Energia: cosa non funziona nella programmazione UE secondo Claudio Spinaci, presidente Unem
Da cosa nasce la crisi energetica e perché le imprese europee faticano tanto a riprendersi? Secondo Claudio Spinaci, Presidente Unem – Unione Energie per la Mobilità, c’è qualcosa che non va nei programmi e nelle strategie: “abbiamo molto focalizzato l’attenzione sulla transizione energetica trascurando la sicurezza energetica”.
Sicurezza energetica: di cos'hanno bisogno Italia e UE perché non resti solo sulla carta
Intervenendo il 3 febbraio nel corso dell'evento “La sfida europea per l'Unione Energetica”, organizzato dall'ufficio italiano del Parlamento europeo in collaborazione con la rappresentanza in Italia della Commissione europea e FASI.eu, Claudio Spinaci punta il dito contro la programmazione comunitaria, a suo parere troppo sbilanciata su una sostenibilità solo parziale.
Spinaci è il numero uno di Unem – Unione Energie per la Mobilità, che riunisce e rappresenta da oltre 70 anni le principali aziende che operano in Italia nell’ambito della lavorazione, della logistica e della distribuzione dei prodotti petroliferi, di prodotti energetici low carbon, tra cui i biocarburanti e gli e-fuels, e di tutte quelle nuove realtà industriali attive nell’innovazione e nella ricerca di tecnologie per la la mobilità. Settori particolarmente colpiti dalla crisi energetica legata all’aumento dei prezzi del gas.
Crisi, ricorda il numero uno di Unem intervenendo all’evento dedicato alla sicurezza e all’Unione energetica, che è iniziata nella seconda metà del 2021 “per via dell’aumento improvviso della domanda, tornata ai livelli pre-pandemia, e l’inizio di un maggior consumo da parte della Cina per avviare la transizione energetica”.
“Ciò ha determinato un aumento dei prezzi del gas in Europa del 300-400% che ha portato alcune filiere manifatturiere alla chiusura”. Tanto per fare un confronto, negli USA gli aumenti sono stati inferiori di un decimo, circa del 30-40%. Situazione cui si è aggiunta poi la guerra alle porte dell’Europa.
Ma se la guerra ha colto il mondo e il Vecchio Continente impreparati, lo stesso non si può dire del ritorno della domanda a livelli pre-covid. Motivo per cui, secondo Spinaci, “c’è qualcosa che non va nella programmazione”.
E secondo Spinaci questo qualcosa va ricercato nella concezione della sostenibilità nei programmi e nelle strategie europee. Una sostenibilità fatta di “obiettivi ambientali sacrosanti”, che dev’essere sostenuta anche da una sostenibilità economica e sociale, che significa garantire la sicurezza energetica e significa energia ad un costo sopportabile per la popolazione e per l’industria.
“Il nostro problema è strutturale, nei nostri programmi abbiamo molto focalizzato l’attenzione sulla transizione energetica trascurando la sicurezza energetica”. Ma è un cane che si morde la coda, poiché la sicurezza energetica è indispensabile affinché si realizzi la transizione green.
Gli abbiamo chiesto di farci qualche esempio concreto di cosa significa concretamente questo sbilanciamento sulla transizione anziché sulla sicurezza energetica.
“Significa una transizione non fattibile. La sostenibilità dovrebbe essere declinata a 360 gradi: quindi non solo sostenibilità ambientale, che condividiamo, ma anche una sostenibilità economica e sociale. Se manca l’aspetto della sicurezza energetica non possiamo traguardare nei tempi previsti gli obiettivi che sono stati posti”.
Un esempio portato da molti è quello dello stop delle auto diesel e benzina dal 2035, previsto da Bruxelles nell’ambito del pacchetto Fit for 55.
“La messa al bando della combustione interna priva il settore dei trasporti di una linea di produzione dell’energia, quella dei low-carbon fuel, che potrebbe essere complementare all’elettrico e garantire maggiore sicurezza del raggiungimento dei risultati perché c’è una differenziazione tecnologica”.
Insomma, quella che propone Spinaci non è una chiusura totale alla mobilità elettrica ma una diversificazione tecnologica e delle fonti.
“I provvedimenti e le policy europee dovrebbero stimolare la competizione tra tecnologie in modo tale che si raggiunga la situazione economicamente più sostenibile”.
Oggi invece, secondo Spinaci, si sta facendo il contrario: nella mobilità si sta puntando su un'unica tecnologia, l’elettrico, pur avendo a disposizione altre alternative valide che, in sinergia, potrebbero risolvere il problema della transizione energetica. Tra queste ci sono le biomasse e i carburanti sintetici.
E ciò, conclude, si sta facendo “tra l’altro utilizzando un sistema di misurazione che non è completo, vale a dire quello delle emissioni allo scarico, in cui vengono trascurati tutti quei prodotti che assorbendo Co2 in fase di produzione sono neutri dal punto di vista della decarbonizzazione. Il calcolo va fatto sull’intero ciclo di vita e non solo sull’impronta finale”.