Unione Europea: finanza pubblica, i nodi da sciogliere nel 2013
Il primo banco di prova decisivo su questo fronte sarà grossomodo tra un mese, nel corso del Vertice fissato per il 7 e 8 febbraio. In quella sede si discuteranno le famigerate prospettive finanziarie per il periodo 2014-2020, rimaste arenate fino a questo momento, a causa del blocco della Gran Bretagna e di alcuni paesi nordici. Si ripartirà dalla proposta del presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, più bassa di 80 miliardi rispetto alle ipotesi della Commissione europea. Ma la partita è articolatissima. Londra e Berlino vorrebbero un taglio di almeno 100 miliardi. Mentre, all’opposto, il ParlamentoUe ha già fatto sapere di non essere disposto a scendere sotto la quota indicata dall’Esecutivo comunitario: 1.031 miliardi di euro. In mezzo ci sono paesi come l’Italia e la Francia che puntano soprattutto a salvare alcuni capitoli di spesa, come la Pac e i fondi strutturali, che altri vorrebbero sforbiciare. Senza contare che la divisione tra paesi fondatori e nuovi entrati rischia stavolta di mostrarsi con tutta la sua forza.
La possibilità di fallimento della trattativa è concreta. E, in questo caso, la strada è già tracciata dai Trattati. Se non si raggiunge un accordo si procederà prendendo l’ultimo anno delle ultime prospettive approvate (2007-2013), moltiplicandolo per sette e aggiungendovi una rivalutazione del 2%: in questo modo si arriverebbe a un valore di 1.027 miliardi di euro. Senza, però, poter introdurre nuovi capitoli di spesa e investimento rispetto al periodo precedente. Un irrigidimento della spesa comunitaria che lascerebbe tutti con l’amaro in bocca.
Quasi contemporaneamente si aprirà l’altro fronte caldo per l’Ue: l’unione bancaria. A gennaio partirà la discussione per la legislazione di dettaglio, che dovrà riempire di contenuti l’accordo politico raggiunto a metà dicembre scorso. E non sarà una discussione facile, visto che la partita si gioca tutta intorno a nozioni tecniche, come la precisa estensione del potere di vigilanza della Bce o l’autonomia che sarà lasciata agli organismi di controllo dei singoli paesi membri. La Germania, ad esempio, non mollerà un centimetro sulla vigilanza dei suoi istituti di credito regionali.
Se i tempi immaginati a dicembre saranno rispettati, l’accordo su questo fronte sarà raggiunto già nel corso del prossimo mese. Ma le difficoltà, a quel punto, non saranno superate. Perché l’obiettivo di medio termine da raggiungere è lo sganciamento del sistema bancario da quello dei debiti nazionali. Per ottenerlo Bruxelles dovrà ratificare altri passi già nel corso del 2013. Entro marzo dovrà essere approvato il via libera a uno schema di garanzie comuni a tutte le banche europee per i depositi bancari. A proteggere i nostri conti correnti, cioè, non saranno più le autorità nazionali, come avviene oggi, ma le autorità europee, che si faranno garanti di una soglia minima di liquidità.
Approvati questi due tasselli, lo sganciamento sarà stato quasi completato. Mancherà solo un terzo elemento: la ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del fondo salva Stati. In sostanza, i meccanismi di vigilanza europea consentiranno a Bruxelles di garantirsi “a monte” contro eventuali abusi sul fronte degli aiuti. Così l’Esm, anziché ricapitalizzare le casse degli istituti di credito attraverso le casse pubbliche, sul modello di quanto è già accaduto in Spagna, potrà ricapitalizzare direttamente il capitale delle banche. Anche se, su questo punto, i timori di abusi da parte di alcuni paesi sono ancora molto forti.