State of the Union – meccanismo di controllo UE su investimenti esteri
Già annunciato da Juncker durante il discorso sullo Stato dell'Unione, il nuovo quadro normativo per il controllo degli investimenti esteri - EU framework investment screening - è stato ufficialmente presentato oggi a Bruxelles.
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Lo suggerivano già la scorsa settimana fonti ufficiali europee e lo annunciava ieri il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker nel suo discorso a Strasburgo sullo Stato dell'Unione. Il tanto atteso meccanismo per il controllo degli investimenti esteri in UE è finalmente pronto. La presentazione ufficiale del pacchetto di misure c'è stata oggi a Bruxelles.
Contesto: le richieste di Italia, Francia e Germania
La questione di un maggiore controllo sugli investimenti da Paesi terzi in entrata in UE è al centro del dibattito europeo da parecchi mesi. E' di un paio di settimane fa la lettera con cui la ministra dell'economia tedesca Brigitte Zypries esortava il presidente Juncker a mettere in campo strumenti più efficaci per il controllo degli investimenti provenienti dall'estero. L'apertura dei mercati, si leggeva nella missiva proveniente da Berlino, non può essere "a senso unico".
Nella richiesta di un intervento più efficace da parte dell'Esecutivo UE su “investimenti considerati ostili o problematici su asset strategici” europei, Berlino non è mai stata sola. Era infatti firmata anche dai ministri di Italia e Francia – oltre che, per l'appunto, Germania – una precedente lettera, inviata a febbraio alla commissaria europea per il Commercio Cecilia Malmstroem per chiedere regole più rigide in grado di appianare le disparità nell'apertura dei mercati e risolvere la questione.
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Investimenti UE-Cina: i dati di un profondo squilibrio
La prova più eclatante di questa disparità arriva, ancora una volta, dalla Cina. Secondo un recente studio condotto dal gruppo di ricerca Rhodium Group e dal Mercator Institute for China Studies di Berlino, nel 2016 gli investimenti cinesi in Europa hanno superato di quattro volte quelli europei in Cina.
Questa situazione di forte sbilanciamento è dovuta, tra gli altri fattori, alla profonda diversità di trattamento da parte del governo cinese nei confronti di imprese locali, da un lato, e imprese estere, dall'altro, che – per mezzo di sovvenzioni, aiuti di stato e altre misure “sleali” - rende estremamente difficili gli investimenti in Cina da parte di operatori non cinesi.
Sempre secondo lo studio del Rhodium Group del 2016, a fronte di appena otto miliardi di euro di operazioni europee nella Repubblica cinese (ulteriormente in calo rispetto al 2015), le acquisizioni cinesi sul mercato europeo sono valse 35,1 miliardi di euro, con un aumento del 77% rispetto all'anno precedente.
Considerando poi il periodo 2000-2016, l'Italia, in particolare, risulta al terzo posto tra le destinazioni degli investitori cinesi in Europa, con operazioni per 12,8 miliardi di euro. Al primo e secondo posto si piazzano, rispettivamente, la Gran Bretagna (dove gli investimenti cinesi hanno toccato quota 23,6 miliardi) e la Germania (con operazioni da Pechino per 18,8 miliardi di euro).
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Negoziati UE-Cina per accordo su investimenti
Già dal 2013 l'UE e la Cina sono impegnate in un lento processo negoziale per un accordo in materia di investimenti, finalizzato a garantire agli investitori di entrambe le parti un accesso a lungo termine ai reciproci mercati.
Bruxelles, in particolare, insiste perchè Pechino garantisca alle imprese europe condizioni di parità con quelle cinesi, nel rispetto dei principi della concorrenza, dei diritti di proprietà intellettuale e delle norme dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC).
Il meccanismo di controllo: prima l'annuncio di Juncker, poi la presentazione ufficiale
E' dunque in tale contesto che si colloca la proposta annunciata ieri dal presidente Juncker durante il discorso sullo Stato dell'Unione a Strasburgo e presentata ufficialmente oggi a Bruxelles alla presenza della commissaria Malmstroem e del vicepresidente della Commissione Jyrki Katainen.
Il sostegno europeo al libero scambio, aveva sottolineato ieri il numero uno dell'Esecutivo comunitario, è “tutt'altro che ingenuo” ed è per questo che l'Europa ha deciso di attuare i provvedimenti necessari a proteggersi da operazioni potenzialmente dannose per l'economia e la competitività dei Paesi UE.
