Madi Sharma, l'imprenditrice di successo che incoraggia le aziende in rosa
La storia di un'imprenditrice oggi affermata che dal 2002 fa parte del Comitato europeo economico e sociale. Impegnata nel no profit, viaggia in tutto il mondo per incoraggiare le donne a trovare la loro strada.
Madre single di origine indiana, priva di competenze professionali specifiche e vittima di violenza domestica, l'inglese Madi Sharma ha combattuto contro ogni pregiudizio. Sua padre le ripeteva che era buona a nulla e il suo ex un giorno l'ha lasciata con due bambini da crescere. Invece di ascoltare chi la denigrava e di arrendersi agli inevitabili ostacoli che un'imprenditore incontra sulla sua strada, Madi Sharma si è rimboccata le maniche e ha portato avanti la sua idea.
Sola, con due figlie a carico e senza un penny in tasca, Madi doveva sbarcare il lunario. Così cominciò a produrre in casa i samosa, tipici snack indiani, per poi rivenderli a un negoziante al dettaglio. Nel giro di poche settimane le richieste aumentarono vertiginosamente, non solo nella comunità indiana, ma anche tra gli inglesi. Il boom, che si tradusse nell'assunzione di uno staff e nella creazione di una vera e propria impresa, subì una battuta d'arresto quando, alcuni anni dopo, l'azienda ebbe problemi di liquidità e di debiti con le banche. Un duro colpo per Madi, che fu costretta a chiudere battenti e a ricominciare daccapo.
L'unica chance che le rimaneva era tornare in India. Piuttosto che farle un prestito, la sua comunità preferirì aiutarla ad aprire una società di import-export di prodotti tipici di ogni tipo, che Madi cominciò a smerciare in Inghilterra. Nel giro di poco tempo passò da una valigia a un container.
Oggi il suo successo si chiama "MADI Group", un progetto internazionale rivolto alle imprese del settore privato e alle ONG. La filosofia alla base del gruppo consiste nell'individuare idee innovative per il territorio che possano comportare benefici tangibili e promuovere una società sostenibile. Durante i suoi numerosi discorsi pubblici, Madi non manca di ricordare che i suoi collaboratori hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato, una scelta volta a creare un clima di lavoro positivo e a eliminare il senso di precarietà che lei per prima aveva vissuto in gioventù.
Quando l'ho incontrata al summit delle Pmi a Vilnius, nel novembre 2013 Madi mi è apparsa determinata, solare ed elegante. Nulla lasciava presagire una storia di vita così difficile. Restare in contatto con una persona così, anche a distanza di mesi, è facile.
Madi, secondo l'ultima ricerca di Unioncamere, nonostante la crisi economica il 30% delle imprese italiane sono "rosa". Il maggior numero di aziende di proprietà femminile, secondo l'indagine, si trova in Abruzzo, Molise e basilicata. Secondo te in che modo è possibile aumentare questa percentuale e, soprattutto, promuovere l'imprenditoria femminile anche nelle altre regioni?
E' difficile commentare questi dati, perchè non conosco direttamente la ricerca. Tuttavia, lavorando a Bruxelles nel settore delle politiche imprenditoriali, posso confermare che attualmente non sono disponibili statistiche comparabili, in quanto la Commissione non riceve, nè raccoglie questi dati attraverso gli stati membri. Pertanto non vi è una definizione precisa ed omogenea, a livello europeo, di un'impresa a conduzione femminile. Non è così negli Stati Uniti, dove questo tipo di dati viene rilevato dal 1988. Negli Usa le imprenditrici hanno giocato un ruolo importante durante la crisi finanziaria. Tra il 2007 e il 2013 le aziende a conduzione femminile hanno portato 175 mila posti di lavoro, a fronte di una perdita complessiva di 570 mila posti in quell'arco telmporale. Il numero delle imprese rosa, nello stesso periodo, è aumentato del 59%.
Si stima che 8,6 milioni di aziende a conduzione femminile impieghino complessivamente 7,8 milioni di lavoratori. Queste realtà hanno mantenuto un livello di crescita costante e, nonostante la recessione, il tasso di crescita è stato più alto della media delle imprese americane.
La crescita maggiore è stata riscontrata nei settori dell'educazione, dei servizi amministrativi, nella gestione dei rifiuti, dell'assistenza sanitaria e sociale.
Attualmente, negli Usa, nessun settore è privo di imprese a conduzione femminile.
I meccanismi per diffondere il business rosa in Europa e in Italia sono relativamente semplici e a costo zero. Il primo passo è spingere i politici, le associazioni di categoria e le banche a riconoscere che le donne sono una risorsa economica imprescindibile e che, se aiutate, possono creare business, posti di lavoro e crescita sostenibile.
Per riuscirci servono alcune misure. Vediamo quali.
- Creare un ufficio europeo per le imprese a conduzione femminile.
- Nominare in seno alla Commissione europea un direttore per le imprese femminili per aumentare la consapevolezza dei benefici che possono derivare dalle donne che creano e mandano avanti un'azienda.
- Raccogliere informazioni disaggregate sulle imprese femminili in tutte le regioni europee.
- Rafforzare l'attuale legislazione sull'uguaglianza di genere e migliorare la trasparenza sulla destinazione dei fondi pubblici destinati alle politiche di genere.
Sei spesso all'estero e incontri molte imprenditrici. Che opinione ti sei fatta di quelle italiane?
Ho costruito una vita che non cambierei con nessun'altra al mondo, basata sull'essere un’imprenditrice. Viaggio in tutto il mondo e conosco quotidianamente persone nuove, di conseguenza ricerco continuamente nuove opportunità.
Mi capita di incontrare delle imprenditrici italiane sorprendenti, che vengono a Bruxelles per conoscere le politiche, i progetti e per fare rete. Sono in contatto con Unioncamere e sono intervenuta ad alcuni eventi da loro organizzati, sempre a Bruxelles.
Inoltre, sono stata diverse volte in Italia e ho avuto modo di interloquire con le imprenditrici in varie occasioni, anche nell'ambito di un evento, a Roma, promosso da Confindustria.
Le imprenditrici italiane sono serie, conoscono bene i loro prodotti e il mercato. Anche loro avrebbero bisogno di credere di più in se stesse e di aiutarsi a vicenda. La vita dell’imprenditore è fatta di solitudine, ma questo lavoro ne vale la pena, anche in tempi così duri.
Quali sono principali obiettivi che intendi realizzare nel tuo Paese (il Regno Unito) e in Europa, sia come imprenditrice che come membro dell’European Economic and Social Committee?
Sono una cittadina del mondo e capisco la fortuna di essere nata nel Regno Unito e nel continente europeo. Sono cosciente del privilegio che mi è stato dato e la mia intenzione è quello di usarlo per aiutare le persone meno fortunate di me. Il mio obiettivo personale è quello di realizzare concretamente 7 miliardi di idee, ciò le idee di ogni abitante su questo pianeta. So che ce la farò. Riconosco di non potercela fare da sola, ecco perché sto chiedendo al maggior numero di persone di aiutarmi. Questo include il mio impegno a Bruxelles presso il Comitato economico e sociale per cercare di cambiare le politiche e di rendere più vicine ai bisogni degli imprenditori, ma anche il mio lavoro assieme alle persone di tutto il mondo con cui condivido le mie aspirazioni e le mie motivazioni. Se in Italia ci fossero più imprenditori, si potrebbero creare più posti di lavoro e aumentare la produttività. Immagina se questo si potesse realizzare ovunque, nel mondo. Non sono le grandi aziende a creare lavoro e neppure la Pubblica amministrazione, sono i piccoli e micro imprenditori come me!
Cosa pensi del successo riscontrato dalle forze politiche euroscettiche come Ukip, nel Regno Unito?
In media l’affluenza alle urne in Europa è stata del 43%. Questo non è un esempio di buon funzionamento della democrazia. Ad onor del vero, la percentuale conquistata dai partiti euroscettici non è enorme, ma rappresenta pur sempre un campanello d’allarme per le posizioni di potere a Bruxelles.
La domanda è: perché questa apatia? Perché la gente non è andata a votare? La mia opinione personale è che non esiste una leadership in Europa, non c’è una visione, la voce dei cittadini non è ascoltata, non c’è nessuno che rispetti la realtà degli uomini e delle donne comuni. Senza una visione lungimirante, senza un cambiamento alla presidenza della Commissione europea, perderemo il treno della solidarietà per il quale abbiamo lavorato. Spesso dimentichiamo quante persone sono morte in Europa nel nome della democrazia, per garantire pace e sicurezza alle nostre famiglie.