Piano Juncker - impatto su Italia per 40 miliardi entro il 2020
Le stime contenute in uno studio Deloitte-Luiss
- Piano Juncker - su ruolo CDP arrivano i dubbi dei tecnici del Senato
- Piano Juncker - piu' di 60 progetti pronti. Comitato esperti attivo a novembre
Il piano Juncker, per l’Italia, vale complessivamente circa tre punti di Pil solo dal lato delle infrastrutture. Lo dice uno studio appena pubblicato dal Centro Arcelli per gli studi monetari e finanziari (Casmef) della Luiss insieme a Deloitte financial advisory.
I modelli econometrici, basati sulle cifre emerse finora, già dicono quale potrà essere a grandi linee l’impatto che lo schema di garanzie attivato da Bruxelles avrà sull’economia italiana. Arrivando a un valore complessivo in investimenti di poco superiore ai 28 miliardi di euro. Che significano un impatto pari a 40 miliardi di euro sull’economia. Solo la parte riservata alle reti di trasporto, invece, peserà circa 16 miliardi totali. Anche se c’è una cattiva notizia: per vedere tutte le ricadute del piano bisognerà aspetterà fino al 2020.
Il ritardo delle infratrutture italiane
Lo studio analizza lo stato delle infrastrutture italiane e il ritardo che è stato accumulato nel periodo di crisi sotto il profilo degli investimenti. In totale, abbiamo perso circa cinque punti e mezzo di Pil dal 2008 ad oggi; per ritornare in linea con la media europea dovremmo mettere sul piatto risorse per 140 miliardi di euro. Sono soldi che non abbiamo e che sarebbe possibile convogliare solo grazie a un potenziamento forte degli investimenti dei privati. In questa chiave, un ruolo molto importante potrà essere svolto dal piano Juncker, con i suoi 21 miliardi di garanzie pubbliche.
I numeri del piano
Secondo la ricerca, dei 315 miliardi che la Commissione ipotizza di movimentare tramite lo schema di garanzie, 75 saranno usati per le piccole e medie imprese, mentre 240 saranno dedicati agli investimenti infrastrutturali. “Inutile dire che la quota italiana di questi fondi non possa essere definita in anticipo”, spiega lo studio. Il motivo è che il piano, per statuto, non è basato su un sistema predeterminato di quote, ma guarderà solo alla qualità dei progetti che saranno presentati nel corso dei prossimi mesi. Saranno gli esperti del fondo Efsi a decidere come muoversi.
Le simulazioni
Sono però possibili delle simulazioni per capire in che direzione ci stiamo muovendo. Stimando, allora, che la regola di allocazione dei fondi dell’Efsi sia proporzionale alla quota della popolazione italiana sul totale di quella dell’Ue, otteniamo che a noi dovrà arrivare circa il 12% del denaro totale. Dei 240 miliardi, allora, l’Italia dovrebbe incamerarne circa 28,8 per investimenti in infrastrutture. Non tutti andranno, però, in infrastrutture dedicate ai trasporti, ma anche ad altre destinazioni.
L'impatto sul nostro Pil
La ricerca, allora, stima che la parte riservata alle infrastrutture di trasporto sia pari a circa il 40% del totale. Quindi, si arriva a un investimento da 11,5 miliardi in tre anni, pari a due decimali di Pil all’anno. L’impatto di questo denaro, dopo quattro anni, potrà contare su un effetto leva che porterà la ricaduta complessiva sull’economia italiana a 16,2 miliardi. Se parliamo di infrastrutture in generale, invece, l’effetto di 28,8 miliardi di investimenti potrebbe, nel giro di quattro anni, portare un impatto di circa 40 miliardi sul Pil italiano, pari a poco meno di tre punti. Una stima che contiene, però, anche una cattiva notizia: le ricadute del piano Juncker si dispiegheranno in pieno solo dopo il 2020.
Link
Piano Juncker - integrazione tra fondi Ue, arrivano linee guida Bruxelles