Nel concreto, il pacchetto presentato oggi a Bruxelles comprende:
- un quadro europeo che consenta agli Stati membri di controllare gli investimenti esteri diretti per motivi di sicurezza o di ordine pubblico, comprendente obblighi di trasparenza, la regola della parità di trattamento tra investimenti esteri di origine diversa e l'obbligo di garantire possibilità di ricorso idonee in relazione alle decisioni adottate nell'ambito di tali meccanismi di riesame;
- un meccanismo di cooperazione tra Paesi membri e Commissione da attivare qualora un investimento estero in uno o più Stati possa mettere a rischio la sicurezza o l'ordine pubblico di altri Paesi;
- il controllo della Commissione europea, sempre per motivi di sicurezza o di ordine pubblico, nei casi in cui gli investimenti esteri diretti negli Stati membri possano incidere su progetti o programmi di interesse per l'Unione.
Il nuovo quadro, assicura Bruxelles, garantirà agli investitori e ai governi nazionali trasparenza e prevedibilità. Ispirato ai meccanismi di riesame nazionali già in vigore in 12 Stati membri, lo strumento, continua la Commissione, non inciderà sulla capacità dei Paesi UE di adottare eventuali altri meccanismi o di non istituirne a livello nazionale. "L'ultima parola sui controlli degli investimenti spetterà agli Stati membri".
Per entrare in vigore, la proposta di Regolamento UE richiede l'approvazione del Parlamento europeo e del Consiglio dei ministri UE.
Intanto, parallelamente al procedere dell'iter di approvazione della proposta, la Commissione avvierà nelle prossime settimane un'analisi dettagliata dei flussi di investimenti esteri diretti nell'UE e istituirà un gruppo di coordinamento con gli Stati membri finalizzato a individuare problematiche e soluzioni strategiche comuni nel settore.
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Italia: Calenda, la proposta dota l'UE di "strumenti per reagire"
La proposta di un “Regolamento UE sui meccanismi di revisione degli investimenti esteri”, spiega il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda intervenendo sul Sole 24 Ore, consentirà ai Paesi europei di “dotarsi di meccanismi di screening degli investimenti esteri extra UE non dissimili dal golden power italiano, con un perimetro definito ed esteso”, che comprende, tra gli altri, “settori ad alta tecnologia”, quali l'intelligenza artificiale, la robotica, i semiconduttori, etc.
Si tratta di una novità importante, continua Calenda, per due ragioni.
In primo luogo, si stabilisce che il principio di reciprocità e il rispetto di regole condivise sono il presupposto per lo scambio di investimenti e per evitare investimenti predatori da parte di aziende di Paesi che non sono economie di mercato.
In secondo luogo, “guardando ad una prospettiva che va al di là del già importante settore degli investimenti”, la proposta, spiega il numero uno del MiSE, ribadisce il principio che per essere motore di crescita, il commercio internazionale deve svolgersi in un “quadro di regole condivise” e l’UE deve dotarsi degli “strumenti necessari a reagire qualora le regole non siano rispettate”.
Non si tratta di protezionismo, scrive Calenda, ma, da un lato, di riconoscere che "in un quadro di regole non sufficientemente definito" il commercio internazionale ha prodotto anche squilibri che vanno corretti, e, dall'altro, di “avere gli strumenti per tutelare gli interessi delle nostre aziende e dei nostri lavoratori e cittadini” quando le regole vengono infrante. Il che, conclude il ministro, vale per gli investimenti come per il dumping e per la reciprocità nell’apertura del mercato degli appalti pubblici.
In un comunicato ufficiale diffuso dal MiSE Calenda ritorna sulla "proposta di Regolamento sul monitoraggio degli investimenti extra UE", definendola è "un passo importante nella giusta direzione" e ricordando, tuttavia, che si tratta solo di un singolo elemento di "un quadro normativo più completo per il quale l’Italia continuerà a battersi".
Per Roma, continua il ministro, è essenziale che i principi di apertura agli scambi e di difesa intransigente da comportamenti scorretti vengano applicati anche "con riferimento ai dossier più importanti di politica commerciale", in primis il progetto di regolamento sulla nuova metodologia antidumping e la connessa questione dello "status non di economia di mercato della Cina".
L'auspicio, continua Calenda nel suo intervento, è che le discussioni attualmente in corso a Bruxelles tra Parlamento, Consiglio e Commissione UE portino ad un netto miglioramento "del testo sul cosiddetto MES Cina".
L'Italia, conclude il numero uno del MiSE, "conducendo una battaglia spesso di avanguardia", ha contribuito a migliorare, rispetto a una proposta iniziale "inadeguata", la bozza di Regolamento adottata dal Consiglio, che tuttavia "ancora non risponde pienamente alle esigenze dell’industria e dei lavoratori europei".