Coronavirus: dal turismo all’agricoltura, tutti i danni al Made in Italy
L’ultimo contagiato si chiama made in Italy. Dal crollo del turismo ai rischi per l’export, l’esplosione del Coronavirus in Italia ha già avuto evidenti effetti negativi sul sistema economico nazionale.
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Lo stesso commissario europeo con delega all’Economia, Paolo Gentiloni, ha dichiarato che le ricadute del virus Covid-19 “saranno pesanti” anche sul breve termine, complici lo stallo e il rischio di isolamento che incombono su regioni come Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Un problema non di poco conto, se si considera che i tre pilastri nella penisola sono capaci di incidere, da soli, su circa il 40% del Pil.
L’entità delle ricadute viene stimata da Confcommercio, che prevede una perdita di 5-7 miliardi di euro nel caso in cui la crisi si prolunghi fino a maggio. Sempre su questa scia, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha ipotizzato una riduzione del Pil dello 0,2% nell’arco di un anno.
Nonostante l’incertezza sui numeri effettivi che il fenomeno avrà nel complesso sul nostro paese, è importante valutare i settori che il virus sta attualmente segnando con i relativi danni economici provocati dal suo avvento.
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Coronavirus: effetto domino sul turismo
L’emergenza Coronavirus sta mettendo in ginocchio il turismo, settore che in Italia vale 146 miliardi di euro, una cifra pari al 12% del Pil generata da una filiera di 216mila esercizi ricettivi e 12mila agenzie di viaggio.
Molti i paesi esteri, dall’Irlanda a Israele, che sconsigliano le visite di piacere o i viaggi d’affari in Italia, se non strettamente necessari. Strategia di prevenzione che, purtroppo, porta ad un tracollo del comparto turistico.
Si attende, infatti, un crollo delle prenotazioni nella stagione pasquale in diverse città. Napoli ha perso 15mila visitatori e attende una disdetta del 30% delle prenotazioni sotto Pasqua, a fronte del -40% subito da Venezia – che ha già risentito delle cancellazione con due giorni di anticipo del suo carnevale - e il crollo del 60-70% delle prenotazioni incassato dal Lazio anche nei mesi dopo la festività. Critica la situazione anche per Milano, con un tasso di “debooking” del 30%, mentre la riviera romagnola teme cali record per la stagione estiva.
“Le stime più prudenti prima della diffusione parlavano di una perdita di 5 miliardi di euro, ma adesso ci troviamo nella condizione di non poter più nemmeno stimare l’impatto a causa della drammatica evoluzione in corso. Alla luce di questi recenti sviluppi e a nome di un comparto che rappresenta il 10% del PIL e oltre 4 milioni di lavoratori abbiamo scritto al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte chiedendo lo stato di crisi per il settore del turismo e di attivare tutte le misure di supporto a tutela dei posti di lavoro e della vita stessa delle nostre imprese”, ha dichiarato la vicepresidente di Federturismo Confindustria Marina Lalli.
A rischio imprese e export internazionale
Critica la situazione per le aziende nel nord Italia e i loro dipendenti. Ad oggi sono quasi 6mila i lavoratori metalmeccanici lombardi coinvolti da fermi della produzione e riduzione d'orario a causa del Coronavirus. La maggior parte sono impiegati delle imprese nella “zona rossa”, ma sono fortemente interessante anche le aziende industriali di Bergamo, Milano e Cremona.
I possibili effetti negativi del Coronavirus sull'economia lombarda si inseriscono in un quadro tutt'altro che sereno: a fine 2019 erano 17.288 i lavoratori coinvolti cassa integrazione ordinaria, straordinaria e licenziamenti, in crescita del 79% rispetto allo stesso periodo del 2018. Aumentano anche le aziende coinvolte dalla crisi: 392, +4,5% rispetto al primo semestre 2019.
A rischio anche il commercio internazionale, colpa del contagio avvenuto in alcune delle province più incisive sull’export nazionale. Secondo alcune stime, le vendite fuori dai confini nazionali delle amministrazioni interessate da casi di Coronavirus (Lodi, Cremona, Pavia, Bergamo, Milano, Monza, Sondrio, Padova, Venezia, Treviso, Piacenza, Parma, Modena e Rimini) valgono un totale di 138 miliardi di euro, a fronte di un volume complessivo di 465 miliardi di euro di esportazioni dell’Italia.
La Cia-Agricoltori italiani registra “sul versante export una contrazione del mercato, con ordinativi al ribasso e disdette causati da un clima generale di sfiducia che sta contagiando i principali sbocchi commerciali all'estero”.
L’epidemia non risparmia l’effetto domino anche sul versante delle fiere, appuntamenti preziosi sia dal punto di vista turistico, sia per il giro d’affari innescato dai vari eventi. Rinviato a giugno il Salone del mobile di Milano, la vetrina globale dell’arredamento che porta in dote oltre 2mila espositori e 400mila presenze. L’evento si accompagna al Fuorisalone, il programma con oltre mille distribuiti per la città. I due appuntamenti danno vita, insieme, alla Design week: una sette giorni del design che genera, secondo dati della Camera di Commercio di Milano, un indotto da 350 milioni di euro.
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I danni al settore agroalimentare
Ultimo tassello nel puzzle creato dall’emergenza Coronavirus riguarda il settore agroalimentare. Una stima di Coldiretti su dati Istat ha rilevato un calo dell’11,9% delle esportazioni di prodotti made in Italy in Cina solo nel mese di gennaio 2020. I dati rilevano una totale inversione del trend di crescita che aveva raggiunto il suo apice nel 2019, con vendite record di 460 milioni di euro, di cui 140 milioni di euro in arrivo solo dalle esportazioni di vino.
Solo nel 2018, sempre secondo i dati Coldiretti, le esportazioni del cibo italiano erano lievitate fino a un valore di 41,8 miliardi di euro, proiettandosi a un ulteriore balzo del 5% nel 2019. Tra i settori cruciali quello enoico, con le esportazioni di vino italiano attestate dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor a un controvalore di 6,36 miliardi di euro (+2,9 sul 2018) .
Coldiretti teme che la psicosi da Coronavirus possa innescare favorire i plagi stranieri, a scapito delle esportazioni. “Serve un intervento delle autorità nazionali e comunitarie per fermare pratiche insensate che rischiano di far perdere quote di mercato importanti alle produzioni nazionali per colpa di una concorrenza sleale che mira a screditare i prodotti dall’Italia che sono sani i garantiti come prima” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
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