Drafing normativo nelle sedi parlamentari: nuove competenze per i futuri professionisti
La comprensione della Costituzione e del funzionamento delle democrazie rappresentative può sembrare un argomento di nicchia e per specialisti, eppure, in un sistema politico in forte crisi e con il montare delle diseguaglianze sociali, la questione appare di interesse rilevante.
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La genesi normativa nelle sedi parlamentari e ancora di più il drafting normativo, soggetto magari alla cattiva lobby, stanno condizionando la vita professionale di una parte di società istruita, ma poco attenta a questioni che finiscono per influire pesantemente gioco forza sulla vita democratica tutta.
Il referendum di modifica costituzionale del 2016, rimandato al mittente in larga parte dai cittadini italiani, ha aperto seppure momentaneamente un vivace dibattito, coinvolgendo l’opinione pubblica su argomenti che sono apparsi di pressante attualità e che mettevano al centro una serie interessante di punti riferiti anche alla non attuazione di larga parte della attuale Costituzione.
Tra i punti interessanti almeno due vanno menzionati: da una parte, la tanto lamentata lentezza del processo decisionale nelle sedi parlamentari, dall'altra, il rapporto di attribuzione tra Stato e regioni, ovvero un’autonomia e un decentramento basati sul regionalismo piuttosto che su una vera autonomia.
Al di là delle questioni messe in gioco dal referendum, è molto interessante oggi farsi delle domande sul drafting normativo: quanto è importante per i cittadini comprendere come funziona la democrazia parlamentare e quindi, semplificando al massimo, in che modo viene promossa l’iniziativa legislativa, secondo quali priorità sono scelte le questioni che sono poi formulate in leggi? O ancora, quale controllo ex ante di impatto sul sistema delle fonti normative avviene oggi ed in che modo?
Il rapporto tra normative nazionali e UE
Ovviamente quando si parla delle fonti normative va tenuto in conto che l’Italia si trova in un sistema di governance decisionale che vede al suo apice un soggetto sovranazionale, ovvero l’UE. Una sede sovranazionale che attraverso la propria attività “condiziona” la produzione normativa italiana, ovviamente negli spazi e nei limiti definiti con il tempo dai Trattati e dal processo di integrazione. Basti pensare alle fonti primarie normative quali i regolamenti o le direttive che in differente modo vengono assunte o trasposte dal sistema normativo degli stati membri. Normativa europea divenuta negli anni pervasiva, tanto che appunto si comprende quanto parte della questione Brexit non sarà di facile soluzione. Esiste un processo cosiddetto intergovernativo europeo, che mantiene al centro gli interessi degli Stati membri e che produce in ogni caso accordi non per votazione ma per consenso.
La partecipazione al processo democratico richiede tempo e dedizione, ma anche un solido studio in materie giuridiche che va dal processo di creazione delle norme medesime all'equilibrio del sistema delle fonti normative. Si tratta di materie spesso escluse dalla formazione delle lauree tecniche, quelle in special modo improntate al metodo scientifico per le quali “2+2 fa 4 e non 5”, dove il 5, ad esempio, è rappresentato oggi dalla soft law quale ibrido introdotto nel sistema di fonti italiano del diritto. Metafora che, per dare al discorso una nota colorita, è come dire ad ingegneri ed architetti che “un più ed un meno” nei calcoli statici di una struttura per resistere ai terremoti non fa assolutamente la differenza o peggio che il risultato del calcolo va interpretato.
La costruzione di un processo legislativo, visto sotto il profilo delle democrazie parlamentari come quella italiana, è figlio della partecipazione di più soggetti politici (pluralistico strutturante una liberal-democrazia) che convergono ad un risultato codificato in una legge che a detta di molti esperti oggi sta divenendo per quel che riguarda il drafting normativo sempre più oggetto di interpretazione giuridica e soprattutto, vittima di quel subdolo fenomeno denominato regulation pollution (inquinamento normativo), sempre più presente nelle democrazie occidentali specie quelle regolate dal sistema di civil law (diritto romano distinto dal diritto comune dei paesi anglosassoni).
E la soft law in un sistema di civil law come quello italiano ne è appunto l'esempio più infelice, vista la scelta tutta italiana nella trasposizione delle direttive europee, le quali comunque delineano “obiettivi” da raggiungere ma la cui implementazione (come arrivarci) spetta agli Stati membri.
