Migration compact - cosa prevede la proposta italiana per l'azione esterna Ue
L'Italia invita l'Ue a contribuire alla gestione dell'emergenza migratoria in termini di progetti di investimento, bond Ue-Africa, cooperazione sulla sicurezza, soluzioni per migrazione legale e reinsediamento.
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Il Migration Compact è la proposta italiana di una “strategia Ue per l'azione esterna in materia di migrazione” che è stata inviata nelle scorse settimane a Bruxelles, insieme ad una lettera del premier Matteo Renzi al presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker.
Emergenza migratoria: fenomeno senza precedenti e potenziale opportunità per Ue
Il fenomeno senza precedenti di aumento dei flussi migratori verso l'Europa, si legge nel documento inviato dal Governo italiano a Bruxelles, si protrarrà per decenni a causa di una serie di dinamiche geopolitiche nei Paesi del vicinato e non solo (soprattutto in Medio Oriente e nel Nord Africa, nell'area del Sahel e del Corno d'Africa), quali:
- la minaccia alla sicurezza e alla stabilità regionale,
- il deterioramento del contesto economico e sociale,
- la povertà e la disoccupazione,
- il cambiamento climatico.
In tale contesto, continua il documento di Roma, la crisi dei migranti sta gravemente compromettendo i pilastri fondamentali dell'integrazione europea e la solidarietà tra gli Stati membri.
La complessità di questa sfida, si spiega, è legata alla natura mista dei flussi, che contano sia rifugiati che migranti economici. Le azioni intraprese nella rotta orientale (lungo i Balcani) riguardano flussi con una maggiore componente di rifugiati, a causa della guerra civile in Siria; i flussi attraverso le rotte del Mediterraneo centrale e occidentale, invece, sono composti principalmente da migranti economici e, plausibilmente, si protrarranno nel medio-lungo termine. L'Ue, dunque, deve essere pronta ad affrontare entrambe le sfide, così come l'apertura di altri possibili rotte.
Se ben gestita, ricorda l'Italia, la migrazione può rappresentare "un'opportunità per l'Ue e i Paesi partner", in termini di crescita economica e di sviluppo, e "per un'Europa che invecchia sempre di più", in termini di sostenibilità dei sistemi di sicurezza sociale.
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Lezioni apprese: le azioni interne all'Ue non bastano
Di recente, sono state discusse a livello Ue iniziative e proposte legislative per affrontare l'emergenza, concentrandosi principalmente sulla dimensione interna all'Unione. Si tratta di iniziative, quali:
- l'istituzione della Guardia di frontiera europea;
- la riforma del sistema europeo comune di asilo;
- le decisioni in materia di ricollocamento adottate nel 2015;
- l'intenzione della Commissione di non considerare i costi per la gestione della crisi in corso nel quadro del Patto di Stabilità e Crescita;
- la comunicazione "Back to Schengen";
- le recenti proposte sugli Smart borders.
Tuttavia, si legge nel documento inviato alla Commissione, tali misure costituiscono solo “componenti di una risposta necessaria più completa”. Per essere efficaci, si legge, tali misure interne devono infatti essere integrate con una forte azione esterna comune, superando l'attuale situazione di “frammentazione degli strumenti disponibili”.
Roma ritiene inoltre necessario aggiornare l'approccio globale in materia di migrazione e mobilità, rivedere il partenariato tra Ue e Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) e sviluppare ulteriormente i percorsi offerti dal Piano d'azione contro il traffico di migranti 2015 – 2020, messo a punto durante il vertice Ue di La Valletta, dall'accordo Ue-Turchia e dai dialoghi esistenti che l'Unione sta promuovendo a livello regionale (come i processi di Khartoum e Rabat).
Al fine di progettare una strategia di azione esterna rafforzata in materia di migrazione “è urgente - secondo il Governo di Roma - effettuare un'analisi completa di tutti gli strumenti e le azioni esistenti, al fine di mettere in evidenza i punti di forza e di debolezza del quadro esistente e, di conseguenza, riorientare la programmazione e la pianificazione Ue”, per lo sviluppo di una strategia attiva, che punti in primo luogo sui Paesi africani di origine e di transito.
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Prospettive future: cosa può offrire e cosa può chiedere l'Ue?
Il primo passo di questa strategia, spiega Roma, dovrebbe riguardare l'identificazione dei principali Paesi partner con cui cooperare sui temi migratori e la definizione del tipo di cooperazione da sviluppare con ognuno di essi, sulla base delle diverse caratteristiche migratorie di ciascun Paese. Una simile mappatura dovrebbe, secondo il Governo italiano, essere accompagnata da una “valutazione approfondita” da effettuare in collaborazione con il Paese terzo, “in un autentico spirito di comproprietà”, e dovrebbe diventare la base di “piani d'azione per un partenariato rafforzato specifici per Paese” e costantemente aggiornati.
