Cina - Ue, status di economia di mercato sì o no?
Analisi di contesto, fatti e previsioni post-2016 nel dibattito sulla concessione dello status di economia di mercato alla Cina.
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Status di economia di mercato: cos'è e perchè è importante
Si parla di economia di mercato quando un Paese ha un'organizzazione economica fondata sulla proprietà privata, sulla libertà di impresa e sullo scambio di beni e servizi in mercati liberi.
In base all'art. 2 del Regolamento antidumping di base dell'Ue (Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di Paesi non membri della Comunità europea), l'Unione europea riconosce a un Paese terzo lo status di economia di mercato (SEM) nel caso in cui questo rispetti cinque criteri. Vale a dire, se:
- le decisioni delle imprese in materia di prezzi, costi e fattori produttivi, inclusi ad esempio le materie prime, le spese per gli impianti tecnologici e la manodopera, la produzione, le vendite e gli investimenti, vengono prese in risposta a tendenze del mercato che rispecchiano condizioni di domanda e di offerta, senza significative interferenze statali, ed i costi dei principali mezzi di produzione riflettano nel complesso i valori di mercato;
- le imprese dispongono di una serie ben definita di documenti contabili di base soggetti a revisione contabile indipendente e che siano d'applicazione in ogni caso in linea con le norme internazionali in materia di contabilità;
- i costi di produzione e la situazione finanziaria delle imprese non sono soggette a distorsioni di rilievo derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato relativamente alle svalutazioni anche degli attivi, alle passività di altro genere, al commercio di scambio e ai pagamenti effettuati mediante compensazione dei debiti;
- le imprese in questione sono soggette a leggi in materia fallimentare e di proprietà che garantiscano certezza del diritto e stabilità per la loro attività,
- le conversioni del tasso di cambio sono effettuate ai tassi di mercato.
Di SEM (in inglese Market Economy Status, MES) si è ultimamente parlato molto, sia a livello internazionale che europeo, in relazione alla possibilità – o meno – di attribuire tale status alla Cina. Partner commerciali della Cina come l'Unione europea e gli Stati Uniti non riconoscono al Paese lo status di economia di mercato, che tuttavia Pechino ritiene di dover ricevere di diritto a dicembre 2016 in base ai suoi documenti di adesione all'OMC.
Tra le immediate conseguenze per l'Unione europea vi è il fatto che un eventuale cambiamento di status della Cina a dicembre 2016 potrebbe compromettere la capacità dell'Ue di assicurare una condizione di concorrenza leale tra le sue imprese e quelle cinesi.
Nell'ambito dell'acceso dibattito che si è sviluppato intorno alla questione, con l'aiuto di un'analisi approfondita realizzata della dott.ssa Barbara Barone per la commissione INTA del Parlamento europeo, proviamo a capire il contesto, i fatti, le maggiori implicazioni per l'Ue e i possibili scenari post-2016.
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L'accesso della Cina all'OMC
La Cina è diventata membro dell'Organizzazione mondiale del commercio l'11 dicembre 2001.
“Il processo di adesione cinese all'OMC – si legge nell'analisi di Barbara Barone - è stato negoziato tramite un gruppo di lavoro composto da rappresentanti cinesi e rappresentanti dei membri dell'OMC”. In tale contesto negoziale, “la Cina ha assunto impegni considerevoli” che sono “contenuti nel Protocollo di adesione della Cina all'OMC e nei relativi allegati, giuridicamente vincolanti, che trattano questioni specifiche legate al regime commerciale cinese”.
Gli impegni assunti da Pechino riguardano principalmente il processo di liberalizzazione dell'economia. Un'economia giudicata all'epoca troppo condizionata dall'intervento dello Stato. A quindici anni di distanza, nonostante gli sforzi fatti, la Cina non ha ancora soddisfatto molti degli impegni presi all'epoca.
“Lo Stato - scrive Barbara Barone nella sua analisi - continua a intervenire pesantemente in settori chiave dell'economia cinese e questo potrebbe in ultima analisi compromettere la parità di condizioni per le imprese cinesi e i concorrenti stranieri negli scambi internazionali. […] L'elevato grado di intervento statale continua a influire sui prezzi e sui costi in Cina, secondo l'organizzazione internazionale che stabilisce le regole del commercio internazionale, ossia l'OMC”.
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Status di economia di mercato e misure antidumping
Nei suoi documenti ufficiali l'Organizzazione mondiale del commercio prevede la possibilità per i suoi membri di adottare, al fine di difendere le proprie industrie nazionali, misure contro il dumping, ovvero la pratica di esportare un prodotto ad un prezzo più basso di quello che viene normalmente praticato sul mercato interno (definito valore normale). A tale scopo, i membri OMC possono, dunque, caricare dazi all'importazione su prodotti specifici provenienti da Paesi che esercitano il dumping.
Per determinare i dazi necessari a contrastare il dumping, il criterio utilizzato è quello della comparabilità tra il prezzo del prodotto esportato e il suo valore normale, cioè il prezzo del prodotto praticato nel Paese esportatore nell’ambito di normali operazioni commerciali. Qualora l’esportatore non produca né venda quel prodotto nel suo Paese, il valore normale può venire stabilito in base ai prezzi di altri venditori o produttori. Qualora, poi, nel corso delle normali operazioni commerciali interne non siano realizzate vendite del prodotto simile o tali vendite riguardino quantitativi insufficienti, è possibile utilizzare il costo di produzione nel Paese di origine.
Nel caso di importazioni provenienti da Paesi che detengono il monopolio completo - o quasi – del proprio commercio (ovvero in cui tutti i prezzi interni sono fissati dallo Stato e non dipendono quindi dalle condizioni di mercato), l'Addendum all'art. VI dell'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio dell'OMC (General Agreement on Tariffs and Trade - GATT, 1994) riconosce che la determinazione della comparabilità dei prezzi può essere difficoltosa ai fini delle azioni antidumping.
A causa del forte intervento dello Stato sull'economia, al momento dell'entrata della Cina nell'OMC i prezzi e i costi cinesi non rappresentavano una misura credibile degli effettivi costi di produzione interni del Paese. Di conseguenza, la Sezione 15 del Protocollo di adesione (di cui parleremo più approfonditamente di seguito) ha previsto un regime transitorio che permetteva a ciascun membro dell'OMC di utilizzare, ai fini della determinazione del dumping, una metodologia alternativa alla comparabilità.
Ciò ha finora consentito alla Commissione europea - l'autorità responsabile nelle inchieste AD - di utilizzare, per il calcolo del valore normale di un determinato prodotto importato dalla Cina, non i costi e prezzi interni praticati nel Paese per quel prodotto, bensì il cosiddetto “metodo del Paese di riferimento”, secondo cui “il valore normale è determinato in base al prezzo o al valore costruito in un Paese terzo ad economia di mercato oppure al prezzo per l’esportazione da tale Paese terzo ad altri Paesi”, compresa l'Ue, oppure, qualora ciò non sia possibile, “su qualsiasi altra base equa, compreso il prezzo realmente pagato o pagabile” in Ue “per un prodotto simile, se necessario debitamente adeguato per includere un equo margine di profitto”.
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L'anima del dibattito: la Sezione 15 del Protocollo di adesione
Come anticipato, il dibattito ha origine dalla Sezione 15 del Protocollo di adesione della Cina all'OMC, intitolato "Price Comparability in Determining Subsidies and Dumping" (Comparabilità dei prezzi nella determinazione delle sovvenzioni e del dumping). Di seguito, una parafrasi sintetica dei punti della Sezione considerati d'interesse ai fini della questione:
L'articolo IV dell'Accordo Generale sulle Tariffe e sul Commercio, l'Accordo Anti Dumping Agreement e l'Accordo sulle Sovvenzioni e sulle Misure Compensative si applicano nelle procedure relative all'importazione di prodotti di origine cinese in un membro dell'OMC in conformità con quanto segue:
a) nel determinare la comparabilità dei prezzi il membro OMC importatore può usare o prezzi e costi cinesi per l'industria sotto inchiesta o una metodologia che non sia basata su uno stretto confronto con prezzi e costi cinesi, come di seguito specificato:
i) se i produttori oggetto dell'inchiesta sono in grado di dimostrare chiaramente che nel settore che produce il prodotto analogo prevalgono le condizioni di economia di mercato, il membro OMC importatore utilizza i prezzi o i costi cinesi per l'industria sotto inchiesta per determinare la comparabilità dei prezzi;
ii) nel caso in cui i produttori oggetto dell'inchiesta non possano dimostrare chiaramente che nel settore che produce il prodotto analogo prevalgono le condizioni di economia di mercato, il membro OMC importatore può utilizzare una metodologia non basata su uno stretto confronto con i prezzi o i costi interni cinesi.
Seguono i paragrafi b) e c) – non rilevanti ai fini del nostro discorso – e poi la Sezione 15 si conclude col paragrafo d), di cui ancora una volta riportiamo la parafrasi in italiano:
d) Una volta che la Cina abbia dimostrato, in base alla legislazione nazionale del membro OMC importatore, di essere un'economia di mercato, devono cessare le disposizioni di cui al paragrafo a), a condizione che il diritto nazionale del membro importatore contenga i criteri di economia di mercato a partire dalla data di adesione. In ogni caso, le disposizioni di cui al punto ii) della lettera a) scadono 15 anni dopo la data di adesione. Inoltre, qualora la Cina dimostri, ai sensi della legislazione nazionale dell'importatore membro OMC, che le condizioni di economia di mercato prevalgono in specifici industrie o settori, le disposizioni da economia non di mercato di cui alla lettera a) non sono più applicabili a tali industrie o settori.
Come si legge nella lettera d), il punto (ii) della lettera (a) – solo il punto, non tutta la lettera (a) né tantomeno l'intera sezione 15 – decade 15 anni dopo l'adesione del Paese all'OMC, corrispondente all'11 dicembre 2016.
Dunque, diciamo noi, se è solo il punto ii) della lettera a) a scadere, è legittimo pensare che dopo tale data i membri OMC non potranno più utilizzare un metodo non basato su uno stretto confronto con prezzi e costi cinesi. Tuttavia, la stessa scadenza non dovrebbe riguardare anche l'obbligo in capo alla Cina - definito nella lettera d) - di dimostrare di essere un'economia di mercato in base alla legislazione nazionale del membro OMC importatore (nel caso dell'Ue, in base alla legislazione comunitaria).
“Sulla situazione che verrà a crearsi dopo tale scadenza – scrive in proposito Barbara Barone nella sua analisi - per quanto riguarda la parte rimanente della lettera a) – nonché per l'intero significato della sezione 15 relativa alla comparabilità dei prezzi per determinare l'esistenza di dumping – si è acceso un accanito dibattito, da cui sono scaturite diverse proposte di interpretazione. Sebbene la clausola di cessazione si riferisca unicamente e specificatamente alla lettera a) punto ii), diversi commentatori hanno posto il quesito se i membri dell'OMC potranno continuare ad applicare una metodologia non conforme all'economia di mercato nelle inchieste antidumping riguardanti la Cina”.
L'ambiguità dell'intera Sezione 15, ci spiega l'analisi di Barbara Barone “sembra essere stata voluta e riflette un compromesso raggiunto al tavolo negoziale tra gli Stati Uniti e la Cina prima dell'adesione di quest'ultima all'OMC”. Compromesso, si legge ancora, “in seguito recepito nei negoziati multilaterali”.
“In una precedente versione della lettera d) della sezione 15, la clausola di cessazione si applicava all'intera lettera a). Il compromesso finale, invece, ha fissato una scadenza solo per un punto specifico: il punto ii) della lettera a). In altre parole, il dibattito attuale ripropone un vecchio disaccordo che non è stato possibile risolvere all'epoca dell'adesione della Cina. Il protocollo serviva a introdurre disposizioni temporanee da attuare durante la transizione cinese verso una effettiva economia di mercato”.
In base al Regolamento antidumping di base dell'Ue, come abbiamo detto in apertura, la Cina non rispettava, all'epoca dell'adesione all'OMC, i 5 criteri delle economie di mercato. E gli stessi non risultavano rispettati neanche dopo l'ultima valutazione da parte dell'Ue. “Nella sua valutazione del 2008 – scrive Barbara Barone - la Commissione europea riconobbe i diversi passi avanti compiuti verso l'attuazione delle riforme di liberalizzazione, ma nel complesso fu ritenuto che la Cina non soddisfacesse i requisiti tecnici necessari per l'ottenimento del SEM”
Se, a questo punto, l'Unione europea intendesse cambiare lo status della Cina, la Commissione europea dovrebbe avviare una procedura di modifica del Regolamento di base attraverso una proposta legislativa, che richiederebbe in ogni caso l’approvazione del Consiglio e del Parlamento Ue.
E se lo status della Cina dovesse cambiare?
Gli esperti propongono diverse interpretazioni della Sezione 15 del Protocollo di adesione della Cina all'OMC, e altrettanti sono i possibili scenari post-2016 contemplati. Ovviamente Pechino non concorda con nessuna delle interpretazioni che non prevedano la concessione automatica del SEM dopo l'11 dicembre 2016.
In linea generale, “la maggior parte degli esperti - spiega l'analisi di Barbara Barone - ipotizza che, per ottenere il SEM, la Cina continuerà a sostenere l'onere della prova nel dimostrare che essa soddisfa i criteri di economia di mercato dei paesi importatori membri dell'OMC. Tuttavia, la cessazione degli effetti della lettera a) punto ii), crea incertezze circa il trattamento che deve essere riservato alle importazioni provenienti dalla Cina alla fine del 2016 per garantire la conformità alle regole dell'OMC”.
Chiudiamo questo articolo introduttivo alla questione con i quattro scenari generali post-2016 elencati da Barone nella sua analisi:
- La Cina non acquisisce automaticamente il SEM; l'UE può continuare ad applicare la propria metodologia,
- La Cina non acquisisce automaticamente il SEM; l'UE può continuare ad applicare una metodologia alternativa solo in determinate circostanze ed è tenuta in ogni caso ad adeguare il proprio quadro giuridico e amministrativo,
- Il SEM viene concesso alla Cina, il che esclude la possibilità di applicare un trattamento da economia non di mercato nelle inchieste antidumping,
- Il SEM della Cina viene stabilito caso per caso.
Fonte: Analisi approfondita - Meno di un anno alla scadenza: si accende il dibattito sullo status di economia di mercato (SEM) della Cina di Barbara Barone