Ed è inutile gridare che sia l'UE ad aver magari “imposto” la soft law se il criterio è stato invece impostato, secondo il volere prettamente “governativo” (parliamo di leggi delega al Governo) allo scopo di velocizzarne il processo. Ad oggi, al contrario, si è creato invece un clima di incertezza su cui la magistratura ovviamente è sovente chiamata a dirimere le questioni in via interpretativa. Questo, attenzione, ai danni di coloro a valle del processo decisionale, ovvero non soltanto degli enti pubblici e suoi funzionari, ma anche dei liberi professionisti, che inavvertitamente, fatto salvo caso di soggetti di grande fama e disponibilità finanziarie per pagarsi costosi legali, sono chiamati a rispondere in via giudiziale per reati anche di natura penale causati sempre a monte da una corruttela della peggior classe politica esentata, chissà perché, dalla normativa anti-corruzione applicata solo ai dipendenti pubblici.
Il ruolo dei professionisti
Per gli ingegneri e gli architetti dire che il 2+2 fa 5, dove il 5 appunto è l'oggetto dell'interpretazione dinanzi alla magistratura, può e sta già adesso divenendo un boomerang inaccettabile, se coloro che hanno formazione tecnico scientifica si fermano solo alla conoscenza delle leggi di settore tout court, ma non si affacciano al processo di formazione delle fonti normativa a monte prodotta dagli organi parlamentari comprendendone le dinamiche e - una volta approvata la legge, bella o brutta che sia - quale sia la gerarchia tra le fonti e la giurisprudenza in oggetto.
Rimanendo per convenienza alla normativa sugli appalti, in larga parte materia derivante dal diritto europeo, è importante concentrarsi su quello che viene definita la partecipazione degli organi parlamentari in fase ascendente (nella fase di formulazione delle proposte normative europee) ed in quella discendente (nella fase di trasposizione a valle di norme approvate dagli organi europei) delineata più di recente per tramite una legge fatta nel 2012 dal Governo Monti. Normativa che, legata al Trattato di Lisbona, ha richiesto un maggior attivismo degli organi parlamentari quanto meno nella fase a monte della formazione del diritto europeo, ovviamente tenendo poi distinto il ruolo del Governo nelle sedi intergovernative europee da quello invece dei Parlamenti a cui sarebbe da dedicare un articolo a sé stante. Un attivismo che non si è manifestato nei fatti.
Tutto questo in un sistema parlamentare maggioritario introdotto da una serie di leggi elettorali ritenute in parte ed in tutto incostituzionali, ed in qualche modo “veicolate” dalle prassi dei regolamenti parlamentari, elementi che negli ultimi anni hanno svuotato di potere decisionale il Parlamento potenziando la leadership di Governo. Leadership che in prima battuta si evidenzia dall'uso e piuttosto l'abuso del ricorso al decreto legge: strumento originariamente improntato alla straordinarietà ed all'urgenza e soprattutto alla stretta attinenza, divenuto sovente di natura omnibus (Vedi Salva Italia) e peggio convertito nelle Aule mediante ricorso alla fiducia palese ed a maxi emendamenti governativi composti da un solo articolo e quasi, in taluni casi, 1800 commi miranti ad azzerare emendamenti non già avversari ma semplicemente “avversi” a certe decisioni top-down.
Questo aspetto, unito alla generazione di parlamentari sempre meno preparati, unisce e si amplifica nella attuale debolezza delle visioni e programmi dei partiti. Sembra quanto mai necessario ripartire dal comprendere le reali esigenze dei cittadini su temi quali l'immigrazione, la disoccupazione ma anche e soprattutto la crescita ed il sistema di moneta unica.
In questo il ruolo dei professionisti afferenti ai campi scientifici sarà importantissimo perché il loro modo di pensare esula sovente da modelli ed ideologie precostituite. Tuttavia, va fortemente ripensata la loro formazione universitaria complementandola in discipline quali il diritto parlamentare, drafting normativo e sistema delle fonti; conoscenze dove per l'appunto il dilemma del “2+2 fa 5” venga non come follia da neuropsichiatria, ma come sintesi ed avvicinamento di posizioni differenti ma convergenti verso l’interesse generale. Perché, al di là della sua attuale crisi di scala europea, di idee, di valori, di coraggio, la politica rimane l'unico strumento per realizzare la civile convivenza delle società.
* Paola Amato, architetto, esperto in Lobby e processo decisionale in Italia ed Europa
** Pietro Elisei, Esperto internazionale in politiche urbane e pianificazione strategica
Photo credit: Camera dei deputati