Nel concreto, ecco cosa, secondo Roma, può offrire l'Ue:
- Progetti di investimento ad alto impatto sociale e infrastrutturale da identificare insieme al Paese partner come incentivo per rafforzare la cooperazione. A tal fine, deve essere rivista la programmazione degli strumenti finanziari di azione esterna (come lo European Development Fund – EDF, il Development Cooperation Instrument - DCI e lo European Neighbourhood Instrument - ENI) e deve essere istituito un nuovo Fondo europeo per gli investimenti nei Paesi terzi.
- Bond UE-Africa per agevolare l'accesso dei Paesi africani ai mercati dei capitali, con una prospettiva di medio-lungo termine, al fine di garantire la disponibilità di capitale per programmi di crescita e prosperità sostenibile. Dovrebbero essere attivate anche altre iniziative di finanziamento innovative, in sinergia con la BEI e le altre organizzazioni finanziarie europee e internazionali.
- Cooperazione in materia di sicurezza attraverso l'integrazione della migrazione (gestione e controllo delle frontiere, dogane, giustizia penale, gestione dei migranti e dei rifugiati in linea con gli standard internazionali) nel mandato delle missioni di Politica di Sicurezza e Difesa Comune attuali e future in Africa. Il prossimo passo logico in questo processo, si legge, sarebbe un raggruppamento regionale di missioni per gestire al meglio un fenomeno che, per definizione, ha una “dimensione transfrontaliera". Questo approccio, spiega Roma, dovrebbe andare di pari passo con l’attuazione del capacity building per la sicurezza e lo sviluppo, abbinando la formazione con attrezzature adeguate.
- Opportunità di migrazione legale, sulla base dei pilastri stabiliti al Consiglio europeo di Tampere (1999), che includa: quote di ingresso per i lavoratori, informazione sulle opportunità di lavoro in Europa per cittadini dei Paesi terzi, misure pre-partenza (tra cui la formazione professionale e linguistica) in collaborazione con le imprese europee pronte ad impiegare manodopera dai Paesi terzi, incontro tra domanda e offerta di posti di lavoro, integrazione professionale e sociale negli Stati membri ospitanti, programmi Erasmus plus per studenti e ricercatori. Dovrebbero, inoltre, essere esplorate iniziative di migrazione circolare e opportunità di migrazione sud-sud.
- Programmi di reinsediamento come compensazione per l'onere ai Paesi che si impegnano a stabilire sistemi nazionali di asilo in linea con gli standard internazionali.
In cambio di tali impegni, l'Ue dovrebbe chiedere:
- Impegno per un efficace controllo delle frontiere e per la riduzione dei flussi verso l'Europa. L'Ue dovrebbe aiutare i Paesi terzi con iniziative di "capacity building" e con la fornitura di attrezzature e tecnologie, a fronte di un impegno da parte loro in attività di ricerca e soccorso. Inoltre, la Guardia di frontiera europea deve intensificare nel suo nuovo mandato la cooperazione con Paesi terzi e il suo ruolo di coordinamento.
- Cooperazione in materia di ritorni/riammissioni, concentrandosi su accordi operativi, invio reciproco di ufficiali di collegamento nei Paesi terzi e negli Stati membri per accelerare l'identificazione e il rilascio di documenti di viaggio. L'Ue dovrebbe finanziare questi invii di personale, oltre che i programmi di reinserimento per i rimpatriati e, di contro, il Paese terzo dovrebbe accettare i rimpatri, anche tramite voli charter organizzati dai singoli Stati membri o dalla Guardia di frontiera europea. L'Ue dovrebbe, inoltre, fornire assistenza per lo sviluppo di database biometrici e sistemi informatici per i registri civili. L'Ue dovrebbe inoltre sostenere lo sviluppo della cooperazione tra i Paesi terzi per la riammissione e promuovere una revisione del partenariato con l'ACP, in linea con le priorità comunitarie in materia di migrazione.
- Gestione della migrazione e dei flussi di profughi: i Paesi terzi dovrebbero essere supportati nella creazione di un sistema di ricezione e gestione dei flussi migratori, che dovrebbe prevedere un attento esame in loco dei rifugiati e dei migranti economici, insieme con misure di reinsediamento in Europa per le persone bisognose di protezione internazionale e ritorni per i migranti irregolari.
