Coronavirus: come presentare la dichiarazione per riaprire l'attivita'
I vari Dpcm che si sono rincorsi in queste settimane hanno via via aggiornato l’elenco delle attività che restano aperte. Per tutte le altre che non possono operare in smart working, invece, come si sa c’è la chiusura. Ma se l’azienda opera in una delle filiere prioritarie, può chiedere al Prefetto di continuare a lavorare. Si tratta di una deroga che però, secondo le Regioni, rischia di aggirare il lockdown.
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Il Dpcm del 10 aprile ha esteso il lockdown fino al 3 maggio, aumentando però il numero delle attività che possono restare aperte.
Di conseguenza aumentano anche gli ambiti di manovra per quelle aziende che, pur non operando tra i Codici Ateco elencati nel Dpcm del 10 aprile, svolgono comunque un’attività funzionale per assicurare la continuità delle filiere incluse nelle attività indicate dal Decreto (Allegato 3), nonché delle filiere delle attività dell’industria dell’aerospazio, della difesa e delle altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale, autorizzate alla continuazione, e dei servizi di pubblica utilità e dei servizi essenziali.
Quando si può chiedere una deroga al Prefetto per continuare ad operare?
Tutti i Dpcm che hanno elencato i Codici Ateco autorizzati a rimanere aperti (incluso l’ultimo del 10 aprile), hanno previsto alcune deroghe che possono essere concesse dal Prefetto.
Se infatti un’azienda che opera in un’attività non compresa fra i Codici Ateco autorizzati, ritiene tuttavia di dovere continuare a lavorare per assicurare la continuità di una delle filiere essenziali, può richiedere una deroga al Prefetto della provincia in cui è ubicata l’attività.
Molte Prefetture hanno predisposto moduli da utilizzare per la richiesta di deroga, come nel caso della Prefettura di Reggio Emilia. Si tratta di una comunicazione in cui devono essere indicate in modo dettagliato le imprese e le amministrazioni beneficiarie dei prodotti, nonché i servizi attinenti alle attività consentite.
Il Prefetto, a quel punto, verifica l’esistenza di tale necessità ed interviene solo se l’esito dell’analisi è negativo e non ritiene, quindi, che sia necessario tenere aperta l’azienda.
Un procedimento che prevede, pertanto, il meccanismo del silenzio - assenso da parte della Prefettura. Il Prefetto, infatti, è tenuto a pronunciarsi solo per bloccare l’eventuale proseguo dell’attività della azienda, e non invece per dare il proprio ok sul fatto che l’azienda continui ad operare. Pertanto, finché non arriva l’ordine di fermarsi, l’azienda che ha richiesto la deroga può continuare a lavorare.
Una procedura che, secondo molti Governatori, rischia di lasciare aperte troppo attività, soprattutto se il numero delle domande aumenta e la macchina amministrativa ne viene sommersa.
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L’elenco dei Codici Ateco autorizzati ad operare, previsti dal Dpcm del 10 aprile
Il ruolo di Prefetti e Governatori nel Dpcm del 10 aprile
E’ proprio il meccanismo del silenzio-assenso quello che non piace alle Regioni. La procedura, infatti, è considerata da molti Governatori come troppo scivolosa e capace di tenere aperte attività che, invece, dovrebbero essere in lockdown.
La valutazione negativa si inserisce all’interno di una dialettica tra Governo e Regioni che vede i Governatori sempre più pressanti nel chiedere un maggior coinvolgimento nella Fase 2 di riapertura delle attività produttive.
Una pressing che in parte è stato raccolto già dal Dpcm del 10 aprile che infatti, rispetto ai precedenti, aggiusta leggermente il tiro prevedendo un coinvolgimento più ampio delle Regioni nella decisione, visto che il Prefetto - prima di pronunciarsi - deve sentire il Presidente della Regione.
Ma i Governatori continuano comunque a lamentare come il sistema delle deroghe abbia nei fatti rimosso parte del lockdown. A dirlo è anzitutto il Governatore del Veneto Luca Zaia che, nell’affermare che molto probabilmente il 60% delle aziende venete ha già riaperto, chiede che le Regioni siano più coinvolte nella messa a punto della Fase 2.
Gli fanno eco anche i Governatori di Toscana, Emilia Romagna e Campania che sottolineano come il punto cruciale non siano solo i codici Ateco (e il sistema del silenzio-assenso per le deroghe), ma le misure di protezione dei lavoratori nei luoghi di lavoro. Un elemento che sarà essenziale per gestire la Fase 2 e riaprire gradualmente il Paese.
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