IRA e Green Deal Industrial Plan: von der Leyen a Washington per interrompere la corsa ai sussidi
Sono ore cruciali per il futuro dell’industria europea. Dopo aver licenziato le nuove regole allentate sugli aiuti di stato per gli investimenti nelle tecnologie green, Ursula von der Leyen incontra il presidente americano Joe Biden per cercare una quadra su un nuovo accordo commerciale. Accordo che dovrebbe puntare sulle materie prime critiche per batterie e auto elettriche: Bruxelles cerca così di far rientrare l'UE nelle esenzioni dall'IRA di cui già godono Canada e Messico. Una novità che potrebbe avere implicazioni importanti per grandi aziende europee, come Volkswagen e Intel.
Il paradosso europeo: per abbandonare il gas russo l’UE rischia di dipendere dalla Cina
Al centro dell’incontro di oggi tra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente americano Joe Biden c’è il controverso dossier sul commercio internazionale. La priorità della numero uno dell’Esecutivo europeo è convincere la Casa Bianca ad estendere all'Unione Europea le esenzioni dall’Inflation Reduction Act, cercando così di limitare i danni ed evitare che i colossi industriali europei siano tentati di spostare negli Stati Uniti i propri investimenti.
Come si è arrivati a questo punto?
IRA vs Green Deal Industrial Plan
L'Inflation Reduction Act è la legge statunitense che concede oltre 300 miliardi di euro per l'industria green e clean tech Made in Usa. Una legge che da subito è stata indicata come una minaccia per la competitività europea, già messa a dura prova dalla concorrenza cinese, soprattutto sulla transizione energetica.
Una legge cui l’Europa ha risposto, il 1° febbraio, con una proposta articolata che va sotto il nome di Green Deal Industrial Plan. Un pacchetto normativo per la competitività dell'industria europea a zero emissioni fatto di diversi tasselli: il Net Zero Industry Act, un piano per aumentare la produzione europea di tecnologie green considerate strategiche (dal fotovoltaico all’eolico passando per le batterie), una legge europea per le materie prime critiche e un allentamento delle regole sugli aiuti di stato per trattenere in Europa gli investimenti dei big della transizione energetica.
Un piano articolato che non ha ancora preso del tutto una forma concreta: il Net Zero Industry Act e le legge sulle critical raw materials verranno presentate il 14 marzo, mentre le nuove regole, allentate e più morbide, sugli aiuti di stato sono state presentate il 9 marzo.
Senza un alleato sull’altra sponda dell’Atlantico, tuttavia, i piani europei per favorire la transizione green delle sue industrie potrebbero non portare molto lontano.
Le grandi aziende europee tentate dagli incentivi americani
Bruxelles teme che l’Inflation Reduction Act, con i suoi sussidi generosi, possa convincere le aziende a concentrare i propri investimenti e la propria presenza industriale negli Stati Uniti, privando così l’Europa della manifattura per costruire la transizione ecologica.
Un timore fondato, visti gli annunci recenti di alcune aziende. Volkswagen in questi giorni ha messo in standby i piani per la costruzione di una fabbrica di batterie per i veicoli elettrici nell’Europa orientale e starebbe pensando agli Stati Uniti, dove potrebbe ricevere incentivi importanti, nell’ordine di miliardi di euro.
L’atteggiamento della casa automobilistica è forse il più lampante per comprendere il clima di tensione commerciale tra le due sponde dell’Atlantico: Volkswagen non ha ancora ufficializzato la sua decisione su dove dare vita alla gigafactory, spiegando di voler prima valutare bene le condizioni offerte dal Net Zero Industry Act.
Ma il colosso dell'automotive non è solo. La società statunitense di semiconduttori Intel pure starebbe valutando le sue strategie di investimento: per la costruzione della fabbrica di microchip nella Germania dell’Est Intel avrebbe chiesto nuovi aiuti pubblici. L’azienda vorrebbe che gli aiuti statali arrivassero a coprire circa il 40% dell’investimento, come previsto per i progetti legati al Chips Act, il piano dell’Unione europea per sviluppare un’industria dei semiconduttori nel Vecchio Continente.
La richiesta di maggiori contributi è legata ufficialmente alla volatilità dei prezzi dell’energia in Europa e all’aumento dell’inflazione e potrebbe avere ripercussioni anche in Italia: Intel potrebbe infatti decidere di rivedere i suoi piani per la creazione di un impianto di collaudo e confezionamento nel Paese. Investimento in realtà a rischio già da un anno, come ricostruito in questo articolo.
Verso un accordo commerciale light tra UE e USA?
Se da un lato i timori degli Stati europei e della Commissione hanno spinto Bruxelles a preparare un nuovo piano industriale, dall’altro Bruxelles prova a portare a casa nuovi accordi con Washington.
Il viaggio di Ursula von der Leyen negli Stati Uniti non serve solo per fare il punto sull'invasione russa dell'Ucraina, ma ha l’obiettivo di trovare un accordo con l’alleato atlantico per superare l’impasse IRA.
Non vogliamo arrivare a una corsa ai sussidi, hanno più volte ripetuto i leader europei. Soprattutto Bruxelles vuole evitare una nuova guerra commerciale con Washington.
La task force sull'IRA che mette insieme UE e USA si è già mossa in tal senso: a fine dicembre sono stati concessi sussidi per i veicoli commerciali elettrici prodotti in Europa e venduti negli Stati Uniti e per le batterie prodotte in Europa (ma solo per la quota dei minerali).
Ora Bruxelles vorrebbe aggiungere un altro tassello al puzzle: l’obiettivo di von der Leyen è trovare un accordo con Biden per far rientrare l’UE nelle eccezioni dell’IRA di cui già godono Canada e Messico. Probabile che nel corso della giornata si gettino le basi per un accordo commerciale “light” che sarà probabilmente limitato alle materie prime critiche.
Se Bruxelles riuscirà a spuntarla si verrebbe a creare un “blocco” anti-Cina, un gruppo di Paesi che collaborano nello scambio delle terre rare e che, in tal modo, si sganciano dalla totale dipendenza dalla Cina per le critical raw materials. Un gruppo cui potrebbero aggiungersi anche altri alleati chiave, come Regno Unito e Giappone.