- Creazione di sistemi di asilo: l'Ue dovrebbe sostenere i Paesi terzi nella creazione di sistemi nazionali, in linea con gli standard internazionali, che offrano protezione in loco ("porti sicuri") a chi ha bisogno. L'esperienza delle organizzazioni internazionali competenti, quali l'UNHCR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) e OIM (Organizzazione internazionale delle migrazioni) potrebbe essere utilizzata per aiutare i Paesi terzi a realizzare centri di accoglienza per i rifugiati, finanziati dall'Ue.
- Rafforzamento della lotta alla tratta di esseri umani e al traffico di migranti anche attraverso una polizia comune e la cooperazione giudiziaria.
Per implementare questo approccio, il Governo italiano invita la nuova Guardia di frontiera europea (in particolare il nuovo Ufficio per i ritorni) a sviluppare un piano per operazioni di rimpatrio congiunte (già prima dell'entrata in vigore del relativo regolamento) da finanziare con il bilancio Ue e per il supporto di operazioni di ritorno dai Paesi terzi di transito verso i Paesi di origine. Dovrebbe poi essere esplorata la possibilità per gli Stati membri che hanno rapporti privilegiati con Paesi terzi specifici di condurre e organizzare operazioni di rimpatrio congiunte; mentre l'Ue dovrebbe utilizzare in modo più efficace la sua rete di delegazioni, la nuova Guardia di frontiera e tutti gli strumenti di difesa della sicurezza comune. Questo sforzo, si legge nella proposta di Roma, potrebbe essere completato da contributi degli Stati membri.
Tutti gli strumenti di sicurezza, di politica estera e di sviluppo esistenti a livello Ue e degli Stati membri dovrebbero essere strategicamente combinati per mantenere una presenza europea costante nella fascia sahariana con l'obiettivo di addestramento, equipaggiamento, assistenza e cooperazione in materia di sicurezza con i Paesi della regione e di migliorare i meccanismi Ue di allarme e prevenzione precoce.
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A livello finanziario, il "Migration Compact" dovrebbe essere sostenuto attraverso:
- il riorientamento della programmazione degli strumenti finanziari di azione esterna;
- un nuovo strumento finanziario per l'azione esterna in materia di migrazione finanziato dal bilancio Ue e operante in sinergia con il Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (FAMI) e il Fondo Sicurezza Interna. Nel frattempo, l'Ue dovrebbe aumentare le risorse disponibili nell'ambito del Fondo fiduciario d'emergenza dell'Unione europea per l'Africa a sostegno di un programma Ue-Africa per la prosperità, la sicurezza e la migrazione e fare uso di dialoghi regionali sulla migrazione (come i processi di Khartoum e Rabat) per garantire la titolarità africana;
- bond comuni Ue sulla migrazione, da emettere per finanziare la gestione dei flussi migratori negli Stati membri e per finanziare gli obiettivi del Migration Compact;
- un nuovo Fondo europeo per gli investimenti nei Paesi terzi per finanziare investimenti sostenibili e attrarre investitori europei, anche attraverso la fusione delle strutture e delle operazioni da parte della Commissione Ue e della BEI.
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Stabilizzazione della Libia è priorità strategica
In questo contesto, la stabilizzazione dei principali Paesi di transito, come la Libia, è una priorità strategica di prim'ordine anche per far fronte alle migrazioni e ai flussi di rifugiati. A livello Ue, c'è bisogno, secondo il Governo italiano, di intensificare la collaborazione dell'Unione con Tripoli e, al contempo, di impegnarsi in programmi di capacity building mirati a rafforzare il controllo del governo sul suo territorio e le sue capacità di applicazione della legge.
L'Ue dovrebbe, inoltre, garantire il miglior uso possibile dell'operazione EUNavFor Med operation Sophia e promuovere il suo contributo nello smantellamento del modello di business delle reti di contrabbando e di traffico di esseri umani nel Mediterraneo centrale, contribuendo così alla sicurezza libica e regionale.
L'Ue dovrebbe poi offrire alla Libia il proprio sostegno nel settore della sicurezza, compresi la consulenza e lo sviluppo delle capacità nei settori della polizia e della giustizia penale, attraverso una missione civile di Politica di Sicurezza e Difesa Comune, concentrandosi sulla gestione delle frontiere e assistendo le autorità libiche negli sforzi per combattere il terrorismo e migliorare la gestione dei flussi migratori.
A tal fine, gli sforzi delle Nazioni Unite e dell'Unione europea dovrebbero mirare a sostenere la gestione in territorio libico dei flussi migratori, anche attraverso l'accurata selezione dei rifugiati e dei migranti economici, oltre che con misure di reinsediamento per le persone bisognose di protezione internazionale e mnccanismi di ritorno per i migranti irregolari.
> Migration Compact - Contribution to an EU strategy for external action on migration