Investimenti esteri: via allo screening UE per bloccare quelli pericolosi

Screening su investimenti esteriDall’11 ottobre il meccanismo europeo per il controllo sugli investimenti esteri è diventato pienamento operativo. L'obiettivo è monitorare quegli investimenti fatti da paesi extra UE che possono rappresentare una minaccia per la sicurezza dell’Unione. Priorità a infrastrutture e tecnologie e livello di attenzione alto per le società estere di proprietà di Stati terzi.

Investimenti esteri - come funziona il primo quadro di screening UE

Il coordinamento sui Foreign direct investments (FDI) tra Stati membri e Commissione europea è entrato pienamente in azione. 

Pertanto d’ora in poi, davanti ad un investimento effettuato da aziende di paesi terzi che potrebbero avere ripercussioni negative sulla sicurezza - intesa nella sua più ampia accezione - di due o più Stati membri, per i governi europei e la Commissione diventa più facile scambiarsi informazioni ed intervenire.

Che cos'è il meccanismo UE di controllo degli investimenti esteri?

Per tutelare gli interessi strategici dell'Unione sul fronte degli investimenti esteri, infatti, a marzo 2019 l’UE ha adottato un regolamento che ha creato un meccanismo di cooperazione che consente agli Stati membri e alla Commissione di scambiarsi informazioni e, se necessario, sollevare preoccupazioni relative a specifici investimenti stranieri.

In particolare il meccanismo:

  • consente alla Commissione di esprimere pareri quando un investimento rappresenta una minaccia per la sicurezza o l'ordine pubblico di più di uno Stato membro o quando un investimento potrebbe minare un progetto o un programma di interesse per l'intera UE, come ad esempio Horizon 2020 o Galileo;
  • fissa le scadenze per la cooperazione tra la Commissione e gli Stati UE e tra gli stessi Stati membri, rispettando la non discriminazione e garantendo rigorosi requisiti di riservatezza;
  • stabilisce alcuni requisiti fondamentali per gli Stati membri che mantengono o adottano un meccanismo di controllo a livello nazionale per motivi di sicurezza o ordine pubblico.

Grazie ad un lavoro durato mesi, Commissione e Stati membri hanno messo a punto i requisiti operativi necessari alla piena applicazione del regolamento a partire, appunto, dall'11 ottobre 2020.

Perchè è importante verificare che gli FDI non siano pericoli per l’UE

L’Unione europea è la principale destinazione al mondo di FDI e tale vuole restare. Gli investimenti esteri, infatti, assicurano un flusso di risorse vitale per le economie degli Stati UE, contribuendo a creare 16 milioni di posti di lavoro.

“L'UE è e rimarrà aperta agli investimenti esteri”, ha pertanto rassicurato il neo commissario al commercio Valdis Dombrovskis nel commentare l’entrata in azione del meccanismo di screening. 

“Questa apertura - ha però aggiunto  Dombrovskis - non è incondizionata. Per rispondere alle sfide economiche odierne, salvaguardare le principali risorse europee e proteggere la sicurezza collettiva, gli Stati membri dell'UE e la Commissione devono lavorare a stretto contatto. Se vogliamo raggiungere un'autonomia strategica aperta - ha infatti spiegato il capo della DG Trade - è essenziale disporre di un'efficace cooperazione per lo screening degli investimenti a livello dell'UE”. E proprio a questo mira il meccanismo entrato in azione l’11 ottobre.

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Quali investimenti stranieri saranno controllati?

Il regolamento di marzo 2019 si applica agli investimenti diretti esteri in qualsiasi settore, fornendo però un elenco indicativo di fattori che gli Stati e la Commissione possono prendere in considerazione nel valutare se un investimento estero possa influire o meno sulla sicurezza o sull'ordine pubblico.

Tra questi, un fattore essenziale è l’analisi sul potenziali effetti negativi su infrastrutture e tecnologie critiche.

I rischi per i Paesi europei derivanti dagli investimenti esteri possono però riguardare anche altri aspetti, come l’accesso a informazioni sensibili (compresi i dati personali) oppure le minacce alla libertà e al pluralismo dei media, indipendentemente dall'attività settoriale dell'investitore o dell'impresa destinataria.

Nel mirino potranno finire sia investimenti greenfield - quelli cioè che prevedono la creazione di una nuova società o l’apertura di un nuovo stabilimento - sia le fusioni e acquisizioni.

Il meccanismo non si rivolge a nessun Paese terzo specifico. Le preoccupazioni sul fronte della sicurezza e dell'ordine pubblico, infatti, possono potenzialmente sorgere da qualsiasi parte. Tuttavia il rischio può essere aggravato dal fatto che gli investitori sono posseduti o controllati da uno Stato estero.

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