Startup - MISE, piu' di 5mila in Italia

A tre anni dal dl Sviluppo 2.0, la relazione sullo stato di attuazione della normativa a sostegno di startup e PMI innovative

Federica Guidi - foto di Mise 

Superano quota 5mila le startup innovative iscritte nella sezione speciale del Registro delle Imprese. A tirare le somme, il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, illustrando al Parlamento la relazione sullo stato di attuazione della normativa a sostegno di startup e PMI innovative.

Sono passati esattamente tre anni dalla conversione in legge del decreto Sviluppo 2.0, il testo che ha fatto entrare sulla scena legislativa italiana il concetto di startup. Da allora, in Italia, per dirla con le parole del ministro, c'è stata “un'accelerazione spasmodica” in favore delle imprese innovative.

Startup: i numeri

Oltre 5mila, per la precisione 5.044, le startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese. E il trend, si legge nella relazione, è in continua crescita: 30 sono state fondate nel 2009, 173 nel 2010, 309 nel 2011, 513 nel 2012, 981 nel 2013, 1.537 nel 2014 e 1.501 nel 2015.

Ciò che più conta, le startup hanno un forte impatto occupazionale: analizzando il periodo compreso tra settembre 2014 e giugno 2015, il numero delle persone complessivamente coinvolte nelle startup innovative ha registrato un incremento del 64%, passando da poco più di 13mila unità a quasi 22mila unità (4.891 dipendenti, cui si sommano 16.861 soci rilevati al 30 giugno 2015).

Le 1.710 startup con dipendenti impiegavano a fine giugno 4.891 addetti (in aumento di 967 unità rispetto a fine marzo, +24,6%), mentre a fine settembre erano 18.677 i soci nelle 4.582 startup innovative con almeno un socio (in aumento di 1.816 unità rispetto a fine giugno, +10,8%).

Come dimostrano i report strutturali curati da Infocamere sulle startup innovative in Italia - di cui, il più recente, è quello del terzo trimestre 2015 - e come ribadito nella relazione del MISE, è Milano (con le sue 731 neo-imprese innovative) la provincia più a misura di startupper. Seguono Roma (425), Torino (262), Napoli (161) e Bologna (152), con una distribuzione territoriale omogenea tra le quattro macro-aree Nord-Ovest (30,4%), Nord-Est (25%), Centro (21,7%) e Sud (22,9%).

Il valore medio della produzione conferma la dimensione ridotta delle startup italiane, con circa 122mila euro per ciascuna impresa, a fronte di circa 3 milioni rilevati in media nel complesso delle società di capitali. La metà delle startup innovative produce meno di 27mila euro. Il valore cumulato della produzione per le 2.281 imprese di cui si dispone del dato è pari a circa 280 milioni di euro.

Dal punto di vista settoriale, la gran parte delle startup innovative (oltre l’80%) opera nel settore dei servizi alle famiglie e alle imprese. In particolare, le attività nettamente prevalenti sono quelle relative alla consulenza informatica e alla produzione di software (circa il 42% del totale startup). Seguono le attività di ricerca scientifica e sviluppo e le attività professionali e tecniche (28%). Solo il 18% delle startup innovative opera nei settori dell’industria manifatturiera e delle costruzioni; infine il commercio incide soltanto per il 4% del totale.

La forma giuridica prevalente è quella della società a responsabilità limitata: quasi l’80% delle startup innovative ha assunto questa forma; un ulteriore 16,7% ha scelto la forma giuridica della srl semplificata, compresa quella con socio unico e a capitale ridotto, il 2,1% ha optato per la società cooperativa e, infine, l’1,4% per la società per azioni.

Non solo startup: i numeri delle PMI innovative

La relazione fornisce anche le cifre relative alle PMI innovative, la categoria introdotta dal decreto-legge n. 3-2015, meglio noto come Investment Compact, ammessa alle agevolazioni previste per le startup dal decreto Sviluppo 2.0.

Al 31 agosto 2015, quindi a cinque mesi dalla conversione in legge dell’Investment Compact e a due mesi e mezzo dalla creazione del portale online dedicato, sono 31 le piccole e medie imprese iscritte nella sezione speciale del Registro delle Imprese. Si tratta di un gruppo ridotto concentrato in 12 Regioni, per oltre il 60% al Nord (19 imprese, di cui 6 in Lombardia e 6 in Friuli Venezia-Giulia) e per il resto equamente ripartito tra Centro (6 imprese) e Sud (delle 6 imprese localizzate in questa macro-area spiccano le 4 della Puglia).

11 imprese presentano un capitale sociale pari ad almeno 500mila euro, 4 impiegano almeno 50 addetti.

19 PMI innovative operano nei servizi (di cui 11 nella produzione di software, consulenza informatica, etc.) e 12 nell’industria (di cui 4 nella fabbricazione di macchinari e apparecchiature).

La forma giuridica più frequente è quella della società a responsabilità limitata (21 imprese), seguita dalla società per azioni (9). Si segnala la presenza di una società cooperativa.

Startup e PMI innovative: sfide future

La relazione indica tre sfide ancora aperte. In primis, l'internazionalizzazione: l’ecosistema italiano dell’imprenditoria innovativa va reso più attrattivo per i flussi internazionali di capitale umano e finanziario, e ne va migliorata la riconoscibilità a livello globale.

Si tratta poi di rafforzare il mercato degli investimenti in capitale di rischio. Nonostante gli incentivi fiscali all’investimento lascino intravedere segnali incoraggianti, ma anche l’intensificarsi dell’azione sul fronte del venture capital da parte del Fondo Italiano di Investimento e la normativa sull’equity crowdfunding, le cifre sugli investimenti in equity di nuove imprese innovative non sono ancora all’altezza di un grande Paese industrializzato.

Tanti talenti capaci di creare imprese innovative non trovano i capitali che permetterebbero una crescita dei loro business, e sono costretti a rivedere al ribasso le loro ambizioni. Occorre un forte impegno da parte di tutti, specie dal settore privato, che è chiamato ad avere una maggiore propensione al rischio e a dedicare una maggiore attenzione agli investimenti produttivi, in ricerca, sviluppo e innovazione.

Quindi, la terza sfida: moltiplicare e infittire i legami tra mondo della ricerca e impresa, e tra imprese tradizionali e aziende innovative. Grandi imprese che potrebbero innovare intere filiere attingendo dal bacino di innovazioni racchiuso nelle startup continuano a guardare queste ultime con indifferenza, se non con diffidenza. Occorre un cambio di paradigma, suggerisce la relazione, che sappia creare una dinamica sinergica tra imprese mature e startup di nuova generazione, favorendo anche processi di acquisizione.