Piano nazionale di ristrutturazione degli edifici

L'articolo 3 della nuova Direttiva richiede agli Stati membri di adottare un Piano nazionale di ristrutturazione degli edifici (la cui predisposizione passa attraverso un processo scandito da periodiche interlocuzioni tra gli Stati stessi e la Commissione UE), al posto della Strategia di ristrutturazione a lungo termine attualmente prevista dalla direttiva 2010/31/UE.

Il Piano dovrà essere inviato alla Commissione ogni cinque anni, nell'ambito della proposta del Piano PNIEC. A quel punto la Commissione potrà rivolgere delle raccomandazioni specifiche per Paese che dovranno essere tenute in debita considerazione nella predisposizione del Piano definitivo, salvo poter motivare l'eventuale decisione di non dargli seguito.

La prima proposta di Piano dovrà essere presentata alla Commissione entro il 30 giugno 2024 (e la Commissione dovrà inviare le raccomandazioni entro i successivi sei mesi). Il primo Piano definitivo, invece, dovrà essere presentato alla Commissione entro il 30 giugno 2025.

Quanto ai contenuti, il punto essenziale è che - a differenza della Strategia di ristrutturazione a lungo termine - il nuovo Piano deve garantire la ristrutturazione del parco nazionale degli edifici esistenti nel quadro degli obiettivi di decarbonizzazione al 2050, nel perseguimento di un obiettivo ultimo che non è più quello della loro trasformazione in edifici a energia quasi zero, bensì in edifici a emissioni zero.

Per far ciò, il Piano dovrà contenere una tabella in cui saranno indicate varie informazioni.

In primo luogo, gli obiettivi per il 2030, il 2040 e il 2050 con riferimento al tasso annuo di ristrutturazione e le scadenze entro cui gli edifici dovranno ottenere classi di prestazione energetica superiori alle classi F ed E. La nuova Direttiva EPBD prevede infatti che gli edifici pubblici e non residenziali dovranno essere migliorati:

  • almeno fino alla classe di prestazione energetica F entro il 1 gennaio 2027;
  • almeno fino alla classe E al più tardi dopo il 1° gennaio 2030.

Gli edifici e le unità immobiliari residenziali dovranno conseguire:

  • almeno la classe F entro il 2030;
  • almeno la classe E entro il 2033

Oltre alla tabella di marcia, il Piano dovrà contenere anche una rassegna delle politiche e delle misure per raggiungere tali target, incluse le politiche per arrivare ad eliminare i combustibili fossili nel riscaldamento e nel raffrescamento entro il 2040.

Incentivi finanziari e barriere di mercato

Per trasformare i rispettivi parchi immobiliari in edifici a emissioni zero entro il 2050, gli Stati sono tenuti a predisporre strumenti finanziari e normativi, capaci di rimuovere gli ostacoli (di natura economica e non) che ne impediscono la trasformazione.

Per quanto riguarda i finanziamenti, le fonti a disposizione possono essere diverse. Tra queste si citano:

  • finanziamenti nazionali;
  • finanziamenti disponibili stabiliti a livello dell'Unione, in particolare il dispositivo per la ripresa e la resilienza, il Fondo sociale per il clima, i fondi della politica di coesione, InvestEU, i proventi delle aste per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra- ETS e altre fonti di finanziamento pubblico.

Molto importante il passaggio sui destinatari degli incentivi pubblici. La Direttiva infatti, prevede che gli incentivi finanziari vadano destinati in via prioritaria alle famiglie vulnerabili, alle persone in condizioni di povertà energetica e alle persone che vivono in alloggi di edilizia popolare

Inoltre, laddove tali incentivi vengano destinati ai proprietari di edifici o unità immobiliari per la ristrutturazione di edifici o unità immobiliari affittati, gli Stati devono provvedere affinché vadano a beneficio sia dei proprietari che dei locatari, in particolare fornendo un sostegno locativo oppure imponendo limiti agli aumenti dei canoni di locazione.

La Direttiva prevede inoltre che siano introdotti strumenti d'investimento e di finanziamento abilitanti – quali prestiti per l'efficienza energetica e mutui ipotecari per la ristrutturazione degli edifici, contratti di rendimento energetico, incentivi fiscali, sistemi di detrazioni fiscali, sistemi di detrazioni in fattura, fondi di garanzia, fondi destinati a ristrutturazioni profonde, fondi destinati alle ristrutturazioni che garantiscono una soglia minima significativa di risparmi energetici mirati e norme relative al portafoglio di mutui ipotecari – in modo da sostenere la mobilitazione degli investimenti.

