Terza relazione PNRR: progressi su vincolo 40% fondi al Sud
Rispetto alla precedente rilevazione, la nuova relazione semestrale sul PNRR – la prima curata dal Governo Meloni – segnala un aumento dei fondi attribuibili al Mezzogiorno perchè effettivamente assegnati a progetti selezionati. La quota Sud del 40%, insomma, comincia a diventare più concreta. L'esperienza della Politica di Coesione, però, impone di non abbassare la guardia.
Come fare in modo che al Sud vada il 40% dei fondi PNRR
Per dare effettività all'obiettivo trasversale al PNRR della riduzione dei divari territoriali e della coesione territoriale, il Governo Draghi ha deciso di destinare al Mezzogiorno il 40% dei fondi europei del Recovery Plan allocabili territorialmente. Il tentativo di rispettare questo vincolo, e allo stesso tempo di tenere conto dell'effettivo tiraggio di alcune misure e della qualità dei progetti da finanziare, ha dato luogo a soluzioni diversificate in relazione ai vari bandi, dalla graduatoria unica nazionale con riserva del 40% per il Sud ai plafond separati per aree geografiche, dalle pre-allocazione delle risorse alle singole Regioni fino alla riapertura degli sportelli per raccogliere ulteriori domande dal Mezzogiorno.
Nella terza relazione semestrale sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, presentata il 31 maggio dal ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR, Raffaele Fitto, questa sommatoria di operazioni sembra segnare qualche progresso, con una quota crescente di risorse effettivamente assegnate, e non solo destinate sulla carta, al Sud.
I fondi PNRR per il Mezzogiorno
Il volume complessivo delle risorse monitorate dal Dipartimento per le Politiche di Coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, attraverso il Nucleo di Valutazione e Analisi per la Programmazione (NUVAP), ammonta a 222,1 miliardi, di cui 191,5 miliardi di quota PNRR e 30,6 miliardi del PNC, il Piano nazionale complementare al PNRR.
Di queste, le risorse destinate al Mezzogiorno al 31 dicembre 2022 sono state quantificate in 86,9 miliardi, di cui circa 75,1 miliardi di sola quota PNRR, pari al 41% del totale delle risorse Recovery con destinazione territoriale (183,3 miliardi dei 191,5 totali).
Il vincolo di destinazione territoriale risulta quindi al momento soddisfatto e, secondo la relazione, con il progredire dell’attuazione, è migliorata anche la solidità del dato sulle risorse destinate al Mezzogiorno. Se infatti nella precedente rilevazione, solo il 45% delle risorse sulla carta riservate al Sud faceva riferimento a progetti selezionati, nella nuova relazione semestrale questa quota sale ad oltre il 60% degli 86,9 miliardi di euro di risorse PNRR e PNC.
In più, segnala sempre la relazione, si è ridotto il peso dei valori attribuiti al Sud, ma in realtà stimati dalle amministrazioni sulla base di procedure non ancora attivate e di dati relativi ad atti di riparto per procedure che ancora non hanno concluso l’iter di selezione dei progetti.
Anche i dati per Regione sui progetti validati, quindi gli importi finanziati con risorse a valere sul PNRR corrispondenti ai CUP registrati sul sistema ReGiS, indicano che l'obiettivo è prossimo: la quota destinata al Sud risulta in questo caso pari al 38% delle risorse totali.
Massima attenzione e sinergia con la Politica di Coesione
Questi segni di miglioramento, tuttavia, non devono far abbassare la guardia. Secondo la relazione, il vincolo del 40% “richiede una attenta verifica e valutazione per assicurare l’effettiva attuazione degli interventi” e un monitoraggio continuo nel tempo “in quanto eventuali difficoltà in fase attuativa potrebbero non garantire la riduzione dei divari territoriali”.
A ispirare cautela è anzitutto il confronto con le performance dei fondi della Politica di Coesione, la cui attuazione, a fronte di 126 miliardi di euro previsti per il periodo 2014-2020, risultava al 31 ottobre 2022 pari al 34%. “In altri termini – evidenzia la relazione - dopo 8 anni sono stati spesi solo 43 miliardi di euro”.
La preoccupazione, quindi, è che, se non si superano le criticità registrate nelle Politiche di Coesione, anche il trend di effettivo impiego delle risorse assegnate dal Recovery rimarrà debole e “il Mezzogiorno non sarà in grado di realizzare gli obiettivi previsti dal PNRR entro il 30 giugno 2026 con ripercussioni negative sui divari territoriali”. Tanto più che la spesa dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza si sovrappone con i primi anni della programmazione dei fondi europei e FSC 2021-2027.
La strategia del Governo, per affrontare il rischio di ingorghi e sovrapposizioni, è quella di un approccio unitario tra le misure e le politiche di investimento del PNRR e quella della Coesione, che assicuri coerenza e complementarierà tra gli interventi finanziabili nell’ambito dei fondi europei e nazionali 2021-2027 e quanto già finanziato e attuato nell’ambito del PNRR.
Gli incontri tra il ministro Fitto e i singoli presidenti delle Regioni dovrebbero contribuire a questo fine, oltre che a completare il quadro per la proposta di modifica del PNRR da sottoporre a Bruxelles, con l'eventuale fuoriuscita dal Piano nazionale di alcuni progetti da includere invece nella programmazione della Politica di Coesione.
A questo lavoro dovrebbe quindi seguire anche quello sulla programmazione del Fondo sviluppo e coesione 2021-2027, di cui - dopo il via libera della Conferenza Stato-Regioni agli obiettivi strategici nel lontano aprile 2022 - si attendono ancora i Piani operativi.
Per approfondire: Verso la programmazione FSC 2021-2027
Consulta il testo della Terza relazione semestrale sullo stato di attuazione del PNRR