DEF - infrastrutture e piano Juncker, 5 miliardi di flessibilita' da Ue

Piano Juncker
Conferenza stampa Matteo Renzi - foto di Palazzo Chigi

I settori sui quali le imprese dovranno puntare nel 2016, contando sulle deroghe concesse dall'Europa

Politica di coesione, fondi per le infrastrutture, investimenti del piano Juncker. Sono questi gli assi di finanziamento sui quali le imprese dovranno puntare con forza nei prossimi anni. Perché, stando a quello che si legge nel Documento di economia e finanza (DEF), le risorse impegnate dall’Italia su questi capitoli non saranno conteggiate nei vincoli europei del Patto di stabilità. Grazie a questi vincoli meno stretti, allora, il nostro paese avrà a disposizione un pacchetto extra pari a poco meno di cinque miliardi di euro. Da utilizzare per il sostegno alla crescita, soltanto nel 2016.

Fuori i contributi dal Piano Juncker

Il Documento di economia e finanza, nel descrivere l’intervento in arrivo, parte dalla comunicazione della Commissione europea del 13 gennaio 2015, che ha chiarito come fare uso dei margini di flessibilità per gli investimenti nel quadro del Patto di stabilità e crescita. Da un lato ci sono i contributi per il Fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis): sono da considerarsi una misura una tantum e, quindi, non incidono sugli obiettivi del Patto. In altre parole, non saranno avviate procedure di infrazione se gli obiettivi di indebitamento non vengono centrati a causa del contributo al Fondo relativo al piano Juncker.

Fuori i cofinanziamenti

L’altro elemento riguarda i cofinanziamenti. Nell’ambito degli accordi europei, alcune tipologie di investimento cofinanziate dall’Unione europea sono infatti considerate equivalenti ad importanti riforme strutturali, e possono giustificare una deviazione temporanea da parte dello Stato membro dai propri obiettivi di bilancio. Si tratta, nello specifico, delle spese relative ai progetti cofinanziati dall'Unione europea nel quadro della Politica strutturale e di coesione (inclusa l'Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile), delle Reti Trans-europee (Trans-European Network), o del Meccanismo per Collegare l'Europa (Connecting Europe Facility).

Le condizioni da rispettare

Perché la clausola possa essere attivata bisogna rispettare alcune condizioni: in sostanza, il paese deve avere crescita negativa ma la deviazione dagli obiettivi di patto non può determinare il superamento del 3% nel rapporto tra debito e Pil. Tutte condizioni che l’Italia rispetta e che le consentono una deviazione che il Documento quantifica in maniera esatta. “Alla luce di tali disposizioni – si legge -, il Governo intende avvalersi per il 2016 della flessibilità concessa per le spese in cofinanziamenti di progetti di investimenti, richiedendo una deviazione dal percorso di convergenza verso l’obiettivo di medio periodo pari a 0,3 punti percentuali del Pil”.

Bonus da 5 miliardi

Quindi, la deviazione sarà di poco inferiore ai 5 miliardi di euro e consentirà investimenti nei programmi europei citati prima, oltre che nel Fondo europeo per gli investimenti strategici. Il nostro deficit strutturale, infatti, nel 2016 si attesterà allo 0,7% del Pil e, quindi, anche con l’incremento programmato resterà ampiamente sotto controllo.

L'impatto sul Pil

Il risultato per l’economia è notevole: questi contributi extra in cofinanziamento impatteranno molto sul Pil nei prossimi anni. “Ne risulta – conclude il DEF - che gli investimenti in progetti cofinanziati contribuiscono ad aumentare la sostenibilità delle finanze pubbliche nel medio periodo grazie al loro impatto sulla crescita potenziale”.

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