Molto importante è anche la previsione che gli Stati creino delle Strutture di assistenza tecnica, anche attraverso sportelli unici, rivolti a tutti gli operatori coinvolti nella ristrutturazione degli edifici.

Infine la Direttiva mette mano al tema della qualificazione degli addetti ai lavori, prevedendo che gli Stati rendano disponibili misure e finanziamenti per promuovere l'istruzione e la formazione al fine di assicurare una forza lavoro sufficiente con un livello adeguato di competenze corrispondenti alle esigenze del settore edilizio.

Requisiti minimi di prestazione energetica

La nuova Direttiva modifica anche la disciplina che attribuisce agli Stati il compito di adottare le misure per fissare i requisiti minimi di prestazione energetica per gli edifici, specificando che l'attività di fissazione di tali requisiti venga finalizzata a raggiungere "almeno" livelli ottimali in funzione dei costi.

Edifici di nuova costruzione

Nella nuova Direttiva, gli edifici a emissioni zero diventano lo standard per gli edifici di nuova costruzione, secondo la seguente tabella di marcia.

Norme minime di prestazione energetica a livello e la nuova APE

La revisione della Direttiva EPBD introduce anche un nuovo strumento normativo: le norme minime di prestazione energetica, che dovrebbero applicarsi agli edifici con le prestazioni peggiori, al fine di conseguire un miglioramento di classe energetica secondo il seguente cronoprogramma:

Su alcuni edifici particolari (come quelli protetti, di culto o per i fabbricati temporanei) gli Stati possono però prevedere delle esenzioni.

La Direttiva modifica anche la disciplina degli attestati di prestazione energetica, prevedendo il modello a cui gli attestati si dovranno conformare entro il 31 dicembre 2025. In base a tale modello, l'attestato dovrà specificare la classe di prestazione energetica dell'edificio su una scala chiusa che usa solo le lettere da A a G, dove la lettera A corrisponde agli edifici a emissioni zero e la lettera G corrisponde al 15% degli edifici con le prestazioni peggiori del parco immobiliare nazionale al momento dell'introduzione della scala.

Arriva il Passaporto di ristrutturazione

La nuova Direttiva prevede anche l'introduzione di passaporti di ristrutturazione, che rispondono all'esigenza di fornire ai proprietari la pianificazione di una ristrutturazione graduale dei propri edifici, e che saranno introdotti entro il 31 dicembre 2024. 

In breve il passaporto - che sarà rilasciato da un esperto qualificato e certificato previa visita in loco - comprenderà:

  • una tabella di marcia contenente le fasi di ristrutturazione da seguire ai fini della trasformazione di un edificio in un edificio a zero emissioni entro il 2050; 
  • i benefici attesi in termini di risparmio energetico, i risparmi sulle bollette energetiche, le riduzioni delle emissioni e gli altri benefici conseguibili; 
  • informazioni sulle possibilità di sostegno finanziario e tecnico agli interventi richiesti.

Stop alle caldaie a combustibili fossili

La nuova Direttiva introduce, poi, una chiara base giuridica per i divieti nazionali relativi alle caldaie alimentate da combustibili fossili, consentendo agli Stati di stabilire requisiti per i generatori di calore relativi alle emissioni di gas a effetto serra o al tipo di combustibile utilizzato, a condizione, però, che tali requisiti non costituiscano un ostacolo ingiustificato al mercato.

In tale contesto, quindi, la Direttiva prevede che dal 1º gennaio 2027, gli Stati membri non possano più offrire incentivi finanziari per l'installazione di caldaie alimentate a combustibili fossili, ad eccezione di quelle selezionate per gli investimenti prima del 2027.

Le misure per promuovere la mobilità sostenibile

La Direttiva EPBD rivista mette mano anche alla mobilità sostenibile, promuovendo ulteriormente la realizzazione di infrastrutture utili al suo sviluppo.

A tal fine la nuova Direttiva prevede la diffusione di punti di ricarica e di posti bici, nonché l'installazione del pre-cablaggio per ogni posto auto, al fine di creare le condizioni per una rapida installazione di punti di ricarica, se e quando necessari.

Sul punto vale la pena sottolineare, per quanto attiene agli edifici residenziali con posti auto, la proposta chiede agli Stati di eliminare la necessità di ottenere il consenso del proprietario o dei comproprietari per un punto di ricarica privato ad uso personale.

Il negoziato sulla rifusione della Direttiva europea sulla prestazione energetica nell'edilizia

Come ogni misura legislativa, il percorso che porta alla sua adozione prevede una serie di step che partono dalla proposta della Commissione, analizzata e modificata sia dal Consiglio sia dal Parlamento e dal successivo avvio dei negoziati tra gli organi europei.

La posizione negoziale del Consiglio sulla proposta di rifusione della nuova Direttiva EPBD

Il primo organo UE ad esprimersi sulla rifusione della EED è stato il Consiglio. Il 25 ottobre 2022, infatti, gli Stati europei hanno adottato la propria posizione negoziale (orientamenti generali) sulla nuova Direttiva prestazione energetica nell'edilizia, caratterizzata come al solito da un gioco generalmente al ribasso su target e obiettivi.

Il Consiglio ha riscritto completamente il cuore della Direttiva, prevedendo scadenze più lasche e più in là della tabella di marcia per rendere gli edifici “zero emission”. Per quanto riguarda gli edifici nuovi, il Consiglio ha infatti convenuto che:

  • dal 2028, gli edifici nuovi di proprietà di enti pubblici dovrebbero essere a emissioni zero;
  • dal 2030, tutti gli edifici nuovi dovrebbero essere a emissioni zero.

Per gli edifici esistenti, in linea generale gli Stati membri hanno convenuto di introdurre norme minime di prestazione energetica corrispondenti alla quantità massima di energia primaria che gli edifici possono utilizzare per m² all'anno. L'obiettivo è stimolare le ristrutturazioni e portare a una graduale eliminazione degli edifici con le prestazioni peggiori e a un miglioramento continuo del parco immobiliare nazionale.

In particolare, per gli edifici non residenziali esistenti, gli Stati hanno convenuto di fissare soglie massime di prestazione energetica, basate sul consumo di energia primaria. La prima soglia fisserebbe una linea al di sotto del consumo di energia primaria del 15% degli edifici non residenziali che presentano le prestazioni peggiori in uno Stato membro. La seconda soglia verrebbe fissata al di sotto del 25%. Alla luce di ciò, il Consiglio ha convenuto di portare tali edifici al di sotto della soglia del 15% entro il 2030 e al di sotto della soglia del 25% entro il 2034.

Per gli edifici residenziali esistenti, gli Stati membri hanno convenuto di fissare norme minime di prestazione energetica sulla base di una traiettoria nazionale, espressa come un calo del consumo medio di energia primaria dell'intero parco immobiliare residenziale durante il periodo 2025-2050, con due punti di controllo per tenere traccia dei risultati conseguiti dagli Stati membri. In questo modo si garantirebbe che il consumo medio di energia primaria dell'intero parco immobiliare residenziale sia equivalente almeno:

  • entro il 2033, alla classe di prestazione energetica D;
  • entro il 2040, a un valore determinato a livello nazionale derivato da un graduale calo del consumo medio di energia primaria dal 2033 al 2050 in linea con la trasformazione del parco immobiliare residenziale in un parco immobiliare a emissioni zero.

Per quanto concerne invece gli attestati di prestazione energetica, il Consiglio ha proposto di introdurre una nuova categoria "A0" che corrisponde agli edifici a emissioni zero. Inoltre, gli Stati potranno aggiungere una nuova categoria "A+" corrispondente agli edifici che, oltre a essere edifici a emissioni zero, offrono un contributo alla rete energetica da rinnovabili in loco.

Molto importante è anche l’inserimento di un nuovo articolo per prevedere obblighi di installazione di pannelli solari sul tetto di alcune tipologie di edifici. In particolare gli Stati hanno concordato l'installazione di impianti solari adeguati:

  • entro il 31 dicembre 2026, su tutti i nuovi edifici pubblici e non residenziali con una superficie coperta utile superiore a 250 m²;
  • entro il 31 dicembre 2027, su tutti gli edifici pubblici e non residenziali esistenti sottoposti a ristrutturazioni importanti o profonde con una superficie coperta utile superiore a 400 m²;
  • entro il 31 dicembre 2029, su tutti i nuovi edifici residenziali.

Infine sono previste indicazioni più morbide anche su altri punti. In particolare gli Stati:

  • hanno introdotto passaporti di ristrutturazione volontari per gli edifici;
  • hanno convenuto di pubblicare piani nazionali di ristrutturazione edilizia contenenti una tabella di marcia con obiettivi nazionali per il 2030, il 2040 e il 2050 per quanto riguarda il tasso annuo di ristrutturazione energetica, il consumo di energia primaria e finale del parco immobiliare nazionale e le relative riduzioni delle emissioni operative di gas a effetto serra. I primi piani saranno pubblicati entro il 30 giugno 2026 e successivamente ogni cinque anni.

La posizione negoziale del Parlamento sulla proposta di rifusione della nuova Direttiva EPBD

In linea con il solito gioco dei ruoli in seno alle istituzioni UE, il mandato negoziale del Parlamento europeo punta invece al rialzo. La posizione negoziale approvata il 14 marzo 2023, infatti, alza l’asticella di alcuni degli aspetti più rilevanti della direttiva, quelli delle tempistiche che, nelle intenzioni dell'Eurocamera, dovrebbero rispettare il seguente calendario.

I nuovi edifici, essi dovrebbero essere a emissioni zero dal 2028 e, nel caso siano edifici pubblici, dal 2026 (la Commissione ha proposto rispettivamente il 2030 e il 2027);

Gli edifici esistenti residenziali dovrebbero raggiungere:

  • la classe di prestazione energetica E entro il 2030;
  • la classe di prestazione energetica D entro il 2033.

Gli edifici non residenziali e quelli pubblici dovrebbero raggiungere:

  • la classe di prestazione energetica E entro il 2027;
  • la classe di prestazione energetica D entro il 2030;

mentre su questo la Commissione ha una posizione più soft, proponendo la classe F entro il 2027 e la classe E entro il 2023.

E’ importante però sottolineare che le classi energetiche di cui parla la Direttiva non so quelle attuali italiane. “Per prendere in considerazione le differenti situazioni di partenza in cui si trovano i parchi immobiliari nazionali, nella classificazione di efficienza energetica, che va dalla lettera A alla G, la classe G dovrà corrispondere al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori in ogni Stato membro”, spiegano infatti dal PE.

Di tutto rilievo è anche la specifica legata alle tempistiche degli interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche (ad esempio sotto forma di lavori di isolamento o rinnovo dell'impianto di riscaldamento). Sempre la nota del Parlamento, infatti, specifica che essi “dovranno essere effettuati al momento dell'ingresso di un nuovo inquilino, oppure al momento della vendita o della ristrutturazione dell'edificio”.

Per quanto concerne invece la fattibilità economica del piano, “i deputati vogliono che i piani nazionali di ristrutturazione prevedano regimi di sostegno per facilitare l'accesso alle sovvenzioni e ai finanziamenti. Gli Stati membri dovranno allestire punti di informazione e programmi di ristrutturazione neutri dal punto di vista dei costi. I regimi finanziari dovranno prevedere un premio cospicuo per le cosiddette ristrutturazioni profonde, in particolare nel caso degli edifici con le prestazioni peggiori, e sovvenzioni e sussidi mirati destinati alle famiglie vulnerabili”.

Infine aspetto molto importante della posizione del PE è quello che riguarda le deroghe che i singoli Stati membri potranno decidere di traslare nei propri piani nazionali. Oltre ad escludere i monumenti, i paesi potranno decidere di escludere anche gli edifici protetti per il loro particolare valore architettonico o storico, gli edifici tecnici, l'uso temporaneo di edifici, le chiese e luoghi di culto. Gli Stati membri potranno anche esentare gli alloggi pubblici sociali, laddove i lavori di ristrutturazione porterebbero ad aumenti degli affitti che non possono essere compensati risparmiando sulle bollette energetiche. Inoltre, conclude la nota del PE, “agli Stati membri sarà consentito, per una percentuale limitata di edifici, di adeguare i nuovi obiettivi in funzione della fattibilità economica e tecnica delle ristrutturazioni e della disponibilità di manodopera qualificata”.

Immediatamente dopo il voto in aula, non si è fatta attendere la reazione del governo italiano, particolarmente critico rispetto alla posizione del PE. “La direttiva sulle Case Green approvata in Parlamento europeo è insoddisfacente per l’Italia”, ha infatti dichiarato il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto. “Anche nel Trilogo, come fatto fino a oggi, continueremo a batterci a difesa dell’interesse nazionale”, ha quindi aggiunto il ministro, che spiega: “non mettiamo in discussione gli obiettivi ambientali di decarbonizzazione e di riqualificazione del patrimonio edilizio, che restano fondamentali. Manca però in questo testo una seria presa in considerazione del contesto italiano, diverso da quello di altri Paesi europei per questioni storiche, di conformazione geografica, oltre che di una radicata visione della casa come ‘bene rifugio’ delle famiglie italiane”. “Nessuno chiede trattamenti di favore, ma solo la presa di coscienza della realtà: con l’attuale testo si potrebbe prefigurare la sostanziale inapplicabilità della direttiva, facendo venire meno l’obiettivo ‘green’ e creando anche distorsioni sul mercato. Forti anche della mozione approvata dal nostro Parlamento – conclude Pichetto – agiremo per un risultato negoziale che riconosca le ragioni italiane”.

 

Consulta la proposta della Commissione UE di rifusione della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia (15.12.2021)

Consulta l'Orientamento generale del Consiglio UE per quanto riguarda la direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia (errata corrige) 

Foto di Kindel Media