La Direttiva Case green arriva in Gazzetta ufficiale europea
Dopo il via libera del Consiglio a metà aprile (con il voto contrario di Italia e Ungheria) la Direttiva Case Green è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale europea ed entrerà in vigore tra 20 giorni. A questo punto la palla passa ai singoli Stati membri che avranno due anni di tempo per recepire il testo nella propria legislazione. Su tutto vigilerà la Commissione che riesaminerà il testo entro il 2028, alla luce dell’esperienza acquisita e dei progressi compiuti durante la sua attuazione.
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La pubblicazione della “Direttiva (UE) 2024/1275 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 aprile 2024, sulla prestazione energetica nell’edilizia” (Energy Performance of Buildings Directive, EPBD, in inglese) chiude, in questo modo, il lungo percorso di approvazione di un testo che, insieme alla Direttiva sull’efficienza energetica (EED) e alla revisione della Direttiva rinnovabili (RED), è destinato ad incidere in maniera netta sulla vita di milioni di cittadini e imprese in tutta UE.
L’obiettivo della revisione della Direttiva EPBD (in realtà è una rifusione dell’atto) è infatti quello di ottenere un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050, aumentando il tasso e la profondità delle ristrutturazioni degli edifici, anche tramite il ricorso a varie forme di incentivazione pubblica.
Cosa prevede la Direttiva Case Green: i tempi per nuovi edifici e ristrutturazioni
Come già accennato, la Direttiva EPBD punta a rendere energeticamente efficienti gli immobili europei (pubblici e privati, nuovi ed esistenti) entro il 2050, tracciando una tabella di marcia per gli Stati membri per conseguire tale obiettivo, caratterizzata però da una serie di deroghe e da non banali margini di flessibilità.
E’ proprio quest’ultimo aspetto - la flessibilità - a marcare la differenza maggiore rispetto alla prima versione della Direttiva.
Il fronte maggiore in cui si manifesta tale flessibilità è sicuramente la base di calcolo del percorso di ristrutturazione da realizzare per raggiungere l'obiettivo. Se in origine, infatti, il testo prendeva in considerazione la classi energetiche degli edifici (fissando al 2030 e al 2033 gli anni entro cui gli edifici avrebbero dovuto conseguire rispettivamente almeno la classe energetica E e D), adesso si parla invece di un taglio del consumo medio di energia del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035.
Una cambiamento non da poco, se si considera anche che nel calcolo del taglio delle emissioni, gli Stati membri potranno considerare l’impatto potenziale sul riscaldamento globale di un edificio nel suo ciclo di vita, inclusi la produzione e lo smaltimento dei prodotti da costruzione utilizzati per realizzarlo.
Entrando nel merito delle tempistiche, la tabella di marcia per l'efficienza energetica degli immobili cambia a seconda dell’edificio. Nel caso di edifici nuovi, infatti, l’obbligo di costruire immobili a zero emissioni è fissato al:
- 2028 per quanto riguarda gli edifici pubblici;
- 2030 per quel che concerne gli edifici residenziali.
Per quanto riguarda invece gli edifici esistenti:
- nel caso degli edifici non residenziali, gli Stati dovranno ristrutturare il 16% di tali edifici con le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% entro il 2033, introducendo requisiti minimi di prestazione energetica;
- nel caso di edifici residenziali, invece, il target complessivo che i Paesi membri dovranno raggiungere è pari a una riduzione dell'energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035.
Ovviamente per evitare che i risultati siano conseguiti agendo soprattutto sugli edifici nuovi, la Direttiva impone all’articolo 9 che gli Stati assicurino che “almeno il 55% della riduzione del consumo di energia primaria sia raggiunto attraverso il rinnovo degli edifici più energivori”. Un'imposizione che, nel caso dell’Italia, dovrebbe riguardare circa 5 milioni di edifici sui circa 12 milioni esistenti. Un numero che gli esperti calcolano sulla base di quanto previsto dalla Direttiva stessa, che spiega come gli edifici più energivori siano quelli che rientrano nel 43% di immobili con le performance più basse nel patrimonio nazionale.
I calcoli sugli immobili da riqualificare vengono però mitigati anche da una serie di esenzioni. Gli Stati potranno infatti escludere da tali obblighi gli immobili storici, agricoli, le seconde case o gli edifici di culto, solo per citarne alcuni.
Direttiva Case Green: più flessibilità sulle caldaie
A trarre beneficio dalla maggiore flessibilità del testo definitivo della EPBD sono anche le caldaie a gas. La prima versione della Direttiva era infatti molto più stringente sia in materia di impiego delle caldaie a gas, sia in termini di loro finanziamenti.
Nel primo caso, infatti, l’ultima versione della EPBD mette a bando le caldaie a gas metano a partire dal 2040, cinque anni in avanti rispetto al termine ipotizzato inizialmente dalla Commissione che si fermava al 2035.
Parecchio differente anche l’assetto finale del sistema di incentivazione delle caldaie ammesso. Se in origine, infatti, la EPBD imponeva lo stop agli incentivi a partire dal 2024, adesso la lancetta dell'orologio è stata spostata al 2025. Da quel momento gli Stati non potranno più incentivare l'acquisto di caldaie autonome a combustibili fossili, salvo però un lista piuttosto folta di castiche.
La nuova versione della Direttiva fa infatti una distinzione piuttosto netta tra combustibili e tecnologia. Ciò significa che, mentre è esclusa la possibilità di incentivare apparecchi che usino combustibili fossili, l’incentivo può invece essere dato ad apparecchi che siano in grado di funzionare in modo prevalente con gas verdi, come il biometano o l’idrogeno. Dal prossimo anno potranno quindi essere promossi incentivi per sistemi di riscaldamento ibridi che combinino ad esempio caldaie e pompe di calore o solare termico.
Direttiva Case Green: resta il nodo incentivi
Nonostante il percorso stabilito dalla EPBD preveda un’ondata di ristrutturazioni del parco immobiliare europeo senza precedenti, la Direttiva latita parecchio sul fronte degli incentivi.
E questo nonostante la stessa Commissione europea abbia stimato che la riqualificazione del parco immobiliare (sia residenziale che non residenziale) impegnerà oltre 150 miliardi di investimenti extra ogni anno, in aggiunta a quanto già viene investito oggi.
Si tratta di un gap di finanziamenti imponente a cui ad oggi l’articolo 17 della Direttiva - quello dedicato a “Incentivi finanziari, competenze e barriere di mercato” - non dà una risposta completa. Su questo fronte, infatti, la nuova EPBD “si limita” a indicare che gli Stati membri possono e debbano usare risorse nazionali finalizzate a sostenere le ricostruzioni green, potendosi appoggiare anche sui rispettivi PNRR nonché sui fondi europei esistenti.
Nessun cenno, invece, ad un Fondo europeo ad hoc destinato esclusivamente all'efficienza energetica, come invece molti auspicavano.
Qualcosa potrebbe cambiare a marzo 2025, mese nel quale la Commissione presenterà i risultati di un'analisi sul livello di efficacia dei fondi a disposizione, a partire dalla quale sarà poi redatto un report da cui potrebbe nascere l’istituzione di un tale strumento. Si tratta però di una strada piuttosto articolata, che dovrà fare i conti anche con il cambio di equilibri politici che potrebbero derivare dalle elezioni europee di giugno.
Consulta il testo della Direttiva Case Green approvato al PE il 12.03.2024
Foto di Kindel Media