ActionAid deuncia l'impatto dei biocarburanti sulla fame nel mondo
Nel dicembre 2008, infatti, i capi di stato e di governo dell’UE hanno raggiunto l’accordo sulla Direttiva Energie rinnovabili, secondo cui entro il 2020 ogni stato membro dovrà soddisfare il 10% dei propri fabbisogni di carburante destinato ai trasporti avvalendosi delle fonti di energia rinnovabile, inclusi i biocarburanti e l’idrogeno.
Tuttavia, un incremento della produzione di biocarburanti potrebbe portare ad una massiccia deforestazione e potrebbe avere delle gravi ripercussioni sulla sicurezza alimentare, in quanto le coltivazioni destinate all’energia andrebbero a sostituire la destinazione attuale dei terreni. Molte associazioni per lo sviluppo internazionale e diversi ambientalisti hanno criticato la strategia dell’UE e hanno chiesto che si abbandoni l’obiettivo del 10% e le misure ad esso correlate per evitare che milioni di persone soffrano la fame. “L’espansione su larga scala dei biocarburanti industriali deve essere fermata” ha dichiarato Time Rice, membro di ActionAid, chiedendo ai governi europei di non accrescere il loro uso nel momento in cui saranno redatti i piani d’azione nazionali sulle energie rinnovabili per i prossimi 10 anni.
Ricavati da mais, frumento, zucchero di canna, olio di semi e olio di palma, soia e semi di colza, i biocarburanti industriali entrano in competizione con le coltivazioni destinate all’alimentazione, facendo aumentare il prezzo delle derrate e andando a incidere sulla qualità e sulla quantità del cibo nei paesi in via di sviluppo.
Le stime di ActionAid sulla fame nel mondo rivelano che per un aumento dell’1% del prezzo del cibo, 16 milioni di persone rischiano di patire la fame. Nel 2008, da soli, i biocarburanti sarebbero stati responsabili di un aumento del 30% del prezzo delle derrate alimentari.
Secondo ActionAid il consumo di biocarburanti da parte dell’Unione Europea si quadruplicherà entro il 2020 e i due terzi di questi biocarburanti verranno importati principalmente dai paesi in via di sviluppo, sottraendo il sostentamento a milioni di persone.
Il report di ActionAid denuncia inoltre il disastroso impatto che i biocarburanti industriali avranno sulla giurisdizione delle terre in cui vengono coltivati. La portata del fenomeno dell’occupazione delle terre è sconvolgente. L’indagine di ActionAid mostra che in cinque paesi africani, un’area geografica grande quanto il Belgio (1,1 milioni di ettari) è stata confiscata per essere coltivata a biocarburanti ai fini dell’esportazione. Le industrie europee, inoltre, avrebbero acquistato o richiesto aree di terra paragonabili all’estensione della Danimarca (oltre 5 milioni di ettari) per la coltivazione di biocarburanti industriali nei paesi in via di sviluppo.
Florence Minji lavora per ActionAid in India, il suo paese natale, presso alcune comunità molto povere nel nord est. Da tempo fa parte di un movimento sempre più numeroso che si oppone all’uso dei biocarburanti industriali. “In Inghilterra molti stanno spingendo sui biocarburanti. Ma non dovrebbero. Al contrario dovrebbero opporsi. Noi abbiamo potuto constatare la realtà: l’impatto sulle popolazioni indigene e sui contadini più poveri è disastroso. Soltanto una campagna globale può fermare tutto questo. In realtà quando viene promosso il biodiesel, i benefici sono soltanto per i ricchi, non per i poveri”.
Mentre la normativa europea stabilisce dei criteri di sostenibilità per la produzione dei biocarburanti e prevede che le emissioni di CO2 siano inferiori del 35% rispetto a quelle derivanti da combustibili fossili (percentuale che dovrà salire al 60% entro il 2018), ActionAid sottolinea che la maggior parte dei biocarburanti non riduce però le emissioni di gas serra rispetto ai combustibili fossili.
Per ActionAid i biocarburanti industriali rappresentano una falsa pista nella lotta al cambiamento climatico. La trasformazione delle terre dovuta alla conversione delle foreste e delle praterie in coltivazioni di biocarburanti potrebbe aumentare le emissioni di gas serra; al contempo l’impiego dei fertilizzanti favorirebbe la diffusione dei nitrati, trecento volte più inquinanti rispetto al gas serra.
“Ci hanno preso la terra quando era fertile, senza darci nulla in cambio. Rivogliamo indietro le nostre fattorie, perché da esse dipende la nostra esistenza. Stiamo morendo di fame e nulla di quello che abbiamo ci appartiene” ha dichiarato Matilde Ngoene, madre e contadina del Mozambico, nel novembre 2009.
(a cura di Alessandra Flora)