STAFFER, il progetto Erasmus+ per lo sviluppo delle competenze nel settore ferroviario
Identificare le competenze necessarie per lavorare nel settore ferroviario, garantire la giusta formazione agli operatori e facilitarne la mobilità transnazionale. Sono questi alcuni degli obiettivi alla base del progetto europeo "STAFFER - Skill Training Alliance For the Future European Rail System"
Erasmus per le imprese: cosa sono e cosa finanziano le alleanze per l'innovazione?
"STAFFER - Skill Training Alliance For the Future European Rail System" è un progetto europeo coordinato dall’Università di Genova e cofinanziato dall’UE con circa 4 milioni euro per 4 anni nell’ambito del bando Erasmus+ EAC/A02/2019 Azione Chiave 2 - Cooperation for innovation and exchange of good practices (Sector Skills Alliances).
Per approfondire il tema delle Alleanze per l’innovazione e scoprire le caratteristiche del progetto italiano vincitore dei fondi europei abbiamo rivolto alcune domande al prof. Nicola Sacco, membro del team di coordinamento del progetto, di cui l’Università degli Studi di Genova è capofila.
In cosa consiste il progetto Erasmus+ che avete presentato?
Il progetto risponde a una call che rientra nel quadro delle ‘Blueprint for Sectoral Cooperation on Skills’. Si tratta di iniziative che coinvolgono l’industria, cosa che normalmente non avviene con i progetti Erasmus, per stabilire quali siano oggi e quali saranno in futuro le skills che si ritiene che in un determinato settore i lavoratori in generale, e quindi non solo i laureati, dovranno avere.
In particolare, i lavoratori interessati dal progetto STAFFER sono quelli nel settore delle ferrovie, che possono avere diversi tipi e livelli di apprendimento, secondo il Quadro europeo delle qualifiche (EQF). Il focus è soprattutto sulle materie di tipo ingegneristico, quindi EQF level tra 5, 6, 7 e 8 per quello che riguarda la formazione professionale, la laurea triennale, magistrale o il dottorato; ma in linea di principio sono coperti tutti i livelli.
Il progetto è volto a raccogliere da un lato quelli che sono i requisiti che vengono da parte dell’industria, quindi quali sono le competenze e le capacità che saranno importanti nel futuro o che sono già importanti oggi, ma di cui c’è carenza. Dall’altro ci sono le università e i centri di formazione che rispondono adeguando i programmi e progettandone di nuovi per i vari livelli di esperienza.
Questo è lo schema generale per le call ‘Blueprint’ dell’European Education and Culture Executive Agency (EACEA). Nel 2019 c’è stato il bando, che si è chiuso in data 26 febbraio 2020, in cui una delle filiere considerate era quella del settore ferroviario.
Il nostro progetto ha delle particolarità rispetto ad altri che partecipano alla stessa tipologia di bandi. Il settore ferroviario è sostanzialmente diviso in due: da una parte ci sono gli operatori e i gestori delle infrastrutture (ad esempio in Italia Trenitalia che fa circolare i treni, RFI che possiede e mantiene l’infrastruttura); dall’altra abbiamo le aziende tecnologiche che producono treni, segnalamento e tutto quello che serve agli operatori per far circolare i treni (ad esempio in Italia il più importante è Hitachi Rail, mentre a livello continentale abbiamo Alstom Ferroviaria Spa e Simest Mobility).
Quali sono i soggetti coinvolti nel progetto STAFFER?
Sono molteplici i soggetti coinvolti e con obiettivi diversi anche a proposito delle skills. Ad esempio, agli operatori interessano molto le skills legate alla capacità di operare un treno su tratte transnazionali. In questo caso, quindi, le skills fondamentali sono quelle legate alla conoscenza delle lingue e dei regolamenti sui segnali ferroviari dei diversi paesi.
Alle compagnie produttrici di tecnologie interessano altri aspetti, come le applicazioni di machine learning per la previsione della domanda o ai sistemi di pianificazione integrata della mobilità. Un altro tema di interesse per questi soggetti è la cybersecurity, considerando che al giorno d’oggi i treni, soprattutto quelli ad alta velocità, sono in gran parte controllati da computer. In definitiva, quindi, risulta importante in questo caso acquisire le giuste competenze legate all’ICT, alla cybersecurity, al machine learning, e alla pianificazione dei trasporti.
Il compito dell’università e dei centri di formazione è quello di trovare dei compromessi facendo dei percorsi che forniscano competenze generale e specifiche per entrambe le tipologie di aziende del settore ferroviario. Se parliamo di una triennale siamo a livello molto generale, quindi si programmano corsi che vadano bene un po’ per tutti. Nella magistrale, invece, si può pensare a specializzarsi, poi nel dottorato si va verso il mondo degli operatori oppure verso quello delle imprese produttrici di tecnologie.
A quanto ammonta la sovvenzione UE che avete vinto con il bando? Avete usufruito anche di altri fondi nazionali?
Il progetto ha usufruito di un cofinanziamento europeo pari a circa 4 milioni di euro e non ha usufruito di altri fondi nazionali. Essendo un cofinanziamento è previsto che ciascuno dei partner spenda un po’ di più di quello che riceve, per una percentuale che si attesta intorno al 20%. Quindi, si può dire che il valore del progetto sia circa 5 milioni di euro, di cui 4 milioni di finanziati dall’UE.
Quanta rilevanza ha lo sviluppo di competenze digitali e green nel contesto del vostro progetto?
Analizzando le competenze in ambito digitale, sicuramente tutte quelle legate al machine learning e le sue applicazioni come, per fare un esempio che è stato particolarmente rilevante durante la pandemia,la computer vision applicata alla determinazione di quanto è affollato il treno.
Nel progetto STAFFER c’è un maggior focus sulle competenze digitali che su quelle green, anche perché i treni e le ferrovie, per loro natura, sono i trasporti più sostenibili. Ricordiamo, infatti, che la ferrovia è elettrica, non emette CO2 in loco o nelle città, tipicamente tra i mezzi di trasporto è quello che emette minor quantità di CO2 per chilometro. Quindi tutto quello che si fa per potenziare il trasporto ferroviario è di per sé una politica green.
Quali sono state le principali difficoltà che avete incontrato nella preparazione del progetto e nell'accesso al bando Erasmus+?
Uno è la numerosità dei partner coinvolti: sono 32 i soggetti coinvolti nel progetto STAFFER, una cifra legata anche alla natura del comparto ferroviario. È stato l’unico progetto relativo a questo settore presentato per la call Erasmus+ e non aveva competitor, perché il mondo ferroviario ha delle associazioni di categoria a livello europeo che coinvolgono praticamente tutti costruttori a gli operatori, uniti ai centri di formazione e alle università.
L’altra problematica è legata al meccanismo per presentare i progetti. L’agenzia EACEA non ha una struttura informatica supportata e potente come quella messa a disposizione per altri bandi, come ad esempio Horizon 2020. Quindi, per esempio, caricare la documentazione e controllarne lo stato è più complesso e viene demandato al coordinatore del progetto.
Quali sono i fattori di successo per accedere ai finanziamenti europei?
Tra i fattori di successo c’è sicuramente l’importanza di anticipare l’apertura del bando muovendosi per tempo nella raccolta delle informazioni utili per parteciparvi. A questo si unisce la sinergia e l’esperienza diretta di uno o più partner coinvolti nel progetto.
Le iniziative Erasmus, che si distinguono sotto più punti di vista dagli altri bandi europei, richiedono che ci sia almeno un partner che ne abbia esperienza diretta. Un esempio è la rendicontazione che, per i progetti Horizon prevede un finanziamento già diviso in capitoli che copre le spese per ore/uomo, una quota di finanziamento overhead, una quota per le missioni. I bandi Erasmus, invece, prevedono un finanziamento diretto, quindi si contano solo le giornate di lavoro per diverse categorie di personale. Questo meccanismo spesso manda in confusione i partner che, invece, sono abituati ad un altro modello.
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