La Fed e le polemiche sul secondo mandato di Bernanke
L’amministrazione Obama, che ha posto il sigillo sulla sua riconferma, ha dovuto ammettere che la recessione è più profonda e dannosa per la posizione fiscale degli Stati Uniti rispetto a quanto si credeva e pronostica che il deficit pubblico superi di duemila miliardi - nel corso dei prossimi dieci anni - le stime iniziali. L’impatto delle cifre dichiarate dalla Casa Bianca è passato in sordina di fronte alla conferma annunciata di Bernanke come chairman del board della Federal Reserve, salutata con entusiasmo dalla Borsa. Ciò non toglie che i numeri annunciati da Washington presentino un quadro desolante del deterioramento del debito pubblico americano. La Casa Bianca annuncia inoltre che quest’anno il Pil crollerà del 2,8%, rispetto alle stime inziali dell’1,2%, ma anche che la disoccupazione sfori il 10% e resti sopra l’8% fino alla fine del 2011.
Ma torniamo a Bernanke, che si è offerto di lavorare con il Congresso per migliorare la trasparenza della Fed, la cosiddetta “accountability” ed incrementare la vigilanza, senza che ciò possa rappresentare una minaccia per l’indipendenza di questo organo. Ma soprattutto Bernanke è favorevole al fatto che la Banca Centrale Americana possa aumentare i suoi poteri oltre i limiti legalmente consentiti, in situazione di emergenza, per garantire il credito alle imprese, nel caso in cui venga messo in atto un adeguato regime speciale di bancarotta per i gruppi finanziari. Poteri non molto graditi ai politici americani, con cui Bernanke dovrà ricucire i rapporti.
Nonostante sia stato nominato per la prima volta da George W. Bush, il suo più grande sostenitore – non soltanto in apparenza – resta il presidente Barack Obama, secondo il quale “Grazie alla sua audace azione e al suo pensiero al di fuori degli schemi è riuscito a mettere un freno alla caduta libera della nostra economia”. Il presidente Obama ha ribadito che è sua intenzione rafforzare le competenze della Fed nell'ambito del ridisegno del sistema di regolazione della finanza americana. Il secondo mandato di Bernanke sarà l'occasione per compiere questa riforma, di cui si parla ormai da troppo tempo.
Nonostante la riconferma, Bernanke continua ad accumulare critiche da più parti. Secondo Stephen Roach, chairman della Morgan Stanley Asia, “la decisione di rieleggerlo non è stata lungimirante, a causa dei molteplici errori con cui Bernanke avrebbe affrontato la crisi”.
Bernanke è spesso accusato di essere stato lento nel prendere le redini della crisi emergente. Se nel marzo 2007 dichiarava al Congresso che i problemi legati al mercato subprime sembravano sotto controllo, nell’agosto dello stesso anno è corso a iniettare liquidità alle istituzioni, allentando i tassi di interesse. Il suo tratto distintivo è l’attivismo, in antitesi con le politiche passive della Depressione degli anni Trenta su cui ha studiato ai tempi dell'università. Fin dalla fine del 2007 Bernanke ha tagliato i tassi in modo aggressivo, anche se l’inflazione era elevata e ha dato vita ad una serie di sforzi per dare liquidità ai mercati e agli investitori (credit easing). Nella primavera del 2009 la Fed ha messo in atto un processo di “stress test” per riconferire fiducia nel sistema bancario americano. Esperti come John Taylor, economista alla Stanford University, lo accusano di aver gettato la Fed nel business della distribuzione del credito a buon mercato.
Riguardo alla “exit strategy” la domanda principale resta “Quando” e non “In che modo”. Ci vorranno molti, dolorosi anni di disoccupazione, a causa dei quali, alla fine, gli americani probabilmente non avranno alcuna intenzione di ringraziare Bernanke.(Alessandra Flora)