Dalla burocrazia al caro materiali: cosa rischia di rallentare i bandi PNRR
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza deve fare i conti con alcune incognite che rischiano di rallentare pesantemente bandi, gare e investimenti sul territorio.
Lo scontro sulla distribuzione Nord-Sud dei fondi PNRR
Se gli obiettivi per il 2021 sono stati centrati senza troppi intoppi, ora per il Recovery Plan si apre un’altra fase, ben più ardua. Per una serie di ragioni.
La prima è matematica: se gli obiettivi per il 2021 (tra milestone e target, quindi obiettivi sia qualitativi che quantitativi) erano 51, quest'anno si raddoppia.
Gli altri motivi sono un corollario di cui si deve necessariamente tenere conto: da un lato ci sono le lungaggini burocratiche, dall’altro i prezzi dei materiali alle stelle, tanto per iniziare.
Il primo ostacolo: la burocrazia
Già di per sé quella che il Piano nazionale di ripresa e resilienza pone agli Enti locali è una sfida importante, che richiede velocità di esecuzione e competenze di alto livello.
E non si tratta di una sfida “leggera” in termini economici: Comuni, Città metropolitane, Regioni e altri enti avranno per le mani tra i 66 e i 71 miliardi. Ma potrebbero non avere le strutture adeguate per portare a termine le opere previste, come denunciava l’Ufficio parlamentare di bilancio in una relazione di ottobre.
Già nel 2020 gli Enti locali hanno fatto fronte a un carico amministrativo crescente, con livelli di spesa in conto capitale aumentati in modo importante rispetto ai livelli 2017 (da 24,7 miliardi a 31,2). La nuova iniezione di risorse provenienti dal PNRR non può che porre degli interrogativi circa la capacità delle strutture coinvolte nella realizzazione degli interventi di farvi fronte.
Per approfondire: Gli enti locali dovranno gestire 70 miliardi del PNRR. Riusciranno a farlo, e a farlo bene?
Un punto evidenziato anche da Mauro Guerra, Presidente di Anci Lombardia nel corso di un webinar sul PNRR curato da Anci e Ministero dell’Economia. Una partita complessa “che si lega a una assoluta ristrettezza dei tempi e alla necessità di rispettarli in una fase nella quale abbiamo la necessità di far crescere e irrobustire la capacità amministrativa dei Comuni, dopo anni in cui la disponibilità di risorse, le norme su personale e le procedure erano tutt’altro rispetto a quanto abbiamo oggi”.
Oltretutto non ci sono solo i fondi del PNRR da gestire: nei prossimi mesi partirà l’altra grande importante partita dei fondi europei 2021-27, cui vanno aggiunte le risorse provenienti dalle leggi di bilancio.
“Dopo le ultime leggi di bilancio, i Comuni si sono messi alla prova per cogliere le opportunità liberate da misure e bandi che hanno temi attinenti a quelli del PNRR”, prosegue Guerra. “Si dovrebbe fare uno sforzo affinché queste progettualità, che sono già state ammesse dentro alcune graduatorie, possano essere finanziate, perché potrebbero trasformarsi in cantieri operativi molto rapidamente”.
Tra gli esempi citati da Guerra non poteva non esserci il bando per la rigenerazione urbana, che sta alimentando reazioni di scontento tra le amministrazioni pubbliche del Nord, svantaggiate rispetto al Sud Italia. Si tratta di un bando da 3,4 miliardi che, in linea con i criteri di priorità accordati ai progetti presentati da realtà in cui l’Indice di vulnerabilità sociale e materiale è maggiore - ha lasciato a bocca asciutta 551 progetti, il 93% dei quali appartenenti a Comuni del Nord.
“Il combinato disposto di destinare il 40% delle risorse ai Comuni del Sud - la cosiddetta “regola del 40%” prevista dal PNRR, ndr - e di suddividere le restanti in base all’indice di vulnerabilità sociale e materiale, ha determinato una situazione per la quale i Comuni del Nord sono rimasti estremamente marginali nella distribuzione delle risorse. È giusto mantenere la riserva ma si deve rivedere il meccanismo dei criteri ulteriori, perché altrimenti ci troveremmo di fronte a una misura non sostenibile, ingiusta e del tutto irragionevole”, prosegue Guerra.
C’è poi un altro bando al centro delle attenzioni degli Enti locali. Si tratta dei progetti ammessi nell’ambito del bando da 700 milioni per asili nido e scuole dell’infanzia, istituito dalla legge di bilancio 2020: 453 i progetti finanziati su 2.654 richieste presentate al Ministero dell’Istruzione, per un totale di interventi ritenuti ammissibili pari a 692 milioni di euro.
Le risorse restanti saranno destinate, insieme alle economie, per lo scorrimento delle graduatorie e diverse amministrazioni pubbliche insistono sulla possibilità di usare i fondi PNRR per scorrere quella graduatoria.
Ed è proprio sull’edilizia scolastica che, secondo Upi - Unione province italiane, il PNRR rischia di naufragare.
L’esempio citato dal Presidente dell’UPI Michele de Pascale, intervenendo in audizione alle Commissioni Bilancio e Affari Costituzionali sul Decreto Milleproroghe, riguarda i piani 2019 e 2020 per la messa in sicurezza delle scuole superiori e per la realizzazione di nuovi istituti. Piani che, confluiti nel PNRR, ad oggi presentano ben 10 termini di scadenza diversi. Il rischio evidente è che gli enti locali che gestiranno i progetti finiscano per perdersi in una marea di adempimenti.
Di qui la richiesta di Upi di prevedere un termine unico, il 31 dicembre 2022, per l'aggiudicazione dei lavori di tutti i piani di edilizia scolastica. “Gli investimenti che faremo grazie ai fondi del PNRR per mettere in sicurezza le scuole superiori e costruire nuovi edifici moderni e tecnologicamente avanzati sono una straordinaria opportunità: non possiamo rischiare di non coglierla perché le tempistiche di attuazione delle opere si sovrappongono e si confondono”.
Il secondo ostacolo: i prezzi dei materiali alle stelle
Ma i problemi non si pongono solo per le amministrazioni pubbliche. Anche le imprese hanno fatto i conti e oltre a temere le lungaggini burocratiche, paventano le conseguenze del rincaro dei prezzi sulle gare d’appalto.
A lanciare l’allarme è l’ANCE, associazione nazionale costruttori edili nel suo report sullo stato di avanzamento del Recovery Plan.
I bandi pubblicati di recente per le opere PNRR, per esempio da Rfi, hanno prezzi a base di gara del 10-12% inferiori rispetto ai prezzi di mercato. Di conseguenza gli investimenti previsti dal Recovery partono, prima ancora della gara, con un sottocosto consistente. Senza un adeguamento dei prezzari il rischio è che queste opere si blocchino appena aggiudicate o che nessuna impresa si faccia avanti per eseguire i lavori.
Nella lettera inviata dal presidente di ANCE Gabriele Buia a Mario Draghi si fa l’esempio del tondino di ferro, materiale base nelle costruzioni: “In gare bandite di recente il prezzo del tondino andrebbe incrementato in misura superiore all’80% per portare il valore del prezzario in linea con il corrente prezzo di